lunedì 31 agosto 2009

I primi 100 giorni di Marchionne a capo di Fiat-Chrysler


Due operai intenti ad assemblare una vettura, un terzo sopraggiunge, corpulento e debordante in una canottiera consunta, estrae un fazzoletto dalla tasca, ci sputa sopra e va a pulire, si fa per dire, un montante della carrozzeria. Scenette come questa, che molti telespettatori italiani avranno visto tra le immagini di repertorio dei servizi televisivi dedicati all'alleanza Fiat-Chrysler, sono destinate a sparire. Negli stabilimenti della Casa americana sta per arrivare lo stile Fiat: niente sprechi, organizzazione rigida e probabilmente uniformi per tutti gli operai, come a Melfi e a Cassino. La riorganizzazione produttiva è una delle prime azioni a cui il nuovo management si sta dedicando. La Chrysler Group LLC, ragione sociale della Chrysler uscita dalla procedura di bancarotta controllata, è nata il 10 giugno. A quasi tre mesi di distanza che cosa è stato fatto? Come sta impiegando Sergio Marchionne i primi cento giorni alla guida della Chrysler? Viene tanto più da chiederselo quanto più il profilo comunicativo scelto dai vertici è basso: ridotte all'osso le dichiarazioni ai giornali, molta la discrezione. Pochi annunci, tanto lavoro. E buona parte di questo lavoro è per ora dedicato alla organizzazione interna.
La fotocopia di Mirafiori
Tanto per cominciare sono stati sfoltiti i livelli manageriali, da otto a cinque. La struttura organizzativa - più snella e, si presuppone, più veloce nelle decisioni - è la copia carbone di quella di Mirafiori, con ciascun marchio del gruppo - Chrysler, Dodge, Jeep e Mopar (parti di ricambio) - responsabile del proprio conto economico. Peter Fong guida Chrysler, Michael Mainley è a capo di Jeep, Michael Accavitti di Dodge e, infine, l'italiano Pietro Gorlier è il numero uno di Mopar. Un dato che è piaciuto agli americani: non c'è stata la temuta invasione degli italiani. Ai tempi dell'alleanza con Daimler il numero dei tedeschi in azienda, inclusi i "pendolari" che tornavano a Stoccarda nel weekend, era vicino alle duecento persone.
Lo stile Marchionne
Ma è il clima che è cambiato: lo stile Marchionne, diretto e concreto, ha impressionato favorevolmente i dipendenti sin dal discorso inaugurale del 10 giugno. "Nel business e nella vita non succede sempre che ti venga data una seconda possibilità", ha detto il manager italo-canadese, sottintendendo che questa la si deve cogliere. Il megaufficio al 15° piano della sede Chrysler a Auburn Hills è rimasto chiuso a chiave. Marchionne si è sistemato in un ufficio più modesto, ai piani bassi, vicino ai collaboratori diretti, questione di stile e pure di sostanza, così si velocizzano anche i processi decisionali. Mossa, ovviamente, apprezzata dai quadri.
La dura legge di Torino
Qualche preoccupazione in più serpeggia tra gli operai. "Lo spreco è immorale", ha detto Marchionne. E adesso i lavoratori temono che si razionalizzino anche i movimenti che devono compiere. O l'acqua che si consuma: "Possiamo tenere soltanto una bottiglia d'acqua alla nostra stazione di lavoro", ha dichiarato un operaio canadese al quotidiano "Detroit News". La disciplina che regola i ritardi non comunicati per tempo o le assenze ingiustificate dal lavoro è molto più rigida: dopo sette passi falsi, sei fuori. Ma ci sono aspetti positivi, che premiano la responsabilità individuale: gli operai sono stati riorganizzati in team di dieci persone (prima erano più ristretti), il numero di supervisori è stato ridotto e i team leader si sono guadagnati più responsabilità. Quanto alle divise, per ora la decisione è rinviata, anche per motivi di costi. "Le uniformi? Vedremo. Quel che conta adesso è la sostanza, l'organizzazione produttiva secondo i principi del World class manufacturing che è implementato in tutte le realtà produttive della Fiat, anche non automobilistiche, e che richiama da vicino il metodo Toyota", ha detto a "Quattroruote" Gualberto Ranieri, capo ufficio stampa del gruppo Chrysler.
Fix it again Tony? Dimenticato
In effetti a leggere i servizi dei quotidiani locali, che hanno il polso diretto della situazione attraverso i contatti con i lavoratori, sembra che la Chrysler sia stata comprata non dalla Fiat bensì proprio dalla Toyota. "L'obiettivo al momento è fare tutto meglio", scrive il "Detroit News", e aggiunge. "I margini d'errore tollerati si sono fatti più risicati e più alta è la precisione richiesta in ogni operazione. Le tolleranze nell'assemblaggio sono ridotte rispetto agli standard precedenti di Chrysler. E se un problema emerge durante la lavorazione, va risolto immediatamente, anche fermando la linea se necessario. Il vecchio sistema in Chrysler prevedeva di terminare l'assemblaggio e solo in un secondo tempo mettere da parte l'esemplare difettoso e aggiustarlo". Insomma, fa un certo effetto sentir parlare della Casa italiana in questi termini, specie in un Paese dove fino a una ventina d'anni fa l'acronimo Fiat veniva ironicamente svolto come Fix it again Tony (aggiustala di nuovo Tony). Ma da quando la Fiat lasciò gli Usa per problemi di qualità e di ruggine sulle carrozzerie è passata tanta acqua sotto i ponti.
Alfa Suv su Jeep
Il piano prodotti è, naturalmente, un altro capitolo su cui il management della nuova Chrysler è al lavoro. Ma è anche quello sul quale il riserbo è totale. Pochi i fatti finora confermati ufficialmente. Uno, la Chrysler PT Cruiser (di cui lo scorso anno sono state vendute circa 50 mila unità) sopravviverà: Marchionne ha cancellato la decisione di cessarne la produzione, che al contrario andrà avanti fino al 2011. Due, anche la Viper, supercar iconografica, è stata risparmiata dalla scure. Tre, il pick-up Dodge Ram a gasolio, atteso l'anno prossimo, sarà cassato. Per il resto si fanno speculazioni. Le più plausibili, che furono anticipate da "Quattroruote" nel numero di giugno, riguardano l'impiego del pianale C Evo, cioè un'evoluzione della meccanica della Fiat Bravo, per i modelli eredi della Dodge Caliber e della Jeep Compass, mentre la futura Grand Cherokee (con sospensioni a ruote indipendenti) fornirebbe la base per la famosa, sognata, inseguita e mai realizzata Sport utility Alfa Romeo, da commercializzare anche sul mercato Nordamericano. E in Nordamerica, oltre alla 500, che farà marchio a sé come la Mini, sbarcherà probabilmente anche la Panda, da vendere come la più piccola delle Jeep.
(Fonte: www.quattroruote.it - 27/8/2009)

venerdì 28 agosto 2009

Herald Tribune: Se vuole crescere, Fiat ha bisogno di una nuova strategia in Asia


Fiat deve trovare una strada migliore che porti al mercato asiatico dell'auto, che è in forte espansione, se vuole assicurarsi un posto nella prima fila dei produttori di auto mondiali. E' questa, scrive l'Herald Tribune, la convinzione degli analisti, secondo cui Fiat non può contare sulla sua recente acquisizione di una quota del 20% in Chrysler, né nella sua forza in Brasile, per compensare la contrazione o la stagnazione delle vendite nei mercati più sviluppati. Deve invece guardare ai Paesi in via di sviluppo. I competitor di Fiat, come GM e Volskwagen, sono già forti nelle vendite in Cina, oggi il maggiore mercato mondiale dell'auto. "Se vuoi crescere come produttore di auto, devi avere una strategia abbastanza credibile per i mercati emergenti", in particolare l'Asia, afferma un analista di Nomura. Lo scorso mese Fiat ha siglato un'intesa con Guangzhou Automobile Industry Group. Aveva inoltre stretto un accordo con Chery, il piu' grande produttore di auto cinese, ma questo e' stato messo in ghiacchio a marzo. "La Cina è un mercato chiave a livello mondiale e siamo molto soddisfatti dell'accordo siglato con Guangzhou" ha detto Richard Gadeselli, un portavoce di Fiat, sottolineando che "Guangzhou è un operatore molto credibile e di successo nel mercato cinese". Alcuni analisti guardano con favore a un'alleanza con Baic, che di recente ha espresso interesse per l'acquisizione di Opel. Baic produce circa un milione di veicoli all'anno, circa il 10% delle vendite di auto in Cina. Una partnership con Fiat porterebbe benefici ad entrambi. Un portavoce di Baic tuttavia, smentisce che ci siano contatti in vista di una possibile alleanza con Fiat. Un analista di CSM Worldwide spiega che "è più realistico per Fiat focalizzare la propria attenzione nella joint venture con Guangzhou e assicurarsi che decolli veramente, piuttosto che cercare altri legami. Ha senso per Fiat esplorare nuove alleanze nel più lungo termine". Di fatto, però, è improbabile che Fiat veda un impatto positivo dalla sua joint-venture con Guangzhou se non dopo il 2012, spiegano gli analisti, quando può ragionevolmente attendersi di controllare circa l'1% del mercato cinese.
(Fonte: http://global.nytimes.com/?iht - 26/8/2009)

giovedì 27 agosto 2009

Chrysler conclude prematuramente la partnership con Nissan


Chrysler Group e Nissan Motor interromperanno la loro collaborazione nello sviluppo di automobili. La decisione è stata presa dopo che entrambe le case automobilistiche hanno studiato i rispettivi progetti che stavano portando avanti alla luce dei mutamenti dell'industria dell'auto. Nel 2008 Chrysler puntava molto su joint venture con altri big mondiali del settore per velocizzare lo sviluppo di nuovi prodotti che potessero fare ingresso in nuovi mercati, espandendo così la presenza del marchio nel mondo. Dubbi sul futuro della joint venture con Nissan erano sorti subito nel momento dell'avvio della procedura fallimentare e dell'accordo siglato con Fiat. Chrysler aveva annunciato ad aprile 2008 che Nissan avrebbe realizzato una small car a basso consumo che la casa americana avrebbe commercializzato in Nord America ed Europa con il marchio Dodge Hornet. A sua volta, Chrysler avrebbe sviluppato per Nissan un pickup, su design della casa giapponese, nel suo impianto messicano di Saltillo. Inoltre, Nissan aveva siglato un'intesa per la fornitura a Chrysler di una nuova vettura basata sulla sedan Nissan Versa per la distribuzione limitata al Sud America nel 2009.
(Fonte: www.borsaitaliana.it - 27/8/2009)

mercoledì 26 agosto 2009

Fiat e Chrysler portano Daimler in tribunale


Quando si incontrano ai Saloni, Sergio Marchionne e Dieter Zetsche possono anche scambiarsi larghi sorrisi e pacche sulle spalle, ma - come si dice - business is business, e così la neonata Chrysler sotto le bandiere della Fiat ha fatto causa alla Daimler presso la Corte fallimentare di New York che seguì la procedura di bancarotta controllata. Motivo: il presunto mancato rispetto da parte dell'ex padrona della Casa americana dell'impegno a fornire un certo quantitativo di componenti, nella fattispecie parti del sistema sterzante e convertitori di coppia, che Chrysler impiega per la produzione di Jeep Grand Cherokee, Dodge Charger e Chrysler 300. Quando l'alleanza tra Chrysler e Daimler si è sciolta, quest'ultima ha assicurato, com'è logico, la fornitura dei componenti condivisi adottati dai modelli che erano stati sviluppati sotto l'ombrello dell'alleanza. L'accordo fu rinnovato in aprile e confermato dal tribunale fallimentare al momento di dare il disco verde alla nascita della nuova Chrysler lo scorso giugno. Daimler da parte sua sostiene che le rivendicazioni di Chrysler siano prive di fondamento: "Ci difenderemo energicamente", ha annunciato la portavoce Julia Engelhardt. All'origine della disputa ci sarebbe una vecchia ruggine: la pretesa di Daimler di essere risarcita per 55 milioni di euro per il calo della richiesta di motori diesel da parte di Chrysler. La Casa americana, a causa della riduzione dei suoi volumi produttivi, avrebbe acquistato dalla Germania meno propulsori a gasolio di quanti erano stabiliti contrattualmente. I ritardi nella fornitura delle componenti per lo sterzo e per la trasmissione sarebbero una sorta di ricatto per spingere Chrysler a pagare. Ma secondo quest'ultima la questione dei motori diesel era stata risolta da un accordo extragiudiziale tra le due Case siglato il 17 aprile. Da qui, la decisione di ricorrere ai giudici.
(Fonte: www.quattroruote.it - 26/8/2009)

martedì 25 agosto 2009

Detroit News: a breve il piano di Marchionne su Chrysler


Da un "modesto ufficio" nel centro tecnico Sergio Marchionne guida Chrysler nel reinventarsi. E lo fa importando a Detroit la "stessa agenda" utilizzata per il rilancio di Fiat nel 2004. Un'agenda che fra poco produrrà i primi frutti: dopo novanta giorni di silenzio, Chrysler si appresta a divenire più "aperta e trasparente" e, soprattutto, ad alzare il velo - come riporta il Detroit News - sulle sue strategie di lungo termine. Nessuna data ufficiale è stata ancora fissata ma alcuni dipendenti lavorano sodo per rispettare la scadenza del 1º settembre per il piano prodotti. Lo stile dell'amministratore delegato, che si divide fra Torino e Detroit, piace a chi gli lavora a fianco. I cambiamenti introdotti con la nuova gestione Fiat hanno "scioccato" anche gli addetti di fascia più bassa. Rientrando negli stabilimenti pochi giorni dopo l'uscita dalla bancarotta di Chrysler, i dipendenti si sono trovati di fronte una realtà diversa fatta di pareti tinteggiate a nuovo con una scritta di bentornati al lavoro: "World Class Manufacturing. Welcome back Chrysler Group Employees". Un messaggio breve ma in grado di far immediatamente capire l'obiettivo del nuovo team di management italiano: mettere a punto una strada nuova, più flessibile ed efficiente di produrre auto e mezzi pesanti e reinventare la Chrysler così da renderla competitiva e redditizia. Il "World Class manufacturing" è infatti il processo di produzione messo a punto della Fiat, che ora ha il controllo di Chrysler, per migliorare la qualità e l'efficienza. Si inserisce in questo quadro la lotta agli sprechi. "Lo spreco non ha posto in una società guidata da Marchionne" osserva il Detroit News, ricordando come nel 2007 proprio Marchionne a Torino aveva definito gli "sprechi non etici". In questa lotta il nuovo management ha riorganizzato i gruppi di lavoro, portandoli a 10 unità dalle cinque precedenti, e addestrando i dipendenti a svolgere tutti i lavori non solo uno come nella vecchia tradizione. Il sistema produttivo di Fiat ha 20 pilastri di eccellenza che ogni impianto dovrebbe centrare: per stimolare i dipendenti Fiat favorisce la competizione fra singoli impianti. Attualmente in Nord America sono i lavoratori messicani a essere in vantaggio, grazie anche all'idea che dovrebbero produrre quattro modelli della Fiat 500. Seguono i canadesi e poi gli americani. Marchionne dirige le operazioni da un "modesto ufficio" presso il centro tecnico, nulla a che vedere - mette in evidenza il Detroit News - quindi con "l'attico a cui si appoggiavano diversi dei precedenti manager". E il suo stile piace anche ai colletti bianchi che lo circondano, nella sua squadra composta da 23 manager. Appaiono "soddisfatti del nuovo corso e della maggiore velocità decisionale del gruppo", aggiunge il giornale. Sotto la direzione di Marchionne i dipendenti di Chrysler sono al lavoro per rilanciare ogni aspetto della società, dalla struttura organizzativa al processo di produzione, passando per la nuova linea prodotti. Secondo Detroit News, Chrysler produrrà quattro versioni della Fiat 500 in Messico.
(Fonte: www.detnews.com - 24/8/2009)

lunedì 24 agosto 2009

WSJ: Jim Press lascerà Chrysler entro Natale


Chi ha dimestichezza con le politiche dell'industria dell'auto era pronto a scommettere che il ruolo di vice-amministratore delegato concesso a Jim Press, già direttore esecutivo della "vecchia" Chrysler, fosse più un gesto di cortesia che una mossa strategica, imposto da un codice non scritto di fair play che sconsiglia di umiliare la "squadra" perdente. Ma tutti sapevano che non sarebbe durato. Venerdì il "Wall Street Journal" ha lanciato l'indiscrezione che l'ex ragazzo prodigio della Toyota lascerà la Chrysler entro Natale. Jim Press, oggi sessantaduenne, fu reclutato dalla Chrysler nel 2007, dopo che Daimler vendette la sua consociata americana al fondo di investimenti Cerberus. Press era presidente di Toyota America, primo non giapponese ad assurgere a tale carica. Nella filiale americana della Toyota Press spese 37 anni della sua carriera, costruendosi una fama quasi leggendaria. La Chrysler era per lui una sfida affascinante: mettere alla prova il suo talento con la più traballante delle tre grandi Case di Detroit. Non ce l'ha fatta. Ora si potrebbe dire che era facile giocare con la maglia della Toyota oppure che la Chrysler era in condizioni tali da mettere in crisi anche un manager di qualità. In ogni caso, oggi si volta pagina. La Chrysler di Marchionne è un altro capitolo, il management è già stato completamente rivoluzionato. Fiat e Chrysler non commentano l'indiscrezione del "Wall Street Journal", ma Jim Press appartiene chiaramente a un'altra fase. Magari non sarà a Natale, ma che presto o tardi lasci il Gruppo sembra iscriversi nella logica degli eventi. Nel frattempo a Torino e a Auburn Hills, quartier generale della Chrysler, continua il lavoro per mettere a punto la gamma prodotto per i prossimi anni. La prima auto compatta su base Grande Punto o Bravo, da produrre negli U.S.A., con marchio americano, dovrebbe vedere la luce nell'arco di 24 mesi. Intanto, si fa più probabile l'ipotesi di portare la Panda sul mercato Nordamericano, opportunamente modificata, da commercializzare con il marchio Jeep.
(Fonte: http://online.wsj.com - 22/8/2009)

venerdì 21 agosto 2009

Zastava: nessuna fusione con Fiat Serbia


Il Presidente del Consiglio di Amministrazione del Gruppo Zastava, Aleksandar Ljubic, assicura che non vi sarà alcuna aggregazione tra Zastava e Fiat Serbia. "Il gruppo automobilistico Zastava rileverà una serie di aziende satelliti non più necessarie, ma non vi sono progetti riguardanti Fiat", ha detto Ljubic, smentendo ogni speculazione sulla possibile fusione tra Zastava e Fiat come richiesto dai sindacati di Zastava. Ljubic ha precisato che non sussistono più motivi validi perchè le società satelliti del Gruppo Zastava continuino ad esistere. "La fusione è una questione tecnica - ha sottolineato - e si realizzerà per esigenze di razionalizzazione e di miglioramento gestionale del Gruppo". Ljubic ha sottolineato che le società principali - Zastava Camion, Zastava Automobili, Zastava Sombor - non saranno interessate dalla fusione ed ha specificato che solo le piccole imprese, assieme a quelle non più necessarie, diventeranno parte del Gruppo Zastava. Tra gli esempi citati da Ljubic ci sono società come Zastava Agem, costituita per produrre alcuni modelli Opel, che sarà dunque incorporata. Ljubic, infine, ha reso noto che il programma di riorganizzazione societaria del Gruppo Zastava è pronto e dovrebbe essere attuato entro la prima settimana di settembre.
(Fonte: www.rinascitabalcanica.com - 20/8/2009)

giovedì 20 agosto 2009

Fiat trasloca l'alta gamma da Mirafiori a Grugliasco


Fiat si è comprata l'ex stabilimento Bertone. E adesso? Per il Lingotto è il momento di delineare nel dettaglio le proprie strategie, capire che fare di tanta capacità produttiva. Dal piano industriale che i vertici hanno presentato ai tre commissari straordinari che gestivano la carrozzeria emerge un quadro di massima: due modelli, rigorosamente di alta gamma, che potrebbero diventare il primo mattone di un futuro polo dell'auto di lusso, con baricentro tutto torinese. In pratica Fiat intende sostituire quel ramo, diventato ormai secco, che fino a pochi mesi fa era costituito dalla linea che a Mirafiori sfornava le due ammiraglie del gruppo, la Lancia Thesis e l' Alfa Romeo 166. Due modelli ormai desueti, come dimostrano le quantità prodotte nei primi mesi del 2009: 15 a gennaio, 35 a febbraio e altrettante a marzo, nessuna ad aprile. In media, dai cancelli di corso Tazzoli ne sono uscite meno di una al giorno. Insomma, il segmento di alta gamma va rilanciato ed è evidente che Bertone, che fino a pochi anni fa creava auto da sogno, è l'azienda geneticamente più adatta a un'operazione di questo tipo. Ha una forza lavoro qualificata, che necessita soltanto di essere aggiornata. E soprattutto è lì, a meno di tre chilometri da Mirafiori e quindi nel bel mezzo dell'indotto torinese, e oltretutto garantisce un ciclo produttivo completo. Un'auto sportiva e una nuova ammiraglia, tanto per cominciare. Tenendo qualcosa di più di una porta aperta verso le produzioni Chrysler, anche perché il matrimonio con la casa del Michigan ha portato in dote i marchi Dodge e Jeep. Sarebbe il primo passo per creare un polo dell'auto di lusso, con baricentro a Torino. Una galassia che domani potrebbe espandersi con il trasferimento della produzione Maserati, che oggi è a Modena. Non soltanto un'ipotesi per il Lingotto, tant'è che il presidente dell'Emilia Romagna Vasco Errani è già salito sugli scudi per difendere lo stabilimento modenese. E a quel punto, una volta nato almeno in forma embrionale il polo, si potrebbe discutere dell'opportunità di utilizzare la forza produttiva lasciata libera da Pininfarina. Tutto dipenderà da come si risolverà la crisi aziendale che sta attanagliando l'altra storica carrozzeria torinese, che ha 1.400 dipendenti distribuiti in tre stabilimenti, cioè Grugliasco, Bairo e San Giorgio Canavese. Se riuscirà a compiere il tortuoso cammino previsto dal piano di rilancio industriale, Pininfarina inizierà a produrre in serie le auto elettriche alimentate da Bolloré nel 2011, ma impiegherebbe soltanto una parte (c'è chi dice meno della metà) della manodopera che ora possiede. Se invece dovesse scegliere di seguire le orme della Italdesign di Giorgetto Giugiaro, e cioè di abbandonare la produzione per dedicarsi esclusivamente al design, la forza lavoro che si libererebbe sarebbe ancora maggiore. Se così fosse, il Lingotto potrebbe guardare con interesse alla sede di Grugliasco: guarda caso dista tre chilometri dalla Bertone e altrettanti da Mirafiori.
(Fonte: www.repubblica.it - 8/8/2009)

mercoledì 19 agosto 2009

Detroit in piena "Fiat-mania": le hanno anche intitolato una strada


Fiat Drive, Royal Oak, Detroit. Sembra l'indirizzo di un gioco di società invece è la strada che è stata inaugurata martedì sera nel pieno centro di un sobborgo di Detroit dove il matrimonio Fiat Chrysler è cosa fatta e tanto attesa. Cartina alla mano, quello che fino a ieri era l'angolo tra La Fayette Avenue e Fourth Street oggi è l’incrocio di Fiat Drive. Va' pensiero, sull’ali dorate. I tempi di «Lost your job? Sleep in your foreign car», adesivo che l’anno scorso tappezzava i vetri posteriori delle auto americane, sono finiti. Ora la Cinquecento è la moda, tutti ne parlano, tutti la cercano e «tutti la vogliono» racconta Domenica Pierette Simpson, piemontese emigrata per miracolo in America a bordo dell'Andrea Doria, la nave che naufragò nel 1956. «Nel passato questa era la Terra Promessa - racconta eccitata a fianco dell’auto esposta come un gioiello all’angolo della strada - ora è l’opposto: l’Italia ha salvato la nostra economia, per questo dobbiamo accoglierla nel migliore dei modi». Detto fatto. Eliminato lo spauracchio della chiusura del consolato italiano a Detroit, il sobborgo del Michigan si sta preparando per far sentire a casa le quattrocento famiglie italiane che andranno a vivere Oltreoceano. Con tanto di festa in pompa magna: «C’era un tenore che cantava il Nabucco e un megaschermo che proiettava immagini del Belpaese» racconta Pierette. Nel frattempo, tra panini, chiacchiere, gelati e pop corn il sindaco Donald E. Johnson invitava tutti i presenti a «comprare la Cinquecento, che aiuta anche le nostre tasche». Inutile specificare che sono finiti anche i tempi di «Fix it again Tony» (aggiustala di nuovo Tony) acronimo inventato dagli americani per descrivere la Fiat. «Qualcuno ha paura di non riuscire a entrarci - scherza Giorgio Donini, general manager di Fata Aluminium, casa fornitrice di Chrysler -, ma sono sicuro che nelle grandi città funzionerà: il prestigio della Ferrari ha tranquillizzato molti americani. Qui business is business, la gente fa i conti a fine mese e i consumi della Cinquecento sono un sogno per molti». Tra la folla si aggirava anche Richard Haskin, americano figlio di un operaio della Ford, cresciuto nel villaggio della Ford e impiegato della Ford per una vita intera. Da un paio di anni è in pensione e collabora con la Dante Alighieri, associazione italoamericana che promuove «la vostra cultura nel mio paese». E l’aria di Nabucco torna a farsi sentire. «Non credo - dice Haskin - che l’accordo sarebbe stato così felice se la Fiat fosse stata una casa cinese o giapponese. Qui tutti dicono meno male. Stiamo riscoprendo l’Italia autentica: basta spaghetti con polpette, ci sentiamo stupidi. Quando l’onda s’inverte può cancellare anni interi di pregiudizi. Questa è l’America». E allora, Va’ pensiero, sull’ali dorate.
(Fonte: www.lastampa.it - 17/8/2009)

martedì 18 agosto 2009

FT: La produzione in Messico di modelli Fiat-Chrysler importante test per UAW


La decisione di Fiat di portare verso il Messico la produzione di Chrysler può costituire "un importante test su come la proprietà sindacale possa condizionare la strategia della casa automobilistica". Lo scrive il Financial Times, ricordando che il sindacato UAW e il Tesoro U.S.A., azionisti rispettivamente con il 55% e l'8% di Chrysler, potrebbero opporsi ai piani di Fiat di produrre la Fiat 500 in Messico piuttosto che in più costosi impianti negli U.S.A. . I contribuenti, pensando che Fiat stia sputando sul piatto in cui mangia, dovrebbero considerare quanto rischioso sia questo investimento. In qualità di azionista di minoranza e di primo creditore, il Tesoro dovrebbe sapere che le probabilità di Chrysler di ripagarlo sono maggiori se può scegliere gli impianti su basi puramente economiche. Fiat non ha sborsato un dollaro per la sua quota del 20%, ma è stata scelta per gestire Chrysler con competenza. Con i salari in Messico che sono circa un ottavo di quelli dei lavoratori rappresentati dalla UAW e con una maggiore prospettiva di vendite in Messico e negli altri mercati dell'America Latina come il Brasile, la decisione di produrre la 500 in Messico è sensata. Se poi vuole incrementare la sua partecipazione al 35% di Chrysler, Fiat deve offrire ai clienti americani un veicolo che percorra 40 miglia con un gallone di benzina, produrre motori ad alta efficienza negli U.S.A., ed esportare vetture Chrysler attraverso il suo network globale. I primi due impegni sono coerenti con la strategia di produrre la 500 in Messico, con alcuni motori e altre small car più appetibili per i clienti americani realizzate negli U.S.A. . Vendere poi Jeep e minivan in Europa e America Latina rispetterebbe l'impegno finale. La UAW, che fece pressioni su GM perché costruisse le small car negli U.S.A. anziché in Cina, rimane vistosamente in silenzio sui piani di Chrysler. Come azionista di maggioranza, si trova ad affrontare un grave conflitto di interessi.
(Fonte: www.ft.com - 17/8/2009)

lunedì 17 agosto 2009

WSJ: Fiat sbarca in Cina e produce la 500 in Messico


Fiat sbarca nel mercato cinese e avvia con la Chrysler la produzione della 500 a Toluca, in Messico. Le notizie sono riportate dall'edizione odierna del Wall Street Journal. Secondo il quotidiano finanziario la Fiat dopo due tentativi falliti è finalmente riuscita a costituire una joint venture per operare in Cina, uno dei pochi mercati in grande espansione anche in questo momento di profonda crisi economica. Il gruppo automobilistico italiano ha concluso un contratto da 400 milioni di euro con la Guangzhou Automobile Group Co. L'obiettivo è quello di produrre, a partire dal 2011, 140.000 automobili e 200.000 motori. Il mese scorso le vendite di auto in Cina sono cresciute del 60 per cento su base annua, e le prospettive sono più che mai rosee, dal momento che la Cina, secondo numerosi esperti, potrebbe diventare la prima economia mondiale nei prossimi decenni. La Fiat aveva provato in precedenza a stringere un accordo con la Nanjing Automobile Corp. e la Chery Automobile Co., ma i tentativi non avevano prodotto alcun risultato. Mentre la decisione di produrre in Messico la 500 rappresenta il primo passo importante per testare l'accordo con il gruppo Chrysler. La scelta di Toluca dipende anche dal fatto che la Fiat potrebbe facilmente vendere le proprie auto anche nell'America Latina, dove il brand italiano è particolarmente affermato e Chrysler è una azienda conosciuta fra la popolazione. Chrysler dal canto suo non crede di poter ottenere maggiori profitti nel fabbricare la 500 negli Stati Uniti. Nè la decisione di produrre all'estero potrebbe essere ostacolato dal governo statunitense, che ha fortemente appoggiato l'accordo con la Fiat: la task force del comparto auto della presidenza Obama ha promesso infatti di non intervenire nelle operazioni commerciali di Chrysler e Gm. Ron Bloom, alla guida della task force, ha sottolineato, secondo quanto riporta il Wall Street Journal, che non è nelle intenzioni del governo entrare nei dettagli della gestione di ogni compagnia: "Se la decisione riguarda un nuovo piano o una nuova macchina, sarà la nuova Chrysler, e non il governo degli Stati Uniti, a prenderla". Ma ostacoli potrebbero arrivare dal sindacato statunitense. Una fonte ufficiale del sindacati auto (Uaw), che preferisce rimanere anonima, ha dichiarato che il sindacato non è stato informato del nuovo piano di fabbricazione della 500.
(Fonte: http://online.wsj.com - 17/8/2009)

venerdì 14 agosto 2009

Business Week: Il rilancio di Chrysler passa dalla gestione Marchionne-style


"In questo campo, la mediocrità ci ucciderà. Non possiamo accettarla". Lo ha affermato l'amministratore delegato di Fiat e di Chrysler, Sergio Marchionne, nel suo primo incontro con i dipendenti della casa statunitense, a giugno scorso, evitando subito ogni forma di retorica e puntando su metodi non convenzionali. In un articolo sul Business Week si ricorda che per Chrysler si tratta del terzo cambio di proprietà in 11 anni: prima i tedeschi di Daimler, poi il private equity con Cerberus Capital Management, infine gli italiani di Fiat. "Solo due persone sono riuscite di recente a rilanciare società automobilistiche: Carlos Ghosn di Nissan e Sergio Marchionne" afferma Ron Bloon, che dirige la Task force dell'Auto per il Dipartimento del Tesoro statunitense. "Ha la capacità di prendere decisioni con grande rapidità. Ed è un convinto sostenitore della meritocrazia". La gestione Marchionne-style passa per un rilancio dell'azienda dal suo interno. "Lui pensa che ci siano ottime risorse umane dentro Chrysler - spiega Setan Avera, numero uno di Alix Partners, che ha lavorato con Marchionne - e vuole conservare la cultura americana". Il manager italiano ha avviato consultazioni con i lavoratori di fascia inferiore per chiedere valutazioni sui dirigenti. E' in cerca di talenti, come Peter L. Long, che era responsabile delle vendite degli Stati del mid-Atlantic ed ora è presidente e Ceo del brand Chrysler. Ha spostato gli uffici della presidenza al piano terra, dove designer e ingegneri creano le nuove auto. Per rafforzare i marchi del gruppo americano, Marchionne ha deciso che essi debbano competere l'uno con l'altro per le risorse per marketing e sviluppo. Ha deciso di far diventare Dodge, Jeep e Chrysler delle aziende separate, ciascuna con il proprio amministratore delegato, ciascuno dei quali ha responsabilità anche presso la casa madre. Business Week sottolinea che il piano di Marchionne di combinare il meglio di Fiat (le auto di piccole dimensioni) con il meglio di Chrysler (pick-up, minivan, Suv) ha senso in teoria. Come Marchionne stesso ha detto ai suoi a giugno: "ci è stata data questa incredibile seconda possibilità di ripensare tutto quello che stiamo facendo. Non ce ne sarà una terza".
(Fonte: www.businessweek.com - 12/8/2009)

giovedì 13 agosto 2009

Opel-Vauxhall ceduta a Magna. Raggiunto l'accordo con GM


Il nuovo "matrimonio" nel mercato mondiale dell'auto è diventato ufficiale: dopo le indiscrezioni apparse sui quotidiani tedeschi, Magna ha confermato che c'è l'intesa con l'americana GM per l'acquisizione di Opel. A dirlo è stato il co-amministratore delegato del gruppo austro-canadese, Siegfried Wolf, all'agenzia di stampa britannica Reuters. "E' stato raggiunto un accordo tra il management di Magna, Sberbank e GM per la cessione di Opel", ha dichiarato. Anche Fiat aveva aspirato a Opel, ma dopo una prima fase di trattative la scelta era caduta su Magna, acquirente considerato più affidabile soprattutto dal governo della cancelliera Angela Merkel, dai sindacati e dai governi di tutti e quattro gli Stati tedeschi dove sono presenti le fabbriche Opel. In particolare, il governo centrale si è impegnato per 1,5 miliardi di euro per tenere aperti gli stabilimenti, durante la fase dei negoziati. Così il Lingotto si era defilato dalla corsa, che era diventata a tre: oltre a Magna, avevano presentato offerte formali la holding belga RHJ internazionale e i cinesi di Baic. Ma poi anche Baic si è ritirata. E oggi è giunto l'annuncio del "vincitore". "Tutte le questioni in sospeso sono state risolte", hanno spiegato fonti Magna. La cessione include anche il marchio britannico Vauxhall. L'accordo è stato confermato dal capo del consiglio di fabbrica di Opel, Klaus Franz, mentre nessuna dichiarazione è stata rilasciata dal governo tedesco. "E' la migliore soluzione per l'azienda e per i suoi dipendenti", hanno commentato invece le autorità della Renania-Palatinato, il land dove ha sede l'impianto di Kaiserslautern dove vengono fabbricati i motori della compagnia. Ora l'intesa dovrà essere siglata dai board di General Motors, la controllante della casa tedesca, e di Magna, per poi ricevere il via libera dal trust che attualmente controlla il 65% di Opel. In teoria il fondo di private equity belga RHJ, l'altra società rimasta in lizza per acquisire la compagnia teutonica dopo il forfait di Fiat e della cinese Baic, non è ancora fuori dai giochi, anche perché aveva anch'esso siglato uno schema di intesa con General Motors. Ma appare davvero difficile che gli austro-canadesi non la spuntino.
(Fonte: www.repubblica.it - 13/8/2009)

mercoledì 12 agosto 2009

GM non vuole riaprire la vendita di Opel. Fiat esclude rilanci


General Motors non ha intenzione di riaprire il processo di vendita di Opel e resta focalizzata a chiudere un accordo con uno dei due offerenti, Magna e il fondo di investimento RHJ, il prima possibile. Lo ha rivelato, in un'intervista a Reuters Television, l'amministratore delegato di GM, Fritz Henderson. Il chief financial officer del closso di detroit, Ray Young, ha poi precisato che la società intende chiudere la partita il prima possibile, anche se i miglioramenti conseguiti nella posizione finanziaria hanno rimosso il rischio di un'imminente bancarotta di Opel. "Penso che tutti siano ansiosi di chiudere", ha spiegato Young. Ieri il vice presidente di Fiat, John Elkann, ha detto "Noi rimaniamo dove eravamo rimasti" a proposito della prospettiva di una riapertura della corsa per Opel. Dunque ha escluso rilanci nella gara per l'acquisto della casa tedesca, nello stesso giorno in cui il cancelliere tedesco, Angela Merkel, ha voluto dare un segnale forte dicendo di preferire nettamente l'offerta di Magna e si è detta disponibile a intervenire direttamente nella trattativa, se necessario. General Motors sarebbe invece più favorevole alla proposta di RHJ International. "Consideriamo remota l'ipotesi di una riapertura delle trattative con Fiat e non la includiamo nelle nostre stime", sostiene un analista. Chi in realtà sembra intenzionato a rilanciare è RHJ International: vuole aumentare la sua offerta per Opel, in modo da chiedere solamente 3 miliardi di Euro in aiuti al Governo tedesco. E' quanto ha riportato il quotidiano Handelsblatt, secondo cui la proposta precedente prevedeva invece 3,8 miliardi di Euro di aiuti da Berlino.
(Fonte: www.milanofinanza.it - 22/8/2009)

martedì 11 agosto 2009

Die Welt su Opel: "Se falliscono le trattative con Magna e RHJ, Fiat è pronta a rientrare in gioco"


Sembrano riaprirsi i giochi per la Opel. O meglio, a Berlino c’è interesse che la matassa della casa automobilistica che fa parte della galassia General Motors resti ingarbugliata almeno per tutta l’estate, fino alle elezioni politiche. Quello che secondo le agenzie di stampa sarebbe dovuto essere l’ennesimo fine settimana decisivo per il futuro della Opel, si sta rivelando una nuova puntata della interminabile «soap opera brasiliana nell’anno delle elezioni», come l’ha definita tempo fa Sergio Marchionne, al centro della quale i media tedeschi hanno rimesso la Fiat. Citando ambienti vicini al Lingotto, il sito della Die Welt ha rilanciato l’interesse torinese per la Opel: «Se le trattative con Magna e il fondo RHJ dovessero fallire, il gioco è ancora aperto». Che la prospettiva di finire nel carniere dell’austriaca Magna (e soprattutto dei soci russi) cominci a non piacere più a Berlino e dintorni è un dato di fatto. Tra l’altro, la stessa Magna ha appena archiviato un secondo trimestre con perdite per oltre 200 milioni. L’altro concorrente, il portage RHJ, ha invece migliorato la sua offerta riducendo di 200 milioni, a 3,6 miliardi, le garanzie pubbliche richieste. E la Fiat? Secondo Die Welt sarebbe pronta a rientrare in gioco con una nuova offerta. Mettiamo, a questo punto, che l’amministratore delegato Marchionne sia convocato a Berlino per la ripresa delle trattative. Un’azione del genere, secondo noi, non dovrebbe passare inosservata. Come giustificherebbero, infatti, governo tedesco, governatori dei Länder, il leader del sindacato IG Metall all’interno della Opel, Klaus Franz, un passo indietro del genere? Non dimentichiamo, in proposito, le pesanti critiche mosse nei confronti della Fiat («è un colosso fortemente indebitato», si leggeva sul settimanale Die Zeit) e dello stesso Marchionne («un truffatore di matrimoni», per il Financial Times Deutschland, che «si trova davanti a un muro di sospetti e rifiuti», puntualizzava sempre Die Zeit). Tanta retorica e altrettanti pregiudizi («Marchionne non credibile perché italiano?», un altro titolo a effetto che ha animato il dibattito in quei giorni molto caldi). E con quali argomenti il governatore dell’Assia, Roland Koch, nemico numero uno di Marchionne, si siederebbe nuovamente al tavolo con la delegazione italiana dopo aver ripetuto alla noia che «il piano Fiat per Opel ha deluso, e l’offerta italiana è molto lontana da quella sperata»?. Dalla Renania-Palatinato, invece, Kurt Beck aveva aumentato di 2mila unità (da 10mila a 12mila) gli esuberi previsti da Torino, sottolineando anche che i tagli avrebbero impattato duramente sui lavoratori tedeschi (il piano Fiat sosteneva invece che i tagli avrebbero riguardato tutta l’Europa). E Franz, capo delle tute blu della Opel, sarebbe pronto a rimangiarsi l’affermazione secondo cui Marchionne «vuole creare una casa automobilistica globale con i soldi dei contribuenti tedeschi»? A questo punto, nel caso la Fiat tornasse realmente a interessarsi della casa tedesca (Marchionne, in occasione dell’ultima trimestrale, aveva comunque definito chiusa la pratica) si assisterà sicuramente a non poche acrobazie. C’è da chiedersi, infine, che cosa sarebbe successo se una telenovela del genere avesse avuto come protagonista il nostro Paese. Sicuramente saremmo diventati gli zimbelli e le prese in giro sulla stampa internazionale non si sarebbero contate. E i veri diretti interessati all’operazione, cioè i «padroni» della Opel? Alla GM l’opzione Fiat non è mai piaciuta perché, al contrario di RHJ che nel giro di qualche anno rivenderebbe a Detroit la Opel, li priverebbe del tutto di una presenza europea. «La gestione della crisi Opel è un mistero sempre più grande», ha commentato recentemente Berthold Huber, presidente del sindacato dei metalmeccanici tedeschi Ig-Metall. Un mistero buffo, aggiungiamo noi.
(Fonte: www.welt.de - 7/8/2009)

lunedì 10 agosto 2009

Bertone passa a Fiat. La famosa carrozzeria è salva


E' ufficiale: la Bertone passa alla Fiat. E' stata infatti appena autorizzata dal ministero dello Sviluppo Economico la cessione della famosa carrozzeria al gruppo torinese. Il via libera arriva grazie a un piano industriale valutato positivamente dai Commissari stessi e approvato dal Comitato di Sorveglianza, che rappresenta anche gli interessi dei creditori. Da quello che si sa, l'offerta Fiat prevede un importo economico molto superiore a quello delle altre offerte e una prospettiva industriale a lungo termine. "La cessione a Fiat - ha dichiarato il Ministro Claudio Scajola - consente di garantire il futuro di uno stabilimento storico dell'industria piemontese. Il piano prevede, infatti, il riassorbimento di tutti i 1.137 dipendenti, che verranno gradualmente reinseriti nelle loro mansioni, e l'integrazione con la Chrysler per la produzione in Italia di alcuni modelli della Casa americana. Fiat ha inoltre precisato che le risorse che saranno investite nel rilancio della Bertone, pari a circa 150 milioni di Euro nei prossimi tre anni, sono aggiuntive rispetto al piano industriale del Gruppo per l'Italia e non andranno, dunque, a deprimere gli investimenti negli altri siti produttivi nazionali". L'annuncio, insomma, ridisegna l'assetto del polo industriale torinese proprio a un anno dalla morte di Andrea Pininfarina e proprio nel momento più difficile per l'industria dell'auto. Un segnale in ogni caso positivo perché se, da un lato, la cessione di Bertone a Fiat consente di garantire il futuro di uno stabilimento storico dell'industria piemontese (salvando tutti i posti di lavoro), dall'altro rilancia davvero il made in Italy perché la carrozzeria Bertone ha fatto la storia dell'automobile. Dalla Bertone infatti non sono uscite solo alcune delle auto più belle del mondo dei motori, ma anche una lunghissima serie di designer che poi si sono affermati come "firme" mettendosi in proprio. Uno per tutti? Giorgetto Giugiaro, che ha saputo fare tesoro di quella che molti esperti hanno considerato per anni una vera e propria fucina di idee e talenti.
(Fonte: www.repubblica.it - 6/8/2009)

sabato 1 agosto 2009