venerdì 29 gennaio 2010

Chrysler parteciperà all'arbitrato per il reintegro dei concessionari U.S.A.


Chrysler parteciperà alla procedura di arbitrato per i concessionari il cui mandato fu revocato dal tribunale fallimentare di New York nell’ambito del Chapter 11 (la procedura che si applica alle imprese in crisi, finalizzato a conservarne gli asset e dare contemporanea soddisfazione ai creditori, ndr). L’arbitrato (che vale sia per Chrysler sia per GM) è stato introdotto da una legge approvata dal parlamento U.S.A. alla fine dell’anno scorso (ovvero ben dopo la decisione del tribunale di New York) tesa a vedere reintegrati molti dei concessari revocati. I 409 concessionari i cui contratti sono stati respinti, infatti, hanno presentato istanza di arbitrato per ottenere il reintegro del mandato e la Chrysler si sta preparando a partecipare attivamente al processo. Anche perché una robusta rete di concessionari è una componente fondamentale della strategia del Gruppo per riguadagnare quote nel mercato automobilistico americano. A complimentarsi per questa decisione della casa automobilistica è stato il leader democratico al Congresso, Steny H. Hoyer: “Sono lieto di sapere che la Chrysler ha deciso di intervenire nella procedura di arbitrato per i concessionari. Chrysler vuole così affermare il suo impegno per una forte rete di concessionari, una decisione che punta a difendere il posto di lavoro di cittadini americani e consente all’azienda di fornire ai mercato i suoi prodotti gettando le premesse affinche’ possa tornare alla redditività. Voglio ringraziare l’amministratore delegato della Chrysler, Sergio Marchionne, per aver deciso di lavorare con noi su questo tema”.
(Fonte: www.aziende-oggi.it - 29/1/2010)

giovedì 28 gennaio 2010

Fiat rileva il 50% di GM nella joint venture polacca nei motori diesel


Si rompe anche l’ultimo legame industriale tra Fiat e General Motors, quello relativo alla joint venture per la produzione di motori a Bielsko-Biala, in Polonia. Il gruppo italiano ha infatti deciso di acquistare il 50% della quota in mano agli americani e diventare così proprietario assoluto dello stabilimento situato nel Voivodato della Slesia, poco distante dalla fabbrica di Tychy dalle cui linee di montaggio escono le Fiat Panda e la 500, nonché la Ford Ka. L’accordo preliminare tra Fiat Powertrain Technologies e General Motors è stato siglato nei giorni scorsi. Torino, comunque, fornirà ancora agli ex sposi di Detroit i motori diesel 1.3 e 1.9 Multijet (quest’ultimo prodotto in Italia). L’intesa, fanno sapere in proposito da Fpt, «non avrà alcun impatto sulle normali operazioni produttive a Bielsko-Biala. L’impianto continuerà la produzione del motore 1.3 Small Diesel Engine per entrambe le applicazioni delle due case automobilistiche». Il motore 1.3 realizzato in Polonia è sicuramente il fiore all’occhiello della gamma torinese. Entrato in produzione nell’aprile 2003, equipaggia la maggior parte delle vetture del gruppo Fiat (Panda, 500, Punto, Mito, Musa, Idea, Ypsilon, Doblò), nonché i modelli più richiesti targati Opel/Vauxhall (Agila, Corsa, Meriva, Astra e i veicoli commerciali leggeri). L’accordo per il trasferimento delle quote è ora soggetto al processo di approvazione da parte dell’Antitrust. Il completamento di questo processo è previsto entro marzo, data in cui diventerà effettiva l’acquisizione. La decisione di Sergio Marchionne, da oggi nuovamente negli Stati Uniti nei panni di ceo della Chrysler, di far proprio il 50% della joint venture, è da leggere soprattutto in funzione della nuova alleanza con il gruppo di Auburn Hills e, in particolare, della necessità di fornire ai nuovi prodotti americani che sbarcheranno in Europa motorizzazioni più efficienti dal punto di vista dei consumi e dell’impatto ambientale. GM, dal canto suo, monetizzerà il 50% della joint venture in coincidenza con il rilancio nel marchio Opel, di cui nelle prossime settimane si conoscerà il piano industriale.
(Fonte: www.ilgiornale.it - 28/1/2010)

mercoledì 27 gennaio 2010

Marchionne: il futuro di Saab sarà difficile, anche con Spyker


L’amministratore delegato del gruppo Fiat, Sergio Marchionne, ha espresso un punto di vista fortemente critico riguardo al futuro del marchio Saab dopo la sua cessione a Spyker, tanto da pronosticarne un futuro difficile. “Mi piace il marchio Saab”, ha ammesso Marchionne, ma “penso sia difficile essere un player di nicchia ed allo stesso tempo profittevole. I costruttori marginali continueranno a essere marginalizzati. Non si può costruire sulle speranze e sui sogni”, ha concluso Marchionne, precisando come Fiat non fosse più interessata al costruttore svedese. Riguardo alla cessione Saab, occorre tuttavia tirare per un momento il freno a mano. Spyker e General Motors hanno sì raggiunto un accordo, ma questo deve ancora essere legittimato in attesa di ricevere le dovute garanzie economiche: il governo svedese è infatti garante nel seguire il prestito richiesto da Saab alla Banca Europea per gli investimenti. Il passaggio di mano si concretizzerà solo a partire da metà febbraio.
(Fonte: www.autoblog.it - 27/1/2010)

martedì 26 gennaio 2010

Marchionne: il 2010 sarà cruciale per riconquistare la fiducia nel marchio Chrysler


Il 2010 sarà l'anno cruciale per ricostruire la fiducia nel marchio Chrysler, ha detto l'AD Fiat, Sergio Marchionne. "Queste cose hanno bisogno di tempo, ma penso che il 2010 sarà l'anno cruciale", ha detto Marchionne rispondendo, in un convegno a Stoccolma, a una domanda sulla ricostituzione della fiducia dei consumatori nella società U.S.A. . "Abbiamo bisogno di fare la maggior parte del lavoro nel 2010". "Abbiamo cominciato lo scorso anno, un pezzo alla volta, rimettendo insieme il valore del marchio", ha aggiunto. "Quando le offerte di nuovi prodotti arriveranno al mercato - iniziando dal secondo, terzo, quarto trimestre di quest'anno - vedrete la ricostruzione di quel valore in termini di vendite". Su Alfa Romeo Marchionne ha rinviato all'incontro con gli investitori, in programma il 21 aprile del 2010.
(Fonte: http://it.reuters.com - 26/1/2010)

lunedì 25 gennaio 2010

Fiat: 2009 in rosso, ma con dividendo. Marchionne: "Il 2010 sarà positivo"


La Fiat archivia un anno «incredibilmente difficile, devastante in modo impensabile e senza precedenti per l’economia», ma il gruppo è stato «in grado di gestire la crisi», come dimostrano alcuni dati migliori delle stime degli analisti e il ritorno al dividendo è un segnale di fiducia. L’amministratore delegato Sergio Marchionne riassume così il 2009, chiuso con una perdita di 800 milioni dopo quattro anni di utile. Piazza Affari reagisce male: il titolo, in crescita fino alla presentazione dei conti, ha un brusco calo durante l’incontro con gli analisti e chiude in flessione del 3,69% a 9,53 euro con scambi che interessano il 5,7% del capitale ordinario. Restano forti i timori dei sindacati: la Fiom insiste sulla necessità di un tavolo a Palazzo Chigi (e non in sede tecnica al ministero per lo sviluppo economico come quello previsto per venerdì), per affrontare la situazione Fiat e dello stabilimento di Termini Imerese, mentre l’Ugl chiede che il confronto interessi tutto il gruppo. La Fiat è «più vecchia, più saggia e pronta a un nuovo impegno», spiega Marchionne che conferma gli obiettivi indicati per Chrysler («si sta muovendo bene, dobbiamo superare il 2010», dice). Per l’esercizio in corso il manager del Lingotto prevede un calo del mercato auto in Europa del 12%, guidato dalla Germania, con un’ulteriore flessione del 4% della domanda in caso di mancato rinnovo degli ecoincentivi. E alla loro conferma sono legati anche i target Fiat 2010, anche se l’auto chiuderà quest’anno «sicuramente in utile»: la previsione per il gruppo è di un utile netto fra 200 e 300 milioni di euro, ricavi in crescita fra il 3 e il 6%, un utile della gestione ordinaria di 1,5 miliardi. Se non venissero rinnovati gli incentivi i ricavi sarebbero inferiori di circa 2,5 miliardi di euro e l’utile della gestione ordinaria per l’Automobile e i Componenti calerebbe di 350-400 milioni, ci sarebbero riflessi sull’utile netto e l’indebitamento supererebbe i 5 miliardi. La Fiat assicura che comunque «sarebbe in grado di conseguire un utile della gestione ordinaria superiore a un miliardo di euro e avrebbe risorse finanziarie più che adeguate per una transizione a un contesto di mercato normalizzato nel 2011 e negli anni successivi». Marchionne ricorda che la liquidità del gruppo è triplicata a 12,4 miliardi di euro alla fine del 2009, rispetto ai valori di fine 2008. Abbiamo solo «bisogno di navigare nel 2010», arrivando a fine anno con un rinnovato portafoglio di prodotti, afferma e annuncia per il 21 aprile la presentazione del business plan 2010-2014. Migliore del target, nell’esercizio 2009, l’utile della gestione ordinaria, pari a 1,1 miliardi (3,4 miliardi nel 2008), con un forte contributo del business Automobili, dato che Marchionne definisce «molto importante». I ricavi del gruppo, pari a 50,1 miliardi, sono in calo del 16% rispetto ai livelli record del 2008 (59,6 miliardi), ma nel quarto trimestre sono aumentati del 3,6% sullo stesso periodo del 2008. Fiat Group Automobiles chiude con un utile della gestione ordinaria di 470 milioni di euro (691 milioni nel 2008), Cnh di 337 milioni (1.122 milioni) e Iveco di 105 milioni (838 milioni). Meglio delle previsioni l’indebitamento netto industriale del gruppo, pari a 4,4 miliardi di euro a fronte dei 5,9 di fine 2008. La decisione di tornare al dividendo, pari a 0,17 euro per le ordinarie e 0,325 euro per le risparmio per un ammontare complessivo di 237 milioni, «riflette la normalizzazione dei mercati dei capitali quale fonte di finanziamento per il gruppo», ma anche la convinzione che la società «ha la capacità di continuare a generare utili».
(Fonte: www.lastampa.it - 25/1/2010)

venerdì 22 gennaio 2010

Dopo Maserati e Abarth, Marchionne affida anche Alfa Romeo ad Harald Wester


Tanto tuonò che piovve: dopo le critiche rivolte dal grande capo del gruppo Fiat, Sergio Marchionne, alla conduzione del marchio Alfa Romeo, è arrivata la ventilata sostituzione al vertice del Biscione: Harald Wester prende il posto di Sergio Cravero con l'incarico di "esaltare e valorizzare le caratteristiche comuni ai tre brand Alfa Romeo, Maserati e Abarth, in termini di vocazione sportiva e prestazioni motoristiche". Parole e musica sono di Marchionne, secondo il quale Wester "lavorando su più fronti sta ottenendo ottimi risultati e apporterà a questo progetto la sua capacità di leadership, insieme a un solido bagaglio di conoscenze e competenze tecnologiche". In effetti con questa nomina Wester assume un notevole rilievo all'interno della galassia automobilistica della Fiat e diventa un candidato molto credibile per il ruolo di amministratore delegato, nel momento in cui Marchionne dovesse decidere di abbandonare il doppio incarico che attualmente lo impegna al Lingotto e a Mirafiori. L'Alfa, come abbiamo scritto nei giorni scorsi, esce da un 2009 molto difficile, con vendite attorno alle 110 mila unità e un futuro reso incerto dalla complessa integrazione nel gruppo che sta nascendo attorno all'alleanza Fiat-Chrysler. Se infatti il ruolo di Fiat e Lancia appare molto chiaro nell'integrazione italo-americana, il futuro di Alfa è tutto da costruire: Marchionne da Detroit ha detto di esser stanco di perdere soldi con il marchio sportivo del gruppo e di ritenere che un grande passato non sia sufficiente per fare concorrenza alle migliori marche tedesche. Da Milano, due giorni fa, il capo della Fiat aveva poi corretto lievemente il tiro dichiarando che l'Alfa "è un bambino da cullare, il marchio più difficile di tutto il gruppo, con un grandissimo potenziale che però, anche per colpa nostra, non è riuscito a fruttare risultati concreti". Come si diceva, Wester sostituisce Sergio Cravero, che seguirà lo sviluppo dei prodotti, come capo del Product Portfolio Planning & Product Concept: in pochi anni, è l'ennesimo avvicendamento all'Alfa, su una poltrona molto difficile. Prima di lui, senza successo, avevano provato a rimettere in carreggiata l'Alfa Antonio Baravalle e Luca De Meo.
(Fonte: www.quattoruote.it - 22/1/2010)

giovedì 21 gennaio 2010

Marchionne ottimista: il 2010 procederà secondo i binari prospettati


L'intervento del numero uno del Lingotto di ieri pomeriggio, alla cerimonia di premiazione degli UK-Italy Business Awards, ha parlato dell'andamento della Fiat in questo periodo rivoluzionario della sua storia. Per il manager italiano, che già aveva dato una indicazione nelle scorse settimane, il 2009 sarà archiviato con risultati al di sopra delle stime degli analisti; il 2010 risulterà ancora migliore, non sarà necessario ricorrere all'emissione di obbligazioni e l'alleanza strategica con la Chrysler procede secondo le previsioni. C'è stata la conferma dell'avvio di produzione della 500 negli Stati Uniti e che l'Alfa Romeo non va lasciata al proprio destino.
Risultati? Più in alto, anche senza incentivi
E' un Marchionne ottimista, il manager del Lingotto che ieri ha tirato - in maniera informale, e a beneficio dei presenti - le somme sull'andamento del 2009 dell'impero Fiat. L'occasione è arrivata dalla consegna, da parte dei delegati del Governo britannico presenti al Palazzo della Borsa, del premio ritirato a nome della Fiat come Azienda dell'anno. Iniziando dall'analisi del conto economico, Marchionne ha indicato che "Il 2010 sarà migliore del 2009. Il nostro percorso sta andando avanti bene, e ritengo che l'anno appena iniziato ci porterà dei risultati positivi". Anche senza gli incentivi? "Proprio così. L'importante è costruire una gestione solida. E non parlo solo a nome del Gruppo Fiat, ma anche per tutto il comparto industriale italiano". Eppure, proprio ieri il Ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola ha annunciato che fra le intenzioni del Governo c'è il ripristino degli incentivi (1,2 miliardi di euro, una cifra simile al 2009), seppure indirizzato non solo al comparto auto, ma anche al gas e alle bollette energetiche per le piccole-medie imprese. "Da parte nostra, abbiamo indicato al Governo che la strada per andare avanti anche senza incentivi c'è. Naturalmente non sarà una cosa piacevole senza i bonus. Ma il Gruppo Fiat ha la forza per farcela".
Obbligazioni? Non ce n'è bisogno
Secondo il massimo dirigente del Lingotto, la gestione finanziaria della Fiat potrà portare a risultati positivi anche con le sole proprie forze, senza la necessità di ulteriori interventi da parte del pubblico. Nel caso specifico, ci si riferisce all'eventuale emissione di obbligazioni: "Non ne avremo bisogno - è la risposta - Non abbiamo problemi di liquidità. Per questo riteniamo che non abbia senso ricorrere all'emissione di obbligazioni per attuare i nostri progetti". In questo, Marchionne fa riferimento agli investimenti che il Gruppo Fiat ha prospettato fino al 2013, che hanno un valore di otto miliardi di euro: "Non ci sono problemi", è il suo commento. Tuttavia, per avere le idee un po' più chiare, occorrerà aspettare ancora qualche giorno. Il 25, vale a dire lunedì prossimo, il Consiglio di amministrazione del Lingotto esaminerà il pre - consuntivo del 2009. Secondo le stime di Marchionne, il risultato economico sarà migliore rispetto a quello previsto dagli analisti, che indicavano una perdita globale (per tutto il Gruppo Fiat) di 470 milioni di euro.
L'Operazione 500-U.S.A. si fa sempre più vicina
Vale la pena di dare ancora un'occhiata all'asse Torino-Detroit? L'occasione suggerisce di sì. Il futuro del Gruppo Fiat è a due facce. Si aspetta con la curiosità degli avvenimenti che segnano un'epoca l'inizio della produzione della 500 negli U.S.A. . Naturalmente non manca la conferma: "Il 2010 è l'anno nel quale il marchio Fiat entrerà a pieno titolo negli Stati Uniti". E la 500? "Sarà prodotta, a partire dal terzo trimestre di quest'anno, negli impianti messicani di Toluca", spiega Marchionne. Da Dicembre, nelle concessionarie Chrysler degli Stati Uniti la "piccola" si potrà già acquistare. Nota a margine: che il "piede" della Fiat si faccia sempre più pesante sul panorama industriale e istituzionale a stelle e strisce, lo dimostra anche la nomina, arrivata giusto ieri, dell'ex Vice Presidente con delega agli Affari di Washington e degli Affari Istituzionali globali della Chrysler Robert G. Liberatore in qualità di consigliere dell'AD Sergio Marchionne: una sorta di ponte fra le attività guidate da Marchionne e Washington.
Alfa Romeo: come un bambino da curare
Delicata, molto delicata la questione relativa al marchio sportivo del Gruppo Fiat. I conti non tornano ancora, delle possibili sorti per la Casa Marchionne ha fatto un paragone ficcante: "E' un po' come un bambino. L'Alfa è il nostro bambino da curare, e lo stiamo curando. Non è un mistero che il caso Alfa sia molto difficile, e l'ho riconosciuto io stesso. E' una Casa con grandi potenzialità, e anche per colpa nostra non è mai riuscita a raggiungere dei risultati in linea con il suo prestigio". E con la concorrenza del mercato, ci permettiamo di aggiungere.
(Fonte: www.motori.it - 21/1/2010)

mercoledì 20 gennaio 2010

Marchionne: "Chrysler e Lancia potrebbero essere accorpate entro il 2010"


Chrysler e Lancia potrebbero andare incontro ad un processo di integrazione complessivo entro la fine dell’anno. Questo è il contenuto dell’ennesimo annuncio-bomba di Sergio Marchionne, che negli ultimi tempi ci ha abituati ai colpi di scena più inaspettati. Il numero uno di Fiat-Chrysler ha poi aggiunto che “una mossa del genere ha senso perché ognuna delle due case ha dei vuoti in gamma che possono essere colmati dai prodotti dell’altra”. Marchionne ha proseguito: “In Europa Lancia è un marchio sottodimensionato e sottosviluppato, che non offre nulla al di sopra della Delta. Chrysler invece, pur avendo un respiro più globale, non offre niente in quel segmento e in quelli inferiori. Mettendoli insieme avremo un’offerta completa”. Tutto qui? Macché. Marchionne si è poi soffermato sulla Chrysler Delta esposta al recentissimo Salone di Detroit: nonostante inizialmente si parlava di una pura show-car, il manager ha ammesso che “il modello potrebbe andare in vendita negli Stati Uniti”, ovviamente con il marchio U.S.A. . “Mettiamolo in chiaro: non venderò Lancia negli Stati Uniti. Quest’operazione non metterà in conflitto diretto le due case”.
(Fonte: www.autocar.co.uk - 20/1/2010)

martedì 19 gennaio 2010

«Fiat Drive», il sogno U.S.A. Made in Italy


«Quando sono arrivati i tedeschi della Mercedes, neo sposi della Chrysler, è stato addirittura aperto un nuovo aeroporto dotato di una pista su misura per far atterrare i grossi aerei in arrivo da Stoccarda. Ma in occasione delle nuove nozze fra la stessa Chrysler e la Fiat non ci sono state iniziative. Allora ho pensato di celebrare l’avvenimento chiedendo alle autorità di dedicare una strada di Royal Oak proprio alla Fiat. Si è parlato di Fiat Boulevard, poi di Fiat Road e alla fine è stata scelta Fiat Drive». Luigi Cutraro, da Giammichele (Catania), è uno dei tanti emigranti italiani che hanno tentato la fortuna negli Stati Uniti. Vinta la sfida, è titolare di un ristorante spagnolo («ma presto aprirò una trattoria italiana») che fa angolo con Fiat Drive, a Royal Oak, vivace centro a una decina di miglia dalla grigia Detroit. «Chi passa di qua – racconta – chiede dove si trova Fiat Drive e scatta una foto ricordo. Ci sono tutti i presupposti perché questa zona si trasformi rapidamente in una sorta di Little Italy. In effetti, rispetto a Detroit, dove gli abitanti sono da tempo scesi sotto il milione di unità e per le strade non c’è anima viva («sembra di trovarsi su un set cinematografico: enormi palazzi e pochissime persone in giro», spiega Marco Nobili, il console italiano nella capitale del Michigan che ha accettato di fare da cicerone durante il nostro blitz a Fiat Drive), Royal Oak ha tutte le carte in regola per diventare un polo turistico più internazionale: negozietti, palestre, un teatro, saloon e ristoranti si rincorrono dall’angolo di Fiat Drive lungo la strada che porta al centro. «Di sera, con le luci, l’ambiente è ancora più suggestivo – dice Nobili – tant’è che proprio in questa zona e dentro il locale di Cutraro sono state girate alcune scene del remake di Taxi Driver, con Al Pacino». L’ideatore di Fiat Drive, che la Camera di commercio di Royal Oak ha appena nominato «Businessman dell’anno», ha nel cassetto diversi progetti: il più importane, che coinvolge tutti gli anni a Ferragosto un milione di persone, è di portare a Fiat Drive il megaraduno di appassionati di «muscle car» che si danno appuntamento sulla Woodward, la grande strada che unisce Detroit a Royal Oak. «Quando è stata varata Fiat Drive – ricorda il console – Cutraro ha fatto allestire un megaschermo sul quale venivano proiettate le immagini del nostro Paese, mentre un tenore intratteneva il pubblico con i brani italiani più famosi». Ma la futura Little Italy del Michigan è anche il ritrovo di un’importante istituzione, lo Iaabt, ovvero l’Alleanza italo-americana per il business e la tecnologia, punto di riferimento di chi intende insediare la propria attività imprenditoriale a Motor City e dintorni. «È questa la vera pancia dell’America – afferma Nobili – e non New York, Washington, Los Angeles o Miami. È qui che ci sono tante opportunità di investimento soprattutto nel campo della tecnologia e dell’innovazione. C’è l’automobile nel Dna del midwestern boy». Sergio Marchionne, intanto, ha compiuto un secondo miracolo: oltre ad aver assicurato un futuro alla Chrysler, le nozze tra Torino e Detroit hanno convinto la Farnesina a congelare la chiusura del consolato italiano nella capitale di un Michigan sempre più tricolore.
(Fonte: www.ilgiornale.it - 13/1/2010)

lunedì 18 gennaio 2010

Tutte le fabbriche Fiat dalla Sicilia alla Polonia


Si parla tanto della questione Termini Imerese ma Fiat Group Automobiles è qualcosa di più complesso visto che il colosso produce attualmente circa due milioni di vetture a nei principali impianti mondiali. In Italia (cinque stabilimenti e 21.900 dipendenti) ammontano a circa 645 mila unità: il resto va suddiviso principalmente tra Polonia (un impianto, 600 auto prodotte e 5.800 dipendenti) e Brasile (un impianto, 700 mila auto prodotte e 8.700 dipendenti). Ecco in dettaglio il quadro degli impianti italiani:
- CASSINO (FROSINONE). Si producono le Fiat Croma e Brava e la Lancia Delta. La produzione globale è di 120 mila unità.
- MELFI (POTENZA). Si produce la Fiat Grande Punto e la nuova Punto Evo. Le auto prodotte sono 265 mila.
- MIRAFIORI. Nella fabbrica torinese, che ha 10.700 dipendenti, si producono Fiat Punto, Idea, Multipla, Alfa Romeo Mito, Lancia Musa e Thesis. La produzione complessiva è di 165 mila vetture.
- POMIGLIANO (NAPOLI). Nello stabilimento campano si producono i modelli Alfa Romeo 147, Gt, 159, 159 Spider, 159 Sportwagon, Fiat Bravo. Il numero totale delle vetture è di circa 45 mila unità
- TERMINI IMERESE (PALERMO). Si produce la Lancia Ypsilon, gli addetti sono 1.400. La produzione globale ammonta a 21.900 unità.
- TYCHY (POLONIA). Si producono la Fiat Panda (anche nelle versioni Van e 4x4), la Fiat 500 e la Fiat Seicento (anche nella versione Van). I dipendenti sono 5.800 circa.
In joint venture, ha inoltre stabilimenti a VAL DI SANGRO (Sevel con PSA per Nuovo Ducato, 5.900 dipendenti), VALENCIENNES in Francia (Sevel Nord con PSA per Lancia Phedra, Fiat Ulysse e Fiat Nuovo Scudo, 4200 dipendenti) e BURSA in Turchia (Tofas con Gruppo Koc per Doblò, Doblò Cargo, Palio, Albea, Linea, Fiorino e Qubo, 7.000 dipendenti).
(Fonte: www.repubblica.it - 4/1/2010)

venerdì 15 gennaio 2010

Financial Times: la profezia di Marchionne sui 6 big si avvererà


La profezia di Sergio Marchionne si avvererà. E' quanto si legge sul Financial Times, che spiega come la previsione dell'amministratore delegato di Fiat, secondo cui il processo di consolidamento, che già ha portato alle alleanze Fiat-Chrysler e Volkswagen-Suzuki, porterà a sei grandi colossi automobilistici mondiali, è destinata ad avverarsi presto. I Governi giocano un ruolo fondamentale nel promuovere innovazione ed efficienza in un'industria, che ha fortemente bisogno di entrambe. Il settore automobilistico si sta rimettendo sulla giusta rotta dopo un anno tumultuoso e vede ancora molti ostacoli davanti a sè. Ora le case automobilistiche devono affrontare la fine degli incentivi, che hanno stimolato i consumi. La priorità dei Governi è consentire alle aziende di ridurre la capacità di produzione in eccesso chiudendo alcune fabbriche. E' quanto sta accadendo allo stabilimento Fiat di Termini Imerese, ma questo è impossibile se i Governi continuano a bloccare la chiusura delle proprie fabbriche. La seconda priorità dei Governi è garantire incentivi statali mirati verso veicoli più piccoli ed ecologici. L'asse dell'industria si sta già spostando verso mercati emergenti, come Asia e America Latina. Se le imprese americane ed europee vogliono mantenere la loro posizione competitiva, come auspicano i loro Governi, devono intervenire subito con questi cambiamenti.
(Fonte: www.ft.com - 14/1/2010)

giovedì 14 gennaio 2010

Financial Times: Il lungo viaggio del nuovo principe di Detroit


A Sergio Marchionne piace trovarsi al centro dell'attenzione generale, e questa settimana a Detroit ha avuto modo di esaudire spesso il suo desiderio. La prima volta che ho avuto modo di accostarmi all'amministratore delegato di Chrysler e Fiat al Salone dell'Automobile di Detroit, l'ho visto letteralmente assediato dai fotografi, mentre mostrava da vicino la Fiat 500 a Nancy Pelosi, portavoce della Camera dei Rappresentanti. Nancy Pelosi ha buoni motivi per prestare grande attenzione a quell'auto, tenuto conto che il governo degli Stati Uniti ha una posta in gioco di 12 miliardi di dollari (8,3 miliardi di euro) nella capacità di Marchionne di far risorgere un'azienda che la task force automobilistica di Barack Obama aveva deciso che non era in grado di cavarsela con le proprie forze. Senza di lui, il governo avrebbe potuto non pagare affinché una delle più piccole delle Tre Grandi case automobilistiche riuscisse a ottenere l'applicazione del cosiddetto Chapter 11 (legge U.S.A. sulla bancarotta, NdT). Resta tutto da vedere, in ogni caso, se egli riuscirà a bissare il trucco riuscito in Fiat, dove ha riportato un'azienda in crisi alla stabilità, se non addirittura a competere nuovamente con la concorrenza globale. «Sono in gioco la nostra reputazione e la nostra credibilità. Abbiamo messo in gioco ogni cosa, compresa la mia vita» mi ha riferito. Marchionne, che ama indossare pullover, non è portato a provare insicurezza o sfiducia nelle proprie capacità. Al contrario: in un suo recente discorso ha citato la frase di Machiavelli secondo il quale "nella cosa pubblica il ritorno ai valori fondanti della democrazia è spesso merito delle capacità di un sol uomo". E Marchionne guarda a sé proprio come a quell'uomo. Le sue chance di successo, in ogni caso, dipendono da come si vuole definire l'obiettivo: se consiste nel rendere solida Chrysler, rinnovarne la gamma dei prodotti, rimborsare il prestito governativo in aiuti da 7 miliardi di dollari e riportarla a galla, quotandola con un'offerta pubblica entro il 2011, per esempio, (e nessuno di questi è un risultato da poco) ritengo che probabilmente ce la farà. Se invece, il successo è quello che egli stesso intende, quando parla di portare Chrysler-Fiat nella premier league dei costruttori di automobili, accanto a Ford, Toyota e Volkswagen, ne dubito: il suo impero è un guazzabuglio sovrabbondante di marchi nazionali, troppi per poter partire alla conquista del mondo. Marchionne ha cambiato gli stati d'animo alla Chrysler, la casa automobilistica statunitense che vende sempre meno automobili dalla fine degli anni Novanta, messa in crisi in un primo tempo dalla disastrosa acquisizione da parte di Daimler e poi dal periodo in cui è stata proprietà di Cerberus Capital, una società di private equity, periodo che Marchionne non esita a definire la "Twiligth Zone", l'era del crepuscolo. L'insieme dei brand del suo portfolio non è granché: il marchio Chrysler e anche quello Dodge producono essenzialmente van e furgoncini che non vanno così bene negli Stati Uniti. Le automobili poi soffrono per il loro design, affatto speciale, per problemi di qualità e nessuna di esse è raccomandata da Consumer Reports, benché Jeep sia un marchio che regge ancora bene. Nel frattempo Ford inizia a dare qualche lento segnale di ripresa, avendo basato la sua nuova auto Focus sul design e sulle tecnologie provenienti dalla sua divisione europea, e sta vendendo il suo modello in tutto il mondo. Perfino General-Motors, così soggetta a incidenti, sta riscuotendo un successo migliore a livello internazionale e sta per sfornare una nuova gamma di prodotti, tra i quali i modelli Aveo e Cruz. La task force addetta al settore automobilistico dell'Amministrazione Obama era stata alquanto esitante se cercare di salvare Chrysler togliendola dai guai, cosa che sarebbe stata temeraria per un'industria affetta da una consistente sovrapproduzione, ma aveva perso il proprio sangue freddo. All'interno di Chrysler l'umore era ai minimi, come ci si può aspettare in una casa automobilistica che produce auto dagli interni a buon mercato, come la Sebring. Ralph Gilles, alla testa di Dodge, dice: «I nostri ingegneri arrivarono a mordersi talmente tanto la lingua, assicurando di poter migliorare quell'auto, da farla sanguinare». La ventina di dirigenti che formano il team di Marchionne alla Chrysler appare adesso pieno di nuove energie, anche se forse un po' intimorito (quanti non si rivelano subito all'altezza della situazione sono licenziati in tronco). Pendono dalle sue labbra e da ogni sua parola, per altro difficile da comprendere poiché egli parla borbottando, e lavorano sodo al suo piano quinquennale. Sfruttando i vantaggi offerti dalla debole posizione contrattuale del governo americano e dallo status concesso dal Chapter 11, pare che Marchionne abbia fatto proprio un buon affare per riprendere gratuitamente il controllo su un asset fortemente colpito. In cambio della tecnologia e del tempo che egli ha dedicato, molto probabilmente entro il 2011 Fiat potrebbe finire col possedere il 35 per cento di Chrysler. Marchionne potrebbe mettere insieme Lancia e Chrysler, usando la seconda come brand principale del gruppo abbinata alla tecnologia della prima, come pure far fruttare le potenzialità di Jeep ed escogitare qualcosa di buono per il marchio Dodge. Con la ripresa che è in corso nelle vendite delle automobili negli Stati Uniti, a Marchionne basterebbe conquistare una fettina soltanto, appena pochi punti percentuali del mercato dell'auto, e un accenno di offerta pubblica d'acquisto. Una ripresa sul breve periodo, in ogni caso, non equivale a una prosperità sul lungo periodo e le prospettive di Fiat-Chrysler di riuscire a raggiungere la seconda sono alquanto fosche. Marchionne sarà anche un giocatore molto esperto, ma le carte che si ritrova in mano non sono granché. È stato istruttivo osservare con attenzione gli stand della Chrysler e di Fiat al salone dell'auto di Detroit, che presentavano caratteristiche alquanto particolari di cui tener conto: rispetto all'attenzione riposta da altre case automobilistiche su un numero inferiore di modelli e di brand, sono parsi un insieme di piccoli marchi - Chrysler, Dodge, Fiat, Lancia, Alfa Romeo, Maserati e Ferrari. Dodge è un marchio da operai che sa di vecchio e ha un unico modello che va forte – il Ram – che si è evoluto in un marchio a sé stante. Marchionne ammette che Dodge oggi ha valore soltanto negli Stati Uniti, e la ragione per la quale non le ha fatto chiudere i battenti si spiega con una parola sola: "dimensioni". In pratica è troppo grande per essere lasciata fallire. Chrysler, invece, ha qualche chance migliore di riuscire a ottenere risultati apprezzabili nel suo mercato interno. Espandersi in Asia, o fare di Lancia e Fiat i brand europei più importanti in grado di competere con Volkswagen, Renault o Opel sarà estremamente difficile. Marchionne sostiene di poter schierare i suoi brand nel mondo condividendo piattaforme comuni, piuttosto che puntare su un unico marchio come Ford o Toyota. «La proliferazione dei brand non è certo una novità, ed è proficua se ben fatta» dice. Sarà anche vero, ma Machiavelli non avrebbe consigliato al suo principe di farci poi tanto affidamento. Se e quando Marchionne metterà in sesto Chrysler e ripagherà gli U.S.A., allora potrà ripensarci.
(Fonte: www.ft.com - 13/1/2010)

mercoledì 13 gennaio 2010

Marchionne: Chrysler restituirà con gli interessi il prestito del Governo U.S.A.


Chrysler "restituirà tutto il debito con gli interessi". Lo ha assicurato l'amministratore delegato della casa americana targata Fiat, Sergio Marchionne, durante il salone dell'auto di Detroit. General Motors ha annunciato che intende restituire tutti i soldi avuti dal governo americano, 50 miliardi di dollari, entro giugno del 2010. "Tra noi e GM ci sono molte differenze - ha spiegato Marchionne - perché il governo U.S.A. è azionista di GM mentre noi abbiamo solo ricevuto un prestito. Noi dunque pagheremo gli interessi sui fondi che abbiamo ricevuto e se GM riuscirà a far guadagnare un sacco di soldi al governo americano, allora Dio li benedica". Chrysler è in una posizione diversa. "Noi siamo solo debitori - ha precisato Marchionne - non possiamo fare lo stesso. Il Tesoro U.S.A. è un grosso azionista di GM, ma ha una quota molto limitata in Chrysler. Noi restituiremo tutti i soldi avuti in prestito, con gli interessi, entro il 2014".
(Fonte: www.agi.it - 12/1/2009)

martedì 12 gennaio 2010

Lutz (GM) su Fiat-Chrysler: matrimonio difficile, ma Marchionne è bravo e ce la farà


Bob Lutz, uno dei padri nobili dell’industria dell’auto americana, ha detto la sua sul matrimonio tra Fiat e Chrysler. Lutz, di solito piuttosto esplicito al limite della profanità nelle sue affermazioni, è stato quasi cauto, ma ha avvisato che una joint venture del genere non è una cosa semplice da gestire con sette o otto fusi orari di mezzo. Lutz è vice presidente per il prodotto (Vice-Chairman of Global Product Development) di General Motors in barba ai 78 anni suonati e alle regole che, nelle grandi corporations, rendono obbligatoria la pensione a 65 anni, ha dietro di se una storia professionale unica nel mondo dell’auto. Nell’ambiente gode di fama mondiale e lo stesso Gianni Agnelli, una trentina d’anni fa, aveva considerato di metterlo a capo delle attività automobilistiche di Fiat. Nella pausa caffé di un incontro organizzato dalla Society of Automotive Analysts, Lutz si è lasciato andare con i giornalisti: il matrimonio Fiat-Chrysler, ha detto, «è un’operazione interessante: dal punto di vista del prodotto sono complementari. Il problema di questo tipo di alleanze è che è più difficile farle funzionare quando c’è un oceano di mezzo». Poi, in base alla regola che cane non morde cane, ha aggiustato il tiro: «Sono sicuro che Marchionne è bravo e riuscirà a farla funzionare». Lutz ha anche spiazzato i suoi interlocutori parlando dell’intervento del governo americano nell’industria dell’auto. Dopo anni passati a combattere l’eccesso di regole imposto proprio dal governo, al punto di annunciare, un anno fa, che avrebbe lasciato per le ingerenze statali nel disegno del prodotto, ora Lutz dice: finalmente il governo si è accorto dell’auto: ci voleva una crisi globale, ovvimente con riferimento non tanto alle regole quanto gli aiuti dal Tesoro americano. Su Opel, che GM ha deciso di mantenere, Lutz ha spiegato: “E’ un componente a tutti gli effetti del gruppo, è parte di GM e sarà integrato nella strategia globale”. Per Saab, ha detto ancora Lutz, “ci sono ancora parti interessate ma non possiamo aspettare e guardare proposte e proposte, quindi abbiamo assunto una società che supervisionerà la liquidazione e procediamo con la chiusura ordinata del marchio”. Per Saab in corsa ci sono l’olandese Spyker e la cordata formata dal fondo di private equity lussemburghese Genii Capital e il patron della Formula 1 Bernard Ecclestone. Il consiglio di amministrazione di GM dovrebbe prendere a breve una decisione su Saab e in questi giorni una delegazione del governo svedese è a Detroit per incontrare i vertici della casa automobilistica americana e illustrare i tempi e i modi degli aiuti pubblici assicurati al potenziale acquirente. Per supervisionare la chiusura di Saab GM ha assunto Alixpartners.
(Fonte: www.blitzquotidiano.it - 11/1/2010)

lunedì 11 gennaio 2010

Salone di Detroit: ecco il Marchionne-pensiero


Il Marchionne pensiero va in diretta a Detroit. Dall'Alfa alla Lancia, passando per il futuro di Chysler e dei marchi americani, fino al futuro dello stabilimento di Pomigliano dove sarà trasferita la produzione della Panda. Il numero uno di Fiat e Chrysler - che ha incontrato Nancy Pelosi, la speaker della Camera U.S.A. - è un fiume in piena.
Alfa Romeo - "Oggi la MiTo ha le qualità di una BMW, la Giulietta le avrà. Però, per fare delle auto che facciano concorrenza ai tedeschi ci vogliono i soldi e noi ne abbiamo già messi troppi nell'Alfa". "Mi aspetto un impegno serio da parte dei miei uomini che assicuri un vero futuro al marchio. Dobbiamo ridurre le aspirazioni dell'Alfa e provare a ripartire. Quando parliamo di auto superiori al segmento C bisogna prima pensare a chi le venderemo". "C'è ancora gente che sogna un'Alfa che non può più esistere". "L'Alfa ha tre prodotti: la 159 che non è al livello che speravamo, la MiTo che lo è, e la Giulietta che lo sarà". "Io pago il prezzo di tutti quelli che hanno mangiato al tavolo prima di me". "Direi che l'Alfa è il grande lavoro incompiuto di Fiat, mentre Maserati e Ferrari sono state recuperate in pieno". "La Dodge non è vicina all'Alfa. Sono due mondi diversi".
Il partner americano di Lancia - "Lo sviluppo di Lancia va interpretato come uno sviluppo comune con Chrysler. Poco importa il logo che sarà sulle auto". "Avete visto la Delta? È veramente bella. Vogliamo vedere come reagirà il pubblico americano". "Dobbiamo concentrarci perché le convergenze tra Lancia e Chrysler sono enormi: i due marchi hanno lo stesso Dna". "Se il mercato U.S.A. dovesse accettare il segmento delle piccole, la nuova Lancia Ypsilon sarebbe perfetta. In fase di progettazione abbiamo previsto gli adattamenti per il mercato statunitense".
La Panda da Tychy a Pomigliano - "Abbiamo preso l'impegno di trasferire la produzione della Panda, anche se di per sé la cosa non avrebbe molto senso. Se ci saranno le condizioni, sono pronto a discuterne con le parti sociali".
Il vento a Detroit è cambiato - "La rinascita dell'industria americana si sente nell'aria ed è incoraggiante per i politici che l'hanno sostenuta". "I nostri impegni presi in America saranno rispettati".
Un anno duro, poi il rilancio di Chrysler - "Il 2010 sarà critico: dobbiamo sfruttare al meglio quel poco che abbiamo fino al quarto trimestre dell'anno. Da lì in poi arriveranno 16 novità". "A me non interessa quanto farà il mercato americano nel 2010, interessa soltanto raggiungere gli obiettivi che ci siamo dati: 1,1-1,2 milioni di vetture vendute". "Nel 2004 nessun italiano credeva più nella Fiat. Oggi qui in Chrysler stiamo percorrendo la stessa strada".
Lo stand Chrysler - "Guardate che stand! Abbiamo speso meno dell'anno scorso ed è centomila volte meglio".
L'elettrico non è ancora maturo - "Il futuro elettrico è nel medio e lungo periodo. Oggi abbiamo la tecnologia, ma non funziona il rapporto costi-benefici". "La 500 elettrica arriva a 100 km/h in un attimo e ha una coppia formidabile. Però, finché può percorrere solo 160 km e costa 40.000 dollari, di cosa stiamo parlando?". "Il primo intervento razionale sarà sui veicoli commerciali, perché fin quando non arriveranno batterie più efficaci e longeve è meglio non farsi illusioni".
La Viper non muore - "La Viper è 'the best' in America e noi non ne annunceremo la fine".
(Fonte: www.quattroruote.it - 11/1/2010)

venerdì 8 gennaio 2010

Le novità Jeep a Detroit


Jeep, nel 2010 lancerà tre nuovi modelli. Le prime proposte del marchio Chrysler gestito da Fiat ad arrivare sul mercato (disponibili già nei primi tre mesi dell'anno) saranno la Liberty Renegade e la Jeep Wrangler Islander. Nel secondo trimestre debutterà invece la Jeep Wrangler Mountain, che avrà pneumatici da 32 pollici e ruote speciali. Saranno disponibili edizioni limitate di Islander e Mountain a due porte. Da ricordare che Jeep è il cuore dell'operazione Chrysler. Jeep è infatti, icona e sinonimo stesso del concetto di fuoristrada: è un marchio leggenda con modelli di grande e grandissimo successo come Cherokee o Wrangler. Al gruppo Fiat la nuova dote Jeep fa non poco comodo per espandere l'offerta in quella che, volenti o nolenti, rappresenta un settore importante dell'industria dell'automobile: Suv e e fuoristrada. Una area di mercato dove il Lingotto esibisce un vuoto pressoché pneumatico visto che schiera solo la Sedici, clone della Suzuki SX e ulteriore figlio del matrimonio fallito con GM, nonché l'Iveco Campagnola, che però è più un veicolo militare e un fuoristrada puro che un Suv. Il mercato chiede, si veda il successo della Nissan Qashqai o della Ford Kuga, sempre più sport utility di taglia urbana e prezzo accessibile come il recente Peugeot 3008 e Fiat ha bisogno di sfondare in questo importante segmento. Presto vedremo Jeep, magari anche crossover, con motori Fiat più puliti e performanti. Il piano prevede, infatti, il lancio di nuovi modelli ecologici sul mercato statunitense utilizzando motori Fiat, con la tecnologia Multiair di Fiat che sarà introdotta sui veicoli Chrysler. Infatti uno dei punti chiave del piano di Marchionne è la tecnologia eco compatibile sviluppata in questi anni da Fiat, che è stata anche una delle carte vincenti che hanno convinto l'amministrazione Obama ad affidare all'ad del Lingotto la ristrutturazione del brand americano. Fiore all'occhiello dovrebbe essere la tecnologia Multiair, brevetto Fiat, destinata ad equipaggiare le vetture Chrysler e, in prospettiva, anche Jeep. E così i suv non saranno più brutti, sporchi e cattivi. Anzi, c'è da scommettere che tra un po' diventeranno cool anche negli ambienti più eco trendy.
(Fonte: www.motori24.ilsole24ore.com - 8/1/2010)

giovedì 7 gennaio 2010

Evoluzione della specie industriale: Fiat come Apple


Che cosa hanno in comune la Fiat di Sergio Marchionne e la Apple di Steve Jobs? Apparentemente nulla. In realtà hanno in comune il dna: lo spirito con cui stanno affrontando il nuovo mondo che esce faticosamente dalla crisi e si presenta con nuove gerarchie di paesi, imprese, modelli, nuovi equilibri tra governi, banche e industria. Joseph Schumpeter sosteneva che innovazione significa combinare i vecchi fattori, le vecchie forze in modo diverso. Mai come in questo periodo la teoria, sorta all'inizio del '900, è modernissima: quando il gioco è regolare, vincono i grandi giocatori, vincono la stabilità e la tradizione. Se il gioco si fa complesso, vince chi spariglia, chi dimostra di sapersi adattare velocemente. Insomma, chi sa muoversi come una start up, che faccia automobili o computer. La tradizionalissima Fiat è entrata nel 2009 in un modo e ne è uscita in un altro, non solo grazie all'acquisizione della Chrysler ma soprattutto per aver capito che l'industria dell'auto doveva consolidarsi e non solo essere aiutata e per aver anticipato il tema della tecnologia verde: la 500 non è il Voyager. Il vecchio modello di business non reggeva, quello nuovo sì. Certo, i modelli non sono sempre riproducibili e, mai come in questo periodo, ogni azienda, ogni imprenditore dovrà riadattarli su di sé, pensare a un'impresa in qualche misura "taylor made", sartoriale. Ma alcune caratteristiche sono comuni ai vincenti:
1) aprirsi ai mercati esteri, o almeno entrare in una filiera internazionale: chi ha saputo cambiare mercato ha avuto un indiscutibile vantaggio;
2) darsi una nuova organizzazione produttiva all'interno, razionalizzando ancora i costi, aumentando la produttività e rivedendo tutta la filiera: il made in Italy finora si è preoccupato molto della qualità del prodotto, il salto è preoccuparsi anche di come arrivare al cliente finale in modo efficiente;
3) il valore aggiunto sta spesso nella dimensione immateriale del prodotto: marketing, comunicazione, confezione, in altre parole sogno;
4) più capitali: gli imprenditori devono investire di più nelle proprie aziende, sarà più facile ottenere credito anche dalle banche e fare il salto dimensionale necessario;
5) capacità di individuare segmenti, nicchie e comparti che siano in grado di garantire alti tassi di crescita e profittabilità.
Le imprese che affrontano questi percorsi sono quelle che vanno meglio, che riusciranno ad approfittare della ripresa e se la ripresa tardasse, sapranno attenderla con nuovi equilibri. Il rischio è ancora una volta finanziario. Le aziende indebitate per innovare, rischiano di soffrire le conseguenze del credit crunch. Tocca alle banche fare un salto di qualità e avere un approccio meno burocratico e più attento alle singole storie delle imprese. Altrimenti la crisi finirebbe per essere tutt'altro che meritocratica: i migliori ne usciranno feriti. Un'ultima occasione da non perdere: approfittare della ripresa per mettere in gioco i talenti di chi, come le donne e i giovani, finora ha giocato solo ai margini del campo.
(Fonte: www.ilsole24ore.com - 7/1/2010)

mercoledì 6 gennaio 2010

Roland Berger (CDA Fiat): "Fiat-Chrysler funzionerà, ma ci vorrà del tempo"


Il futuro dell'auto nel dopo-crisi si giocherà sul consolidamento, la dislocazione di produzione in mercati più promettenti e a basso costo e la produzione di motori «verdi». È questa la visione del superconsulente Roland Berger, membro del consiglio di Fiat e capo-controllore del gruppo Roland Berger, con un'esperienza quarantennale anche nelle relazioni economiche italo-tedesche. «Il momento - spiega - non è particolarmente favorevole: nei Paesi dove è stata introdotta la rottamazione ci saranno notevoli retrocessioni del mercato, che colpiranno soprattutto i produttori di auto di piccola cilindrata, come VW, Renault, Peugeot, Fiat e i marchi giapponesi e coreani, perché gli acquisti di auto sono stati anticipati. E poi il calo del mercato colpirà anche i fornitori ed i distributori. Quindi, nel breve termine, proseguirà il consolidamento con alleanze di ogni genere, come quelle a cui stiamo assistendo fra Fiat-Chrysler, Volkswagen con Porsche, Suzuki e Man e Peugeot con Mitsubishi». Quindi c'è una nuova corsa verso le grandi dimensioni? «Mi sembra che l'amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne abbia ragione quando sostiene che un produttore, per sopravvivere, deve produrre su ogni piattaforma un milione di veicoli e almeno 5-6 milioni di auto in un anno. Ma quella del consolidamento è solo una delle tre tendenze fondamentali che prevedo per il mondo dell'auto». Vuole spiegarsi meglio? «La seconda tendenza è quella della dislocazione di produzione e valore aggiunto fuori dai Paesi ad alto costo, soprattutto europei e giapponesi, in direzione di mercati più promettenti per il futuro dell'auto e con costi produttivi più bassi, come India, Cina e il Sud-Est asiatico, l'Europa centrale e dell'Est o il Sud America. Infine, la scarsità delle risorse sprona la tendenza verso la produzione di motori con tecnologie "verdi" a basso consumo di anidride carbonica, che modificherà le strutture delle società, la verticalizzazione della produzione e quelle dei fornitori». E questo vale anche per i produttori di marchi premium? «BMW e Mercedes dovranno riconsiderare la loro strategia di produttori indipendenti perché dovranno affrontare una maggiore cautela del pubblico verso l'acquisto di auto a benzina o diesel di grossa cilindrata. E si porrà il problema di come realizzare maggiori economie di scala. Puntando, per esempio, su alleanze: fra loro o con terzi. Nel dopo crisi, forse non potranno mantenere del tutto la loro indipendenza». Nel frattempo prosegue la marcia dei produttori asiatici. «Negli ultimi dieci anni si è verificato un grande consolidamento in Giappone (sono rimasti indipendenti solo Toyota e Honda) e in Corea (Hyundai e Kia). Mentre nei nuovi mercati come la Cina, il fenomeno interessante è che hanno puntato, anche con investimenti statali, allo sviluppo di nuove tecnologie (Byd) mentre altri produttori comprano marchi e tecnologie occidentali: Saic ha acquistato Rover, Baic la Saab e recentemente la Geely Volvo. Chi sopravvivrà diventerà fra pochi anni global player e forte concorrente di europei e giapponesi. Lo stesso vale per l'India. Tata, per esempio, oltre ad avere un'alleanza con Fiat, ha lanciato l'auto da 2.500 dollari, ma possiede anche marchi come Jaguar e Land Rover». I piani di VW e Fiat sono minacciati da quelli di Peugeot e Mitsubishi? «Le trattative fra Peugeot e Mitsubishi hanno le carte per andare a buon fine. Perché il modello discusso - analogo a quello di Renault-Nissan - punta a uno scambio azionario e a una alleanza che fornisca elevate sinergie di scala, ma lascia ai partner l'indipendenza, eliminando così i problemi culturali e oggettivi di una fusione. Per le stesse ragioni prevedo che funzioni anche l'alleanza di Fiat con Chrysler, ma ci vorrà del tempo». E quali sono le carte vincenti di Fiat-Chrysler? «Innanzitutto, l'alleanza con Chrysler ha aperto a Fiat il mercato del Nordamerica e della rete di vendita. Inoltre seguiranno progettazioni congiunte, investimenti in fabbriche produttive e nuovi modelli più attraenti a costi competitivi tecnologici e di produzione». In futuro si limiteranno alcuni marchi a determinate regioni, come Fiat potrebbe fare con Lancia? «Non posso rispondere in modo specifico su Lancia, per ovvie ragioni. Ma, in generale, l'auto del futuro non sarà "regionale". Piuttosto, alcuni produttori si concentreranno sulla produzione di un marchio con un segmento di auto, come Bentley nel segmento lusso e Porsche o Ferrari nel segmento sportivo».
(Fonte: www.corriere.it - 5/1/2010)

martedì 5 gennaio 2010

Detroit News: Ferrari e Maserati insieme a Chrysler al prossimo Salone di Detroit


Al prossimo Salone di Detroit, che si terrà a partire dal prossimo 11 gennaio, la Ferrari abbandonerà il suo posto d’onore insieme alle supersportive di lusso come Lamborghini, Bentley e Rolls Royce per essere esposta nella più “povera” Chrysler. Dovrà inoltre dividere gli spazi anche con Dodge e Jeep. La notizia è stata annunciata da “The Detroit News” che ha titolato: “Maserati, Ferrari to share Chrysler spot at auto show” ed ha avuto presto conferma dei cambiamenti e del trasferimento da Sam Locricchio, portavoce NAIAS. Il tutto verrà fatto non per risparmiare, ma per sancire visivamente l’unione tra Fiat e Chrysler. Ovviamente quindi per suggellare l’unione italo-americano sarà presente insieme tutto il gruppo Fiat, dando vita ad uno stand molto variegato di marche automobilistiche: Dodge, Jeep, Chrysler, Fiat, Alfa Romeo, Ferrari, Maserati. Stando ai piani di rilancio, però, Ferrari e Maserati non saranno coinvolte nelle sinergie tra Fiat e Chrysler, anche se si vocifera che la futura Dodge Viper utilizzerà numerose componenti delle vetture della Casa di Maranello. Forse, il connubio che si concretizzerà a Detroit rappresenta anche un’anticipazione di questa ipotetica collaborazione. Ma in primo piano nello stand sarà indubbiamente la nuova Fiat 500 elettrica, che ben presto dovrebbe diventare realtà. La piccola utilitaria dovrebbe essere prodotta in uno stabilimento in Messico, con una capacità di produzione di circa 100000 unità all’anno. La 500 elettrica sarà affiancata anche dalle versioni potenziate e sportive, ovvero la 500C e la 500 Abarth. Altro frutto della fusione dovrebbe essere la nuova Lancia-Chrysler Delta, che alcune ricostruzioni la dipingono come una Delta classica con la griglia a maglie larghe tipica di Chrysler. Poi ovviamente non potranno mancare le supercar italiane; infatti saranno presenti anche le due ultime novità: la Ferrari 458 Italia e la Maserati Gran Cabrio. L’azienda fondata da Alfieri Maserati nel 1914 è forse quella che si aspetta di più dal 2010: l’obbiettivo è di aumentare i profitti, mantenendo però invariate le vendite, che nel 2009 erano calate del 40% rispetto al 2008.
(Fonte: http://detnews.com - 31/12/2009)

lunedì 4 gennaio 2010

Un 2009 da incorniciare per Marchionne


Cinque anni fa, all’indomani dell’annuncio del suo arrivo al Lingotto come amministratore delegato, Sergio Marchionne fu molto chiaro: «La Fiat è da rifare, dobbiamo ricrearla competitiva». È stato di parola. In soli tre anni, nel 2007, il manager italo canadese ha fatto registrare al Gruppo il primato dell’utile record ma ha anche chiuso positivamente nel 2005 la difficile partita con la General Motors ed ha siglato quest’anno l’accordo con Chrysler con la «benedizione» di Barack Obama. Un 2009 da incorniciare per l’uomo del rilancio sia interno che esterno della Fiat, anche se la questione del futuro degli impianti italiani, e in particolare di Termini Imerese e Pomigliano d’Arco, è ancora sul piatto delle trattative con Governo e sindacati. Il tutto sacrificando qualche frivolezza, le partite a scopone scientifico con il sindaco di Torino Sergio Chiamparino, o aumentando a dismisura le bevute di caffè e le sigarette per allentare la tensione sull’asse Torino-Detroit e i relativi voli intercontinentali. E dire che l’anno non era iniziato bene: Luca De Meo, uno dei “Marchionne Boys” su cui era partito il rilancio, lo aveva lasciato preferendo le lusinghe della Volkswagen. Ma gennaio è stato anche il mese dell’avvio dell’operazione Chrysler. Dapprima è trapelata la notizia, attraverso Automotive News, che la Casa americana poteva essere l’obiettivo giusto per sdoganare la Fiat in ambito mondiale, e poi c’è stata la sigla del memorandum d’intesa, il 20 gennaio. Un colpaccio che ha portato Marchionne in un tunnel di trattative a livello internazionale da cui è uscito vincente negli Stati Uniti, con l’ufficializzazione dell’accordo il 10 giugno, ma sconfitto in Germania nella successiva trattativa per la Opel. Marchionne, personaggio particolarmente pratico e determinato, è stato anche l’uomo che ha subito sollecitato il governo a prendere provvedimenti a favore del settore auto in crisi a livello mondiale. «Il rischio che 60.000 lavoratori del comparto auto, in Italia, restino a casa, se non ci sarà un intervento del governo, è reale» ha detto a fine gennaio senza mezzi termini. Allarme ascoltato a livello centrale e ne hanno beneficiato tutti, concorrenti compresi. Ma in tutta questa serie di trattative globali ce n’è una ancora aperta. È quella sindacale che, dopo le prime reazioni morbide d’inizio anno sull’arrivo dell’intesa con la Chrysler, si è letteralmente infiammata nelle ultime settimane del 2009 dopo la notizia della chiusura della produzione auto a Termini Imerese alla fine del 2011.
(Fonte: www.corriere.com - 31/12/2009)