lunedì 28 febbraio 2011

Russia: dopo il no di Sollers, Fiat tratta direttamente con il Governo


Nonostante la decisione della società russa Sollers, che con una mossa imprevista ha sorpreso tutti gli esperti del mercato automobilistico alleandosi con Ford, rinunciando quindi alla partnership con Fiat, quest’ultima non rinuncia al mercato russo ed anzi si appresta a rilanciare con maggior vigore i suoi nuovi veicoli commerciali, in particolare quelli del segmento C, D e SUV. Infatti dopo il no della Sollers, Fiat Group ha presentato ieri al Governo russo un memorandum d’intesa su un progetto che prevede la localizzazione della produzione in Russia con circa 300.000 veicoli l'anno e la distribuzione di un numero più limitato di vetture importate per completare la gamma. Il progetto, che è partito dalla nuova partnership costituita con la Jeep, società che si distingue maggiormente per la produzione di vetture fuoristrada o 4x4, segna un punto di svolta nella presenza della Fiat e della Chrysler sul mercato russo e servirà a rafforzare a livello internazionale i due brand. Naturalmente l’intero progetto tiene conto di tutte le disposizioni in materia di assemblaggio industriale di autoveicoli previste dalla Federazione Russa. Non ci sono informazioni circa la possibile collocazione degli stabilimenti né tantomeno della tempistica del progetto. Adesso che l’allenza con Sollers è saltata, la penetrazione del marchio italiano nel mercato russo si fa molto più ardua, atteso che l’attuale posizione di Fiat sul territorio in Russia è debole: nel mese di gennaio sono state vendute solo 788 vetture e veicoli commerciali leggeri, piazzando il marchio al 27° posto. Ricordiamo poi, che la gran parte dei veicoli Fiat attualmente vendute in Russia sono fabbricati o assemblati nella Repubblica del Tatarstan, negli stabilimenti della Sollers, dove per il futuro si prevede invece la nuova produzione Sollers-Ford. Per questo motivo la Fiat ha deciso di presentare la domanda per partecipare al programma del decreto 166 che concede tariffe più basse su parti importate in cambio del raggiungimento degli obiettivi sui volumi di produzione dei veicoli a livello locale. Se il governo russo approverà il progetto, il Lingotto potrà contare su un'espansione di rilievo a livello internazionale e rafforzare la propria strategia di globalizzazione iniziata già a partire dagli anni novanta. Secondo il Boston Consulting Group, la Russia sarà il sesto mercato più grande di auto a livello mondiale entro il 2020, rispetto alla sua attuale posizione che è al decimo posto. Il rischio della decisione di Fiat di produrre in Russia, però, potrebbe essere quello di ottenere dei rendimenti inferiori rispetto ai rendimenti attesi, legati sia a motivi puramente economici o di domanda sia a motivi politici e da eventuali azioni intraprese dal governo ospite. Infatti pur condividendo il processo di internazionalizzazione intrapreso dal marchio che, ha nel giro di pochi anni aumentato la propria quota di produzione fuori dall'Europa, riteniamo che ciò sia avvenuto con costi finanziari eccessivi e guadagni inferiori al previsto. Bisognerà, quindi, attendere l’evoluzione di questo processo ed auspicare che la società torinese riesca ad affondare le proprie radici anche in Russia, poiché siamo convinti che ciò avrà ricadute positive anche sul sistema produttivo italiano.
(Fonte: www.automania.it - 26/2/2011)

domenica 27 febbraio 2011

India, alleanza Fiat-Tata a rischio?


Dall’India arrivano segnali di tempesta sui rapporti tra Fiat e Tata. C’è chi ipotizza, tra le sfere istituzionali, anche un clamoroso divorzio dopo cinque anni di collaborazione al di sotto delle attese. A concorrere all’acuirsi dei contrasti, per altro rimarcati di recente da Sergio Marchionne («Abbiamo dato loro il diritto di distribuire i veicoli e in alcune aree non sta funzionando»), ci sarebbe il sempre maggior peso, a Mumbai, di Carl-Peter Forster. L’ex capo di GM Europa (una vecchia conoscenza di Marchionne) sarebbe infatti il primo a remare contro. L’intesa, così come è stata architettata, a parere del tedesco si rivelerebbe troppo sbilanciata a favore degli italiani. «Forster - dicono fonti asiatiche - sta ridisegnando il gruppo, collocando uomini di sua fiducia nelle posizioni strategiche. E non ha mai nascosto che l’accordo con Fiat non gli piace». Il nuovo corso di Tata, inoltre, prevede la creazione di proprie filiali in Europa, la prima delle quali nel Regno Unito. E Ratan Tata? Il tycoon settantaduenne di Mumbai al vertice dell’impero, nonché consigliere di amministrazione della Fiat e amico stretto di Luca di Montezemolo e della Ferrari? Il presidente del gruppo omonimo, con interessi a 360 gradi nell’economia indiana, lascerà per raggiunti limiti di età alla fine del 2012. La corsa alla successione è già iniziata. Non avendo figli, tra i candidati al trono ci sarebbe Noel Tata, 53 anni, fratellastro di Ratan, ora a capo delle operazioni internazionali dell’azienda. Anche l’imminente rivoluzione ai vertici, insieme alle pressioni di Forster e al malcontento di Marchionne, starebbe concorrendo al deterioramento progressivo dell’alleanza. Dall’India sostengono anche che dietro l’acquisizione di Land Rover e Jaguar da parte di Tata, all’epoca dell’operazione c’era la mano di Fiat, interessata soprattutto ad avvalersi delle tecnologie di Land Rover nel campo dei fuoristrada. Il successivo colpo di Torino sulla Chrysler, avrebbe raffreddato l’attenzione italiana su Land Rover. Se Fiat dovesse rompere con Tata, potrebbe creare in India una struttura sul modello brasiliano, avendo già uno stabilimento. Il sito di Ranjangaon, che dà origine a Punto, Linea e ai motori Multijet, è condiviso al 50% con Tata. L’Asia, contando anche la Cina, è sempre più l’anello debole del Lingotto.
(Fonte: www.ilgiornale.it - 11/2/2011)

sabato 26 febbraio 2011

Chrysler: il nuovo claim "Imported from Detroit" sulla sede di Auburn Hills


Ha debuttato nello spot con Eminem mandato in onda durante l’ultimo Super Bowl e ora ha raggiunto il quartier generale Chrysler di Auburn Hills. Stiamo parlando della nuova tagline della casa americana: “Imported from Detroit”. Lo slogan, coniato per la nuova 200 - modello che darà i natali alla Lancia Flavia -, compare sul lato ovest dell’edificio insieme sotto al muso della nuova berlina. L’intento dietro le tre parole chiave, è quello, secondo Olivier François, di far passare il concetto che i clienti non devono più sentirsi costretti a guardare al di là dell’Oceano per una berlina media di prestigio.
(Fonte: www.autoblog.it - 18/2/2011)

venerdì 25 febbraio 2011

Fiat, a Ginevra debutta il marchio Air Technologies


La Fiat ha scelto il palcoscenico del Salone di Ginevra per presentare in anteprima mondiale il marchio Air Technologies destinato a raggruppare le nuove tecnologie volte a ridurre l'impatto ambientale, sia nelle auto attualmente in produzione sia in quelle che arriveranno nei prossimi anni sul mercato. Sotto questo nome saranno inseriti, quindi, i propulsori di ultima generazione, quali il Multijet, il Multiair e il TwinAir che ha esordito sulla Fiat 500 e che sarà successivamente esteso ad altri modelli. Ma "Air Technologies" abbraccerà in futuro anche tutte le innovazioni ed evoluzioni di Fiat Powertrain nel campo dei sistemi di propulsione alternativa e quelle che saranno destinate ad abbattere consumi ed emissioni nocive, nel rispetto dell'ambiente. Le tecnologie sono suddivise in aree tematiche, che spaziano dai motori alle alimentazioni alternative, dai sistemi di gestione del cambio e della trazione allo Start&Stop, alle soluzioni tecniche pensate per aumentare l'efficienza dinamica del veicolo. Una sezione speciale è dedicata al software eco:Drive che permette al guidatore di controllare e correggere il proprio comportamento di guida risparmiando carburante e diminuendo le emissioni di CO2.
(Fonte: www.quattroruote.it - 17/2/2011)

giovedì 24 febbraio 2011

Lavoro, le differenze tra contratto collettivo e aziendale


Tra i punti più controversi dell'accordo recentemente raggiunto tra la Fiat e i sindacati (esclusa la Fiom) per lo stabilimento di Mirafiori, c'è stata la decisione di adottare un contratto aziendale, specifico per la nuova azienda sorta dall'unione tra Fiat e Chrysler, anziché il contratto collettivo nazionale dei metalmeccanici. Ma cosa comporta questa differenza?
1. Il contratto collettivo nazionale è frutto di un accordo, a livello nazionale, tra i sindacati e l'associazione di categoria degli industriali, in un determinato settore (commercio, industria metalmeccanica, industria chimica, ecc.). Il suo scopo è quello di determinare il contenuto essenziale dei contratti individuali di lavoro nel settore, sia sotto l’aspetto economico (retribuzione, trattamenti di anzianità), che sotto quello normativo (disciplina dell’orario, qualifiche e mansioni, stabilità del rapporto, ecc.). Il suo vantaggio, per i lavoratori, è che l'azienda non può usare armi come l'abbassamento dei salari o altri peggioramenti delle condizioni di lavoro (orario, straordinari, ecc.) per essere più competitiva sul mercato. L'azienda stessa, d'altronde, ha il vantaggio di poter già contare su una cornice certa di regole di riferimento.
2. Il contratto aziendale è fatto su misura per l'azienda e per la realtà territoriale nella quale essa si colloca. Quindi risponde meglio alle esigenze specifiche del luogo e del momento. È possibile, ad esempio, aumentare la parte della retribuzione che varia col variare dei risultati, e così incentivare l'impegno dei lavoratori, rendendoli partecipi degli obiettivi dell'azienda. In generale, la contrattazione spostata a livello di territorio (ad esempio regionale) o di singola azienda, può servire alle aziende a rispondere in modo più rapido e flessibile alle sollecitazioni di mercati che sono sempre più globali. In altre parole,
ad essere più competitive.
3. La via di mezzo è la contrattazione di secondo livello, che normalmente integra il contratto collettivo nazionale di lavoro con ulteriori regole. Nota anche come contrattazione decentrata o integrativa, essa si distingue in contrattazione aziendale e contrattazione territoriale. Di solito è più vantaggiosa per i lavoratori, tanto che è in vigore, in via sperimentale, uno sgravio contributivo per le aziende, sulle erogazioni previste dai contratti di secondo livello.
(Fonte: www.intrage.it - 21/1/2011)

mercoledì 23 febbraio 2011

Fabbrica Italia Pomigliano, firmato l'accordo integrativo


Dopo una lunga trattativa è stato firmato l'accordo integrativo per la newco Fabbrica Italia Pomigliano che dovrebbe rilanciare lo stabilmento campano. L'intesa è stata raggiunta dalla Fiat con tutte le sigle sindacali, fatta eccezione per la Fiom che si è sempre dichiarata contraria e che, anche in questa occasione, ha assunto la posizione più dura. Il segretario Maurizio Landini, infatti, ha bollato il documento come "una farsa che viola la legge" e ha annunciato un ricorso giudiziario. Secondo quanto comunicato dal Lingotto, il 7 marzo partiranno le assunzioni nella newco. Otto lavoratori del "Giambattista Vico" dovranno contestualmente rassegnare le proprie dimissioni per poi firmare il nuovo contratto nella società Fabbrica Italiana Pomigliano. La stessa sorte toccherà poi agli addetti dell'Ergom che entreranno nella newco a partire dal prossimo aprile e dei quali si discuterà in un incontro separato in programma per l'11 marzo prossimo. L'accordo regola, tra l'altro, i parametri per la contrattazione di secondo livello e i premi di risultato. Ai lavoratori, che su base volontaria passeranno nella newco, sarà erogato anche il Tfr e saranno garantiti i livelli contributivi e il mantenimento degli scatti di anzianità. I lavori per la ristrutturazione dello stabilimento sono in fase di ultimazione.
(Fonte: www.quattroruote.it - 18/2/2011)

martedì 22 febbraio 2011

Il motore 1.3 Multijet prodotto in Polonia raggiunge 4 milioni di unità


Lo stabilimento Fiat Powertrain di Bielsko Biala, in Polonia, nei giorni scorsi ha festeggiato il raggiungimento di un record importante per il Lingotto. Il motore 1.3 16V Multijet, infatti, ha superato il traguardo di quattro milioni di unità prodotte dal 2003, anno in cui è iniziata la produzione di questa tecnologia, evoluzione del sistema common rail inventato dalla Fiat nel 1997. La vettura sulla quale sarà installato è una Fiat 500 destinata a un cliente francese. Tre livelli di potenza. Il propulsore è declinato in tre livelli di potenza: 75 CV, 85 CV e 95 CV, questi ultimi due con turbocompressore a geometria variabile. In tutte le versioni, il 1.3 16V Multijet promette consumi ridotti e consente intervalli di manutenzione molto lunghi. Dalla MiTo alla 500. Il Multijet è installato su numerose vetture della gamma, dalla Fiat Panda alla Punto, dalla Lancia Ypsilon al Fiat Qubo, dall'Alfa Romeo MiTo alla Fiat 500. Dal 2008 questo motore è prodotto anche nello stabilimento Fiat Powertrain di Ranjangaon in India.
(Fonte: www.quattroruote.it - 8/2/2011)

lunedì 21 febbraio 2011

Giugiaro: "Marchionne uomo di finanza, non di prodotto"


In occasione della presentazione del Master in Design, quest'oggi Giorgetto Giugiaro rivolgendosi alla stampa ha affermato che "Sergio Marchionne è un uomo di finanza, non è uomo di prodotto". Una dichiarazione che suona come una stoccata all'amministratore delegato di Fiat e Chrysler. L'auto - ha sottolineato il noto designer torinese - è un prodotto che si deve vendere e che deve più. conquistare, non è un gioco di finanza. Il gioco è quello di fare prodotti competitivi. Chi compra non è interessato a dove si produce, se è fatto in Cina, in India o in Polonia, guarda il contenuto e cosa offre". Sempre a proposito del gruppo Fiat, Giugiaro ha osservato che il Lingotto "sta cercando di riproporsi come grande gruppo. Ha avuto un attimo di defaillance, adesso sta cercando di ripartire con Chrysler. Ma non è più il gruppo di un tempo. È un po' più americano". Sugli obiettivi del piano Fabbrica Italia, Giugiaro ha dichiarato: "non metto in dubbio l'internazionalizzazione e il fatto che ci sia l'intenzione di arrivare a sei milioni di auto, ma bisogna arrivarci bene, in salute, con ottimi prodotti. La concorrenza è, infatti, incredibilmente tosta. Io faccio il tifo - ha comunque concluso Giugiaro - per questa grande industria italiana, anche se appartengono a un altro gruppo".
(Fonte: www.quattroruote.it - 19/2/2011)

domenica 20 febbraio 2011

Stefan Ketter, lo "zar" del World Class Manufacturing


E' il Marchionne-ombra, è il vero implementatore del World Class Manufacturing (WCM) all'interno del Lingotto, è il Cesare Romiti 2.0 che avrebbe voluto scaricare Pomigliano e che proprio a Pomigliano ha organizzato la "marcia dei quarantamila" aggiornata agli anni 2000. E' uno dei più strategici tra i "Marchionne Boys", Stefan Ketter, l'ingegnere tedesco- brasiliano che dal 2004 si occupa di riportare la qualità delle auto del Lingotto alla pari con quelle dei principali concorrenti imponendo il World Class Manufacturing, il post-fordismo che ha l'obiettivo di ridurre a zero gli sprechi e aumentare la produttività, e che è alla base del nuovo corso Fiat e dello stesso accordo di Mirafiori. Nato a San Paolo del Brasile nel 1959, Ketter si è laureato in Ingegneria meccanica all'Università tecnica di Monaco di Baviera e poi si è perfezionato in Business Administration nel tempio della tecnocrazia francese, l'Insead di Fontainebleau. Il primo incarico lo ottiene però in Baviera, alla BMW, con un lungo apprendistato (1986-1996) che lo porta dal ruolo di stagiaire a quello di capo della qualità. Nel 1996 Ketter è assunto all'Audi, poi dall'anno dopo è di nuovo in America latina, dove diventa capo della qualità per la divisione Sudamerica di un altro simbolo della Germania a difetti zero, Volkswagen. Nel 2002 assumerà lo stesso incarico per tutte le operazioni americane del colosso di Wolfsburg. Nel 2004 l'incontro con Sergio Marchionne, con la consacrazione a responsabile qualità di Fiat Auto. Nel frattempo, racconta un osservatore che conosce bene Hajime Yamashina, Marchionne è rimasto folgorato sulla via di Damasco dal guru giapponese della WCM, già divenuto consulente di diverse aziende anche in Italia (prima di tutte la Pirelli). Il ceo Fiat diventa buon amico, oltre che seguace, del guru, il quale non nasconde il suo profondo disprezzo per il modo di produrre latino e in particolare italiano. Yamashina è colpito da come, rispetto al passato, gli imprenditori italiani appaiano più interessati alla finanza che non al "good manufacturing", e si dice che la sua ruvidezza mista a insofferenza nei confronti di certi paradigmi italici sia passata per osmosi direttamente a Marchionne. I due però condividono anche l'attenzione al fattore umano, perché chi conosce le teorie di Yamashina sa che il valore aggiunto del guru è di aver reso un po' più umana (e più zen) la teoria del WCM, che esisteva già da tempo. Secondo Yamashina, infatti, al commitment della dirigenza fa da necessario pendant la responsabilizzazione e l'iniziativa dal basso (vecchio concetto nato dai circoli della qualità, i gruppi di operai "migliori" di Toyota che si proponevano come modello agli altri). Da qui derivano certi elementi indiscutibili della "pars construens" marchionnesca, quella che un tempo si definiva "socialdemocratica", e che si notano soprattutto nel "trattamento Pomigliano": a partire dall'approccio soft che nel 2007 l'ha portato a fare i famosi 60 giorni di formazione con interventi di Giovanni Soldini, dei fratelli Abbagnale, con i film di Kurosawa. La "pars destruens", quella fatta di meno umanismo e più cronometrismo, è rappresentata proprio da Stefan Ketter. Il quale nel 2006 viene nominato responsabile World Class Manufacturing per Fiat Group, una qualifica ufficiale che pochissimi gruppi hanno, soprattutto in Italia – fa notare un manager vicino al mondo Fiat – anche perché questo modello di cultura d'impresa non ha attecchito ovunque (non, per esempio, alla Pirelli e alla Indesit, dicono gli esperti). A Ketter manca, però, il lato giapponese o abruzzese comune ai "gemelli diversi" Yamashina e Marchionne. E' più un uomo di prodotto e ha grandi capacità organizzative. Sarebbe stato lui a entusiasmarsi per l'acquisizione di Chrysler – soprattutto in virtù dei dieci anni di matrimonio con Mercedes, dunque qualità e ricerca tedesca come alimenti preziosi di un divorzio di cui approfittare – ma soprattutto ha giocato un ruolo chiave a Pomigliano. Qui è evidente in particolare il romitismo di Ketter: prima, con la contrarietà a investire sullo stabilimento. La decisione di rimanere, riportando la produzione della Panda, sarebbe stata infatti presa da Marchionne proprio contro il parere del suo capo-qualità, che non scommetteva sul Giambattista Vico Plant, troppo scombinato. Poi, soprattutto con la gestione del referendum: una volta deciso (da Marchionne) di rimanere, è stato proprio Ketter a gestire il conflitto e a prendere la parola nell'aula grande del "Palazzo Qualità" (sic) di Pomigliano, dove assieme a 200 capireparto e al direttore della fabbrica Sebastiano Garofalo venne decisa la fiaccolata per il "Sì". Per Ketter, che a Detroit chiamano "manufacturing czar", si prospetta dunque un grande futuro nel gruppo Fiat. Eppure, attenzione a non cadere nel tranello del toto-delfino, suggerisce un sofisticato osservatore di cose marchionniane. Perché la categoria dei "bracci destri" bruciati sul tragitto Caselle-Detroit è ampia, e stare a contatto col ceo è più usurante che stare alla catena di montaggio con i nuovi crismi del WCM. Esce in questi giorni in libreria "Da zero a cinquecento", il racconto dei suoi anni in Fiat di Luca De Meo, già enfant prodige a capo dei marchi Lancia prima e poi Fiat. Era il più quotato dei bracci destri. E' uscito dal gruppo nel 2009.
(Fonte: www.ilfoglio.it - 15/1/2011)

sabato 19 febbraio 2011

Russia: Sollers interrompe le trattative con Fiat e prepara una partnership con Ford


La Fiat e la Sollers, uno dei più importanti costruttori russi di automobili, hanno interrotto le trattative. La nota diffusa congiuntamente quest'oggi mette così la parola fine sulla joint venture per la produzione di autovetture e Suv in Russia. Le due aziende - si apprende nel comunicato - "hanno deciso di seguire strategie indipendenti per sviluppare ulteriormente le rispettive presenze in Russia", concordando di chiudere le trattative in corso che avrebbero portato all'ampliamento delle attività. Secondo la lettera d'intenti firmata nel mese di febbraio dell'anno scorso, l'obiettivo della joint venture era quello di raggiungere una capacità produttiva di 500.000 veicoli l'anno entro il 2016. In Russia dovevano nascere nove nuovi modelli fra berline medie, medio-grandi e Suv. La notizia, però, è un'altra. Sempre oggi, la Sollers Auto ha ufficializzato l'intenzione di stabilire una nuova joint-venture con un altro partner, la Ford. La Ford Sollers, come viene definita l'alleanza nel protocollo d'intesa, costruirà e distribuirà automobili e veicoli commerciali leggeri sul territorio russo. I veicoli frutto dell'alleanza, che prevede la partecipazione paritetica di entrambe le parti, saranno prodotti nelle fabbriche di Vsevolozhsk, nella regione di San Pietroburgo, e della Repubblica del Tartarstan a partire - si prevede - alla fine dell'anno. "Siamo felici di questo passo avanti per Ford in Russia con il nostro potenziale partner Sollers", ha dichiarato Stephen Odell, presidente e Ceo di Ford Europa. "Questa è una grande opportunità e offrirà ai clienti Ford in Russia più prodotti e un servizio migliore". "Siamo ispirati dall'opportunità di lavorare con Ford", ha detto Vadim Shvetsov, direttore generale della Sollers. "Siamo fiduciosi che i nostri sforzi comuni per lo sviluppo di impianti di produzione, lancio di nuovi prodotti e la localizzazione dei componenti assicurerà il successo della nostra strategia e una posizione dominante alla futura joint venture sul mercato russo".
(Fonte: www.quattroruote.it - 18/2/2011)

venerdì 18 febbraio 2011

Sorprendente Ford: produce la Ka con Fiat e poi denuncia Ferrari per il nome della F150


La casa automobilistica Ford ha presentato denuncia a Detroit contro la Ferrari accusando la Maranello di aver copiato il nome di un suo pick-up di successo, l'F-150. per dare nome all'ultimo bolide di Formula 1, denominato F150. Nella denuncia presentata al tribunale di Detroi si legge che casa americana accusa la Ferrari di «violazione di marchi depositati, falsa denominazione e pirateria via internet». Ferrari ha creato il sito "www.ferrarif150.com" per promuove la nuova auto da corsa che ha fatto il suo debutto il 25 gennaio e che deve il suo nome e il suo look rinnovato, ai 150 anni di Unità d'Italia.
Le motivazioni della Ford - Per la Ford l'F-150 «è un marchio stabile e importante e il nome del suo modello di pick up più venduto nella serie F, il più venduto in America da 34 anni». Ma questo marchio, «duramente conquistato, è ora seriamente minacciato dall'adozione del nome F150. Quando la Ferrari ha annunciato il nome della sua vettura da corsa, Ford ha chiesto (a Maranello) di cambiarlo. Ferrari non ha risposto a questa richiesta in modo sufficientemente rapido, senza lasciare a Ford altra scelta che intraprendere un'azione legale per proteggere questo marchio importante». La Ferrari appartiene al gruppo Fiat, che negli Stati Uniti con il marchio Chrysler è diretto concorrente di Ford sul mercato automobilistico americano.
La difesa di Maranello: F150 non è un marchio commerciale - «Non si può confondere la monoposto del prossimo campionato di F.1 con un qualsiasi veicolo di tipo commerciale ovvero pensare che vi sia un legame ad altro marchio di veicolo stradale e risulta pertanto davvero difficile comprendere quanto espresso dalla Ford». Questo quanto scrive sul proprio sito web la Ferrari in merito al nome della nuova monoposto di Formula 1 rispondendo alla Ford che, da quanto rimbalza dagli Stati Uniti si sarebbe rivolta al tribunale di Detroit perchè il marchio del Cavallino avrebbe utilizzato il nome F150 al fine di «capitalizzare e sfruttare il nome del pick-up F150 del colosso statunitense». La Ford, infatti, ha fatto notare anche la somiglianza tra il logo del proprio veicolo e quello della monoposto di Maranello. La casa di Detroit oltre a un non meglio specificato risarcimento danni avrebbe chiesto al giudice di bloccare l'uso del marchio Ferrari negli Stati Uniti. La Ferrari, quindi, rende noto che è stata inviata una lettera di risposta alla Ford, sottolineando che la sigla F150 (utilizzato come abbreviativo della denominazione completa Ferrari F150th Italia, ndr) non è né mai sarà il nome di un prodotto commerciale - non ci sarà certo una produzione di serie della monoposto - ma, come sempre nella storia della Scuderia, rappresenta la nomenclatura di un progetto di una vettura da competizione ed è legata a un ordine cronologico, a motivazioni tecniche o, in casi eccezionali, a particolari ricorrenze». «Quest'anno è stato deciso di dedicarla ad un anniversario particolarmente significativo come il 150esimo dell'Unità di Italia, la cui importanza ha indotto il nostro Governo a proclamare, solo per quest'anno, una festività nazionale. Per questi motivi la Ferrari ritiene che non si possa confondere la propria monoposto del prossimo campionato di F1 con un qualsiasi veicolo di tipo commerciale ovvero pensare che vi sia un legame ad altro marchio di veicolo stradale e risulta pertanto davvero difficile comprendere quanto espresso dalla Ford. Detto questo, a ulteriore riprova della buona fede e della correttezza dell'operato della Ferrari, è stato deciso di eliminare e far eliminare in ogni sede la denominazione abbreviata e di utilizzare sempre quella completa di Ferrari F150th Italia».
(Fonte: www.ilsole24ore.com - 10/2/2011)

giovedì 17 febbraio 2011

Firmato l'accordo di rilancio per il dopo-Fiat a Termini Imerese


La riconversione dello stabilimento messo in vendita da Fiat a Termini Imerese è sempre più cosa fatta. Dopo mesi di incertezza in cui l'advisor del governo, Invitalia, ha analizzato le 31 manifestazioni di interesse pervenute, oggi il ministro dello Sviluppo Economico, Paolo Romani, il presidente della Provincia di Palermo, Giovanni Avanti, l'assessore della regione Sicilia, Marco Venturi, il sindaco di Termini Imerese, Salvatore Urrafato, il Consorzio Asi di Palermo e i rappresentanti di Fiat Invitalia hanno firmato l'intesa che apre la fase conclusiva del processo di valutazione e cessione della fabbrica, che da gennaio 2012 cesserà di produrre vetture Fiat. A partire da quella data è ormai quasi certo che verranno assemblate in Sicilia le auto di lusso di De Tomaso e le citycar elettriche di Simone Cimino. Niente DR quindi, perché l'offerta del costruttore molisano - l'unico che voleva acquisire l'intero stabilimento di Termini Imerese - è arrivata "fuori tempo massimo" rispetto alla chiusura della short list. L'intesa di oggi mette nero su bianco quanto già riportato ieri: a Termini Imerese si investirà, tra soldi pubblici e privati, un miliardo di euro e a trasferirsi nello stabilimento siciliano saranno sette aziende selezionate tra le 31 interessate all'acquisto. Nel dettaglio Gian Mario Rossignolo (a cui fa capo il marchio De Tomaso) rivelerà lo stabilimento; il Gruppo Cape (presideduto dal finanziere Simone Cimino e al 49% partecipato dalla Regione Sicilia) avrà la superficie dello stabilimento Magneti Marelli; la Ciccolella (florovivaistica), la Einstein multimedia (studi tv), la Biogen (stoccaggio biomasse per energia elettrica), la Lima Corporate (protesi ortopediche) e la Newcoop (gdo e logistica) si prenderanno invece gli spazi tra il porto e la zona industriale. Il via libera definitivo per il finanziamento dovrebbe arrivare entro la fine dell'anno e le aziende si sono impegnate oggi a concludere gli investimenti al più tardi in 36 mesi, quando dovranno essere impiegate 3.300 persone (di cui 1.500 saranno gli ex lavoratori Fiat).
(Fonte: www.omniauto.it - 16/2/2011)

mercoledì 16 febbraio 2011

Marchionne alla Camera: Fiat ha progetti ambiziosi per l'Italia e manterrà il cuore a Torino


L'amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne, è stato impegnato in un'audizione presso le Commissioni Attività produttive, commercio, turismo e trasporti, poste e telecomunicazioni riunite nella Sala del Mappamondo di Montecitorio. Marchionne, in un'inedita versione giacca e cravatta (d'obbligo per accedere alla Camera), ha iniziato il suo intervento ricordando il recente passato della Fiat, uscita da una crisi dovuta alla sua resistenza ai cambiamenti. Su Fiat si «è aperto un ampio e lungo dibattito; si è sentita molta politica, molta ideologia ma poca aderenza alla realtà e conoscenza dei fatti - ha esordito Marchionne - Il fatto di essere qui in Parlamento è la dimostrazione del rispetto per questo Paese e le istituzioni e la fiducia che abbiamo nel futuro dell'azienda e dell'Italia». «Nessuno può accusare la Fiat di comportamenti scorretti, di vivere alle spalle dello Stato o di voler abbandonare il Paese. Abbiamo progetti ambiziosi che partono dall'Italia», continua l'amministartore delegato di Fiat. Il motivo che ha spinto Fiat alle sue iniziative risiede nella «necessità di cambiamento, indispensabile elemento per sopravvivere e avere successo». Marchionne ha poi sottolineato che Fiat era un'azienda che nel 2004 perdeva 4 milioni al giorno compresi il weekend. Dobbiamo «garantire a Fiat di restare al passo con la realtà e il mercato e assicurare ad azienda e lavoratori prospettive solide», ha aggiunto.
Il fronte Fiat-Chrysler, alleanza culturale prima che di business - «Non è solo vero che la Fiat abbia salvato Chrysler, è vero anche il contrario», ha detto l'ad di Fiat, per il quale l'alleanza è determinante per il futuro della Fiat: «Le ha consentito di diventare un produttore completo, ampliando la gamma in un modo che la Fiat da sola non avrebbe potuto fare». Il futuro di Fiat e Chrysler, pertanto, è «legato a doppio filo. Entrambe avranno enormi benefici da questo legame. Entro il 2014 - ricorda - supereremo un milione di vetture prodotte». Marchionne ha sottolineato anche come l'alleanza Fiat-Chrysler sia «molto più profonda del mero business. è un'integrazione culturale basata su rispetto e unità, dove non c'è posto per nazionalismi e arroganza di chi vuole insegnare. Muove dalla volontà di imparare dall'altro. Si tratta di uno straordinario gruppo di persone che si ascoltano, sono due culture che si uniscono. E' questa la vera forza della nostra partnership».
«La Fiat ha il cuore in Italia, ma la testa in più posti» - «Stiamo lavorando al risanamento della Chrysler e per un aumento della quota Fiat. Speriamo che Chrysler sia quotata nel prossimo futuro. Quando ci saranno due entità legali quotate in due mercati diversi si porranno problemi di governance. La scelta della sede legale non è stata ancora presa e sarà condizionata da alcuni elementi di fondo», ha detto l'amministratore delegato della Fiat, sottolineando che saranno determinanti l'accesso ai mercati finanziari e un ambiente favorevole allo sviluppo del settore manifatturiero. «Se si realizzeranno questi obiettivi, il nostro Paese sarà adatto per la sede legale». Per le direzioni, invece, bisognerà avere una visione più ampia: «Se il cuore della Fiat sarà in Italia la testa - ha sottolineato Marchionne - dovrà essere in più posti: Torino, Stati Uniti, Brasile ma anche Asia». «Se si realizzeranno le condizioni» rispetto al progetto Fabbrica Italia, «allora il nostro Paese sarà in grado di mantenere la sede legale».
I conti e gli investimenti di Fiat - Fiat si aspetta un fatturato di «64 miliardi di euro» al 2014 e di «100 miliardi di euro con Chrysler»: per Marchionne il fatturato sarebbe «quasi il doppio di quello dell'anno scorso». Fiat, sul totale di 20 miliardi di euro di investimenti previsti per l'Italia, destinerà 4 miliardi a Fiat Industrial e 16 alla Spa, di cui «il 65% per Fiat Group Automobiles, il 15% per i marchi di lusso e il 20% per i motori e le attività della componentistica». «Nell'ambito degli investimenti previsti - ha aggiunto Marchionne - per Fiat Group Automobiles, i costi relativi alle attività di ricerca e sviluppo sono compresi tra i 3,5 e i 4 miliardi di euro». Il lancio della nuova Panda «avverrà entro la fine di quest'anno», mentre «il prossimo anno introdurremo sul mercato americano la versione elettrica della 500».
Nel 2011 il lancio di sette nuovi modelli - Nel corso dell'audizione Marchionne ha anche annunciato il lancio di sette nuovi modelli per il 2011. «Abbiamo presentato pochi modelli l'anno scorso per scelta strategica«, ha detto l'ad, sottolineando che questa decisione è stata presa per l'eccessiva debolezza del mercato. Dunque, «il lancio di nuovi modelli è stato riposizionato a partire dalla seconda metà del 2011: presenteremo sette modelli nuovi, una proposta anche troppo aggressiva per il mercato ancora basso». E proprio il 2011, ha continuato, sarà «l'anno in cui si avrà il picco più alto degli investimenti». L'ad del Lingotto ha precisato che «la componente più significativa degli investimenti» sarà destinata all'auto: «tra i veicoli commerciali ci saranno 34 nuovi modelli nel giro di cinque anni, due terzi dei nuovi modelli saranno prodotti da Fiat, mentre 13 da Chrysler». Saranno invece due i marchi globali: «Alfa Romeo e Jeep, e stiamo lavorando perché l'Alfa possa tornare sul mercato americano entro la fine del 2012».
A Cassino e a Melfi non c'è urgenza di intervenire - L'amministratore delegato di Fiat è poi tornato sul futuro degli stabilimenti Fiat di Cassino e Melfi. «Su Cassino e Melfi non c'è urgenza di intervenire perché hanno prodotti ben accolti dal mercato». Entro fine anno, ha aggiunto Marchionne, a Pomigliano si produrrà la nuova Panda. E a Termini Imerese «la Fiat è disponibile a collaborare ma solo se viene risolto il problema occupazionale e tutti i lavoratori riceveranno una lettera di assunzione da parte della nuova proprietà». Marchionne ha quindi aggiunto che «non abbiamo mai chiesto condizioni di lavoro cinesi o giapponesi, solo condizioni minime di competitività che sono quelle su cui dobbiamo confrontarci con i competitor europei. Gli accordi servono solo a far funzionare meglio la fabbrica, senza la rinuncia ad alcun diritto, lasciando inalterate le condizioni positive non solo del contratto nazionale ma anche degli accordi in Fiat».
«Non vogliamo lasciare l'Italia. Ma il paese deve migliorare in competitività» - «Fiat non ha nessuna intenzione di abbandonare l'Italia», ha ribadito Marchionne. «Fiat fa parte di questo Paese, rappresenta un pezzo della sua storia e vogliamo che rappresenti un pezzo importante del suo futuro». Ma da «un esame serio e lucido della situazione italiana» emerge che il nostro Paese «sconta da anni un forte deficit di competitività; in qualunque classifica sui posti dove aprire un'impresa l'Italia è indietro, mentre è nella top ten per i costi. Gli investimenti stranieri sono ridotti al minimo, molte aziende hanno chiuso, altre si sono trasferite all'estero». Per l'amministratore delegato di Fiat l'Italia ha una «cronica performance al di sotto della media europea e ha vissuto tre fasi recessive in dieci anni. La scarsa competitività dell'Italia rappresenta un grave handicap ed è una minaccia perché comprime redditi e salari». Fabbrica Italia «non era un atto dovuto» e per realizzare il progetto «non abbiamo mai chiesto sovvenzioni né aiuti di Stato per portarlo avanti. La verità - ha detto Marchionne - è che la Fiat è l'unica grande azienda che ha deciso di investire in questo paese in modo strutturale». «Il piano che abbiamo presentato è la nostra scommessa - ha aggiunto. È il nostro modo per dire che l'Italia non è un paese da abbandonare ma una sfida che si può vincere».
Il nodo dei contratti: «Siamo pronti ad aumentare i salari come in Germania» - «Se riusciamo a portare l'utilizzo degli impianti dall'attuale 40% all'80%, siamo pronti ad aumentare i salari portandoli ai livelli della Germania. E anche al passo successivo, come ho già detto, che è la partecipazione dei lavoratori agli utili dell'azienda», ha detto l'ad di Fiat, che ha sottolineato come negli accordi per Pomigliano e Mirafiori «non c'è nessuna clausola che penalizzi i lavoratori. Non abbiamo mai chiesto condizioni di lavoro cinesi o giapponesi. Abbiamo semplicemente chiesto di poter contare su condizioni minime e di competitività. Vengono mantenute inalterate - ha detto - tutte le condizioni positive che sono previste non solo dal nostro contratto collettivo, ma anche da tutti i trattamenti che la Fiat nel tempo ha riconosciuto alle proprie persone».
(Fonte: www.ilsole24ore.com - 15/2/2011)

martedì 15 febbraio 2011

Ecco la nuova gamma Lancia, protagonista annunciata del prossimo Salone di Ginevra


Al Salone di Ginevra troveremo i primi frutti dell'integrazione Lancia-Chrysler: la nuova Ypsilon, la nuova Thema, la nuova Flavia Concept, la nuova Flavia Cabrio Concept, il nuovo Grand Voyager e la nuova Delta.
La nuova Ypsilon viene proposta, per la prima volta, con la comodità delle cinque porte in soli 3,80 metri di lunghezza. La vettura sarà commercializzata a partire da giugno nei maggiori mercati europei e da settembre con marchio Chrysler in Gran Bretagna e Irlanda. Dalla nuova "mini-ammiraglia" Ypsilon all'ammiraglia "top", che diventa il paradigma della nuova Lancia: la nuova Thema. La vettura coniuga dimensioni, comfort e presenza su strada, caratteristiche tipicamente americane, con il lusso degli interni in pelle Poltrona Frau, il silenzio ovattato delle grandi Lancia e la cura dei dettagli che esprimono il meglio del "Made in Italy". Allo stesso modo la potenza americana del 3.6L da 292 CV trova completamento nel rispetto ambientale assicurato dal turbodiesel italiano 3.0L V6 (con potenze da 190 CV e 224 CV). Lancia Thema sarà in vendita a partire da ottobre in tutte le concessionarie europee. Spazio anche a Lancia Grand Voyager, l'MPV Chrysler dedicato a chi viaggia, che si arricchisce di nuovi contenuti per raccogliere il testimone dalla Lancia Phedra. Dalla fusione di idee e competenze tra Chrysler e Lancia nasce poi la Lancia Flavia Concept berlina e convertibile, che interpreta secondo gli stilemi del marchio italiano un'eventuale introduzione sul mercato europeo del modello Chrysler 200 a tempo di record (la produzione potrebbe partire in soli 6 mesi). Novità poi per Lancia Delta: una calandra inedita, coerente con il nuovo family feeling Lancia, e una nuova proposta di allestimenti e motorizzazioni (1.6 Multijet da 105 CV Euro 5).
(Fonte: www.jugo.it - 14/2/2011)

lunedì 14 febbraio 2011

600 milioni di euro in arrivo alla ex-Bertone di Grugliasco per la "baby-Quattroporte"


Due miliardi di investimenti nell'area torinese, l'arrivo della Maserati a Grugliasco e il no, almeno per il momento, alla produzione di un motore alla Powertrain di Mirafiori. Ecco, in sintesi le novità sul futuro degli insediamenti torinesi della Fiat emerse al termine dell'incontro di ieri mattina a Palazzo Chigi. Resta però senza risposta la domanda di fondo: la Fiat manterrà il quartier generale a Mirafiori? «Una questione che non è all'ordine del giorno», aveva risposto nei giorni scorsi Marchionne in U.S.A. . La stessa risposta che ha dato ieri a Berlusconi, Letta, Sacconi e Romani e ai vertici degli enti locali torinesi. In sostanza se ne parlerà tra qualche anno. «In un mondo in cui la sovracapacità produttiva è di 30 milioni di auto - ha osservato prudente Chiamparino - gli impegni anche solenni rischiano di essere smentiti. Bisogna lavorare giorno per giorno». Per Torino i fatti nuovi delle ultime ore sono due: l'investimento da 600 milioni alla ex Bertone di Grugliasco (che si aggiunge al miliardo e trecento milioni già annunciati per Mirafiori) e l'annuncio dell'acquisto del 50 per cento di VM, l'azienda ferrarese che produce motori di grande cilindrata. La prima è certamente una buona notizia, la seconda potrebbe essere negati'avvio della produzione della Maserati nella fabbrica di corso Allamano. Una produzione di alta qualità che sembra rassicurare, almeno nel medio periodo, sul futuro produttivo dell'insediamento torinese. Il progetto del trasferimento di Maserati aveva suscitato proteste nei mesi scorsi a Modena, storica sede del Tridente. Ma, a parziale rassicurazione degli emiliani, la vettura destinata a Grugliasco sarebbe aggiuntiva rispetto a quelle prodotte a Modena. L´arrivo di una produzione Maserati sarebbe dovuto alle particolari caratteristiche dello stabilimento di Grugliasco che, parola di Marchionne, ha «una delle verniciature più moderne d'Europa». Quasi contemporaneo all'indiscrezione sul Tridente è l'annuncio dell'acquisto del 50 per cento di VM, l'azienda ferrarese per la produzione dei motori di grande cilindrata. I propulsori ideali per i Suv con marchio Alfa che dovranno essere realizzati a Mirafiori. VM già equipaggiava il marchio del Biscione negli anni scorsi. Una scelta in continuità dunque. Ma anche la conferma che il Lingotto non intende, per il momento, utilizzare le linee delle ex Meccaniche di via Settembrini per produrre un motore e chiudere così la filiera produttiva delle auto nell'area torinese. La commessa sfumata e finita a VM era interessante: almeno 150 mila dei 250 mila Suv che usciranno dalle Carrozzerie a metà del 2012 saranno con il marchio Alfa e il motore italiano. Per ora dunque in corso Settembrini proseguirà l'attuale produzione di cambi, in attesa di tempi migliori. E' rimasta senza risposta, com'era prevedibile, la domanda cruciale per il futuro di Torino, quella sulla permanenza a Mirafiori del quartier generale della Fiat. Sul punto, che in teoria avrebbe dovuto essere al primo posto nell'ordine del giorno della riunione di ieri, Marchionne e John Elkann non hanno fornito risposte. In realtà la questione diventerà di attualità tra un anno quando, conquistato il 51 per cento di Chrysler e quotata in borsa la casa di Detroit, i vertici del Lingotto si porranno concretamente il problema della fusione tra i due gruppi.
(Fonte: www.repubblica.it - 13/2/2011)

domenica 13 febbraio 2011

Marchionne ed Elkann confermano al governo gli investimenti e la sede in Italia


La Fiat conferma il progetto Fabbrica Italia e il pacchetto da 20 miliardi di investimenti. E il governo incassa le assicurazioni fornite a palazzo Chigi dal vertice della Fiat, convocato dopo le battute di Marchionne sull'ipotesi di trasferimento della sede di Fiat-Chrysler negli Stati Uniti poi rientrate dallo stesso Marchionne che ha precisato che si tratta di una questione che si porrà non prima del 2014. "Le polemiche sono chiuse". E' lapidario il ministro per lo sviluppo economico Paolo Romani. L'italianità della Fiat non è in discussione. Il governo prende atto "favorevolmente" delle assicurazioni fornite dalla Fiat al vertice odierno a Palazzo Chigi. John Elkann e Sergio Marchionne hanno confermato al premier Silvio Berlusconi la volontà del Lingotto di perseguire lo sviluppo di un gruppo multinazionale italiano con l'obiettivo di aumentare la produzione di auto da 650 mila a 1,4 milioni nel 2014 (1,65 milioni comprendendo anche i veicoli commerciali) sostenuto da un piano di investimenti da 20 miliardi di euro. La Fiat è un grande gruppo che ha l'obiettivo di arrivare a 6 milioni di auto e l'incontro di oggi chiesto dall'esecutivo ha confermato che "l'Italia è il cuore e il punto di partenza per il mondo intero". Il vertice scaccia lo spettro di una Fiat a stelle strisce, cannibalizzata da Chrysler. La questione della governance "non è un problema di oggi e neanche di domani - ha detto Romani - e forse lo sarà dopodomani". Il governo non sembra affascinato dal tema della sede legale. L'esecutivo è interessato al fatto che la Fiat consideri strategica l'Italia. "Tra ricavi diretti e indotto il settore automotive vale il 10% del PIL per il nostro paese" ha sottolineato Romani indicando che nel corso delle due ore del vertice non si è parlato di Chrysler e tantomeno del timing per la salita di Fiat al 51% nella casa di Auburn Hills. "Gli investimenti sono partiti - ha sottolineato Romani - 1,3 miliardi per Mirafiori, 700 milioni per Pomigliano, 500 milioni per Bertone oltre all'acquisizione di VM Motori". L'espansione inevitabile all'estero non avrà dunque ripercussioni negative sull'Italia. "Fiat sta investendo in Serbia 1 miliardo di euro per produrre 2-300 mila auto - ha rilevato Romani - senza nulla togliere alla produzione italiana". Per il governo oggi quello che contava era "la conferma del piano di investimenti" di un gruppo che sarà una multinazionale con cuore e radicamento italiani. Ma il piano della Fiat sull'Italia, la realizzazione piena del progetto Fabbrica Italia è legata indissolubilmente al tema della ottimizzazione degli impianti. "La qustione rilevante è avere relazioni industriali costruttive", ha sottolineato il ministro del lavoro Maurizio Sacconi. "Il futuro della Fiat, il suo radicamento in Italia - ha aggiunto - sono condizionati alla governabilità degli stabilimenti". Non è questione di incidenza del costo lavoro che nell'auto è al 7%. "E' una stronzata - ha detto Sacconi - per dirla in inglese. Infatti, bisogna stabilire come quel 7% può generare un ritorno a seconda del grado di utilizzazione degli impianti". E' per questo che "le relazioni industriali sono decisive". Relazioni positive tra azienda e sindacati sono condizione essenziale per la Fiat che incassa il sostegno del governo e degli enti locali piemontesi presenti all'incontro. Questo significa che dopo Pomigliano e Mirafiori si apriranno le vertenze per Cassino e Melfi? Sacconi riferisce che dal vertice non sono uscite indicazioni precise sui tempi. "Dipende dal progressivo lancio dei modelli sui quali la Fiat giustamente intende mantenere una certa riservatezza per non dare indicazioni ai competitor". A mano a mano dunque si porrà la questione degli altri stabilimenti Fiat in Italia. Lo stesso Marchionne anche recentemente era stato piuttosto vago su Cassino e Melfi. L'ad della Fiat il mese scorso aveva indicato che il nuovo modello di Pomigliano e Mirafiori sarà trasferito anche a Cassino e Melfi, ma alla conference call con gli analisti non ha indicato tempi. Forse dopo le aspre vertenze di Pomigliano e Mirafiori, c'è necessità di far decantare un po' la situazione, c'è poi l'andamento del mercato in Italia e in Europa che ancora non mostra segnali di inversione di tendenza. "Ogni impianto presenta una sua specificità - ha aggiunto Sacconi - ma in ogni realtà produttiva dovrà essere risolta l'esigenza della piena utilizzazione degli stabilimenti". La questione Fiat in sostanza torna all'origine, quando Marchionne ha presentato il piano al 2014 nell'aprile scorso. Investimenti per 20 miliardi in Italia subordinati a una serie di condizioni per far salire l'utilizzazione degli impianti (come i 18 turni settimanali). D'altra parte i 5 impianti Fiat nella penisola producono quanto lo stabilimento in Brasile e solo Mirafiori e Melfi presentano un livello di utilizzazione che supera il 60%, ben inferiore al 93% dell'impianto Fiat in Polonia. La questione dell'italianità resta legata all'ottimizzazione degli impianti piuttosto che alla governance e alla sede legale.
(Fonte: www.asca.it - 12/2/2011)

sabato 12 febbraio 2011

E' ufficiale: Fiat Powertrain ha acquisito il 50% di VM Motori da Penske


Con un comunicato diffuso oggi, la Fiat annuncia che la sua divisione Powertrain ha rilevato dalla Penske il 50% della VM Motori di Cento. Un'accordo che, precisa la casa torinese, deve ancora ricevere l'approvazione delle autorità antitrust e porterà la VM ad essere controllata sia dalla Fiat Powertrain, sia dalla General Motors che, dal 2007, ne detiene il restante 50%. Un'operazione che conferma le indiscrezioni sul motore V6 turbodiesel che troveremo sotto il cofano di diversi modelli del gruppo Fiat-Chrysler: sarà proprio quello della VM. Nome di progetto A630 Dohc, è un 3.0 a sei cilindri a V di 60° dotato di turbo, 4 valvole per cilindro, iniezione common-rail con iniettori piezoelettrici che lavorano a una pressione di 2.000 bar. La VM dichiara che è in grado di fornire una potenza massima di 250 CV a 4.000 giri e 550 Nm di coppia a 2.000 giri. Omologato per rispettare la normativa antinquinamento Euro 5, pesa 220 kg e può essere montato sia trasversalmente che longitudinalmente, quindi su auto a trazione anteriore, posteriore o integrale. Destinato ad equipaggiare i modelli più prestigiosi del gruppo Fiat-Chrysler, il 3.0 V6 turbodiesel della VM troverà posto sotto il cofano della Jeep Grand Cherokee e della Lancia Thema (versione europea della Chrysler 300 C). Inoltre, è facile ipotizzare una sua applicazione anche per la suv Alfa Romeo che sarà costruita a Mirafiori, per la Giulia, l'erede dell'Alfa 159 che debutterà nel 2012 e delle nuove berline Maserati.
(Fonte: www.alvolante.it - 11/2/2011)

venerdì 11 febbraio 2011

Quattro poli nel futuro di Fiat-Chrysler: Torino, Detroit, Betim e Changsha


Torino per l'Europa, con Polonia, Serbia, Turchia e Russia; la Detroit di Chrysler per il mercato del Nord Europa, con Canada e Messico; Betim in Brasile per il Sud America, con l'Argentina; la sede di Pechino e lo stabilimento che sta nascendo in Cina a Changsha per l'Asia, con l'India. Sono i quattro nodi strategici su cui potrebbe essere articolata la presenza di Fiat nel mondo, in futuro, dopo una integrazione con la statunitense Chrysler.
Il Lingotto al centro dell’Europa - E' Torino il naturale punto di riferimento per le attività di Fiat in Europa. Dove la produzione di auto è negli stabilimenti italiani di Mirafiori, Cassino, Melfi, Pomigliano e Val di Sangro in jv con PSA (con Termini Imerese destinato a fermare l'attività a fine 2011); Tychy in Polonia; lo stabilimento Tofas a Bursa in Turchia (jv con Koc); mentre in Serbia si lavora alla realizzazione dello stabilimento di Kragujevac (jv con il governo serbo). E' in questo scenario che si colloca anche la joint venture in Russia prevista da una lettera di intenti con Sollers. Fiat nel suo complesso, (con Fiat Group Automobiles, Maserati e Ferrari per la produzione di auto e Fiat Powertrain, Magneti Marelli, Teksid e Comau per componenti e sistemi di produzione) dopo lo scorporo di Fiat Industrial ha (dati a fine 2009) in Italia 48 stabilimenti ed il 48% dei 130mila dipendenti del gruppo mentre negli altri Paesi europei conta 32 stabilimenti ed il 17,8% dei dipendenti.
Detroit capitale per U.S.A., Canada e Messico - Guardando ad una integrazione con Chrysler saranno gli stabilimenti della casa americana, con il suo quartier generale di Auburn Hills, il punto di forza nell'area. Dove Chrysler ha 53mila dipendenti, e produce auto negli Stati Uniti a Detroit nel Michigan, Toledo nell'Ohio, Belvidere nell'Illinois; Brampton e Windsor in Canada; Toluca in Messico. Fiat ha oggi nel Nord America cinque impianti per componenti, e l'1,1% dei dipendenti.
Betim per il Sudamerica - E' lo stabilimento di Betim il punto di forza di Fiat in Sud America, in Brasile, dove dal 2013 sarà operativo anche il nuovo stabilimento di Pernambuco. Nell'area anche lo stabilimento di Cordoba in Argentina. Complessivamente, con la componentistica, Fiat ha nell'area Mercosur 19 stabilimenti ed il 27,9% dei dipendenti.
Changsha cuore produttivo per l’Asia - Lo stabilimento cinese di Changsha, che entrerà in attività nel 2012 in jv con il cinese Guangzhou Automobile Group, sarà il punto di riferimento forte sul mercato dell'Asia. Il fulcro sarà dunque la Cina, e probabilmente la sede di Pechino. Mentre nell'area ha un ruolo forte anche l'India con lo stabilimento in jv con Tata a Ranjangaon. Fiat ha complessivamente in Asia il 5,2% dei dipendenti e 16 stabilimenti.
(Fonte: www.voce.com.ve - 8/2/2011)

giovedì 10 febbraio 2011

Il trasloco di Fiat a Detroit costerebbe 4 miliardi. L'auto vale il 10% del PIL italiano


Lo spostamento negli Stati Uniti della società che sorgerebbe dalla fusione tra Fiat S.p.A. e Chrysler potrebbe avere un costo molto elevato non solo per il sistema Paese Italia, il Fisco, la città di Torino e i lavoratori dell'azienda automobilistica piemontese, ma anche per lo stesso Lingotto, che potrebbe arrivare a dover spendere svariati miliardi per potersi assicurare il via libera all'operazione. Il motivo, si legge in un articolo di MF, risiede nell'articolo del codice civile che regola il diritto di recesso nelle società per azioni. Il 3° comma si occupa proprio del trasferimento all'estero della sede sociale spiegando che, qualora un'azienda decidesse di portare oltre confine la propria sede, "i soci che non hanno concorso alle deliberazione, hanno diritto di recedere". Ciò significa che ogni azionista Fiat S.p.A. potrebbe decidere di rifiutare la decisione del cda di trasferire a Detroit la sede della nuova Fiat-Chrysler, costringendo la società a rilevare le proprie azioni. Insomma anche Sergio Marchionne, a.d. di Fiat, ha davanti una strada in salita. Per questo il governo non sarà totalmente inerme nell'incontro che si svolgerà sabato 12 a Palazzo Chigi tra il manager italo-canadese, il primo ministro Silvio Berlusconi, il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, e il ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani. Ieri quest'ultimo, parlando al Tg3, ha anticipato che il governo chiederà alla Fiat di tenere "la testa e il cuore nel nostro Paese", anche perché, ha aggiunto Romani, "il settore automobilistico diretto e indotto rappresenta in Italia il 10% del Pil nazionale e quindi è per noi un pilastro fondamentale". Il ministro ha infine spiegato che il governo intende chiedere alla Fiat di continuare a investire nel Paese con il progetto Fabbrica Italia e di mantenere nel Paese la progettualità della strategia industriale.
(Fonte: www.borsaitaliana.it - 8/2/2011)

mercoledì 9 febbraio 2011

Giugiaro: "Fiat negli U.S.A.? Sarebbe la sua tomba"


Il trasferimento oltreoceano della testa della Fiat "sarebbe un colpo molto grave per il sistema dell'automotive torinese". Non è tanto per spirito di parte che il designer Giorgetto Giugiaro, ultimo recente acquisto della scuderia Volkswagen, critica l'ipotesi di traslocare a Detroit la testa della nuova società unica che sta sognando Marchionne. Una società di fusione tra Chrysler e Fiat che avrebbe il quartier generale oltreoceano: "Parlo da italiano che dà lavoro a italiani per un gruppo straniero: con quel trasferimento - dice Giugiaro - nulla sarebbe più come prima".
Ingegner Giugiaro, partiamo dalla sua esperienza: come si lavora lontano dal quartier generale di un gruppo?
"Ormai è molti anni che mi trovo in questa condizione. Da quando sono finite le commesse della Fiat, perché con l'arrivo di Marchionne si è scelto di utilizzare le risorse interne e non di dare ai carrozzieri la commessa per progettare un nuovo modello. Lavorando con gli stranieri si capisce bene come sta cambiando il mondo dell'automotive. Mi è capitato di lavorare non solo con i costruttori europei, ma anche con quelli cinesi e devo dire che il quadro si è modificato rapidamente".
Quali sono i cambiamenti principali?
"L'irrompere dei mercati asiatici sta cambiando anche il modo di pensare e produrre l'automobile. Nel 1973 feci un viaggio in Corea. Tra le tante visitai anche una fabbrica di automobili. Era una piccola azienda, stava in un capannone che non era più grande della Bertone. Si chiamava Hyundai. Oggi fa paura ai principali produttori mondiali".
Che cosa cambia questo per l'automotive torinese?
"Significa che bisogna sapersi adattare molto in fretta. Soprattutto nel design automobilistico. E' vero che siamo stati i primi al mondo in questo settore, ma per continuare a rimanere al vertice bisogna investire molto".
Per questo è importante la presenza di un produttore come Fiat nel Torinese?
"E' importante se quel produttore non segue logiche puramente finanziarie, non tira al risparmio, come purtroppo mi sembra sia accaduto anche nel recente passato. E' questo atteggiamento che rischia di impoverire le industrie di un territorio e potrebbe farci perdere posizioni nel mondo. Marchionne ha tante qualità, ma ha l'animo e la formazione di un finanziere, non di un produttore. Quando Volkswagen mi chiese di disegnare quella che poi sarebbe diventata la Golf, in Germania consideravano il design di Fiat all'avanguardia. Avevano preso una 128, l'avevano smontata pezzo per pezzo e poi mi avevano detto: 'Noi non le chiediamo di raggiungere questi livelli. Ci accontentiamo di un'automobile che possa essere considerata l'erede del Maggiolino'. Come vede, di acqua ne è passata sotto i ponti".
Che cosa significa investire su un prodotto nuovo?
"Significa tenere presenti le diverse esigenze e le diverse sensibilità del pubblico. Se porto in Europa auto disegnate negli U.S.A. e solamente ritoccate per il gusto europeo, difficilmente avrò successo. L'Italia non è gli U.S.A.".
Ma l'Italia non è nemmeno la Germania. Eppure lei disegna per i tedeschi...
"Perché sono i tedeschi che apprezzano il nostro design, e da lungo tempo. Come apprezzano un certo stile italiano. Lo stile Alfa, ad esempio".
Lei qui è di parte. E' noto che da mesi la Volkswagen fa il filo all'Alfa. Ma Marchionne ha detto che non la vende...
"E allora, da italiano, mi auguro che la rilanci investendo molti soldi. Certo con il passaggio alla Volkswagen e le possibilità di motorizzazioni che offre un grande gruppo come quello tedesco, il rilancio dell'Alfa sarebbe immediato".
Come valuta l'ipotesi dell'arrivo a Torino di un altro produttore accanto alla Fiat?
"Un produttore delle dimensioni della Fiat qui? Non credo che sia possibile, è un'eventualità che considero poco realistica. Certo, se la testa della Fiat andasse via, tutto sarebbe molto più difficile da queste parti. Perché senza un produttore di un certo peso tutto l'indotto, che a Torino è fatto anche di molte società che operano nel campo della progettazione, finirebbe prima o poi per entrare in crisi".
Il trasloco è un rischio reale?
"Non so. Credo che se avvenisse finirebbe per coincidere, in realtà, con la morte della stessa Fiat. Marchionne l'avrebbe salvata cinque anni fa per poi seppellirla. Spero che la storia non si concluda in quel modo".
(Fonte: www.repubblica.it - 7/2/2011)

martedì 8 febbraio 2011

Luciano Gallino: con la sede di Fiat-Chrysler negli U.S.A. l'Italia finirebbe "tra le potenze industriali di serie C"


L'amministratore delegato Sergio Marchionne ha annunciato che il gruppo Fiat-Chrysler, una volta che fosse interamente unificato, potrebbe stabilire la propria sede legale negli Stati Uniti. Sarebbe un fatto senza precedenti. Non si ricorda infatti un altro grande costruttore, di quelli che hanno fatto la storia dell'automobile, che abbia delocalizzato non solo il proprio braccio produttivo, ma anche la propria testa, gli enti che decidono e guidano tutto il resto di un grande gruppo nel mondo. Toyota e Volkswagen, Citroen e Renault, General Motors e Ford producono milioni di auto in paesi terzi, ma il quartiere generale, il cuore della ricerca e sviluppo, il controllo gestionale e finanziario restano ben saldi nel paese d'origine. Sarebbe un grave smacco per Torino, per il Piemonte e per tutto il Paese se Fiat cambiasse nazionalità. L'Italia resterebbe con una sola grande industria manifatturiera, la Finmeccanica, che per il 40 per cento produce armamenti, non esattamente il tipo di produzione di cui un paese possa andare fiero, anche se permette di realizzare buoni utili. Questo in un momento in cui l'industria automobilistica è dinanzi a sfide, tipo la mobilità sostenibile, che potrebbero cambiare profondamente la sua struttura produttiva ed i rapporti con altri settori che cominciano seriamente a occuparsi di uno dei maggiori temi da affrontare per evitare il suicidio delle città causa collasso del traffico. Inutile illudersi in merito a ciò che resterebbe a Torino, nel caso che la testa di Fiat Auto se ne vada a Auburn Hills o a Detroit. Il Centro Ricerche Fiat, da cui sono uscite alcune delle più importanti innovazioni degli ultimi anni, in specie, nel campo dei motori, sarebbe prima o poi destinato a seguirla, insieme con i designer, i tecnici che progettano i sistemi base di un'auto, gli esperti di autoelettronica. Quanto ai fornitori di componenti, potranno sperare di trovare nuovi clienti tra i grandi gruppi europei ed extraeuropei che continueranno a costruire milioni di auto in ambito Unione Europea gestendo con mano sicura la produzione dalle loro sedi nazionali. È un esercizio sgradevole a farsi, ma dinanzi a un evento che potrebbe segnare definitivamente la discesa dell'Italia tra le potenze industriali di serie C, bisogna pure chiedersi chi sono e dove stanno i responsabili della eventuale migrazione di Fiat Auto negli Stati Uniti. Non è nemmeno un'impresa facile, perché se uno immagina di metterli materialmente fianco a fianco per affrontare tutti insieme una approfondita discussione sul caso Fiat, non basterebbe ormai un palasport. Forse per deferenza nei confronti delle grandi figure del passato, come Giovanni e Gianni Agnelli, finora se n'è parlato poco, ma sembra evidente che la fuga della Fiat dall'Italia debba non poco alla famiglia proprietaria. Che all'auto deve tutto, ma che da una decina d'anni mostra chiaramente di considerare la produzione di auto come una palla al piede. Altrimenti non si spiegherebbero i modesti investimenti in ricerca e sviluppo che sono calcolati per addetto, la metà di quelli della Volkswagen; il mancato rinnovo di stabilimenti che sono ormai i più vecchi d'Europa, e il lasciare passare di mano il maggiore designer del continente, Giugiaro, senza alzare letteralmente un dito. Accanto alla famiglia, sugli spalti del palasport dei responsabili della fuga Fiat dovrebbero esserci gli innumerevoli politici, sindacalisti, sindaci, economisti, commentatori tv che hanno salutato i piani del genere «prendere o lasciare» di Marchionne come folgoranti salti nella modernità delle relazioni industriali. Mentre si rivelano ora un goffo tentativo per recuperare sul fronte strettissimo delle condizioni di lavoro quello che si è perso sulla strada maestra dei nuovi modelli, del rinnovo radicale degli impianti, della ricerca e sviluppo. Ad onta della suddetta folla, un po' di spazio sugli spalti dei responsabili della fuga Fiat si dovrebbe ancora trovare per gli esponenti del governo che nel corso degli anni, non solo negli ultimi mesi, hanno dato prova di una inettitudine totale nel concepire e attuare una politica industriale che coinvolga l'auto ma non si limiti ad essa. Come hanno saputo fare sia i maggiori paesi UE, sia perfino alcuni dei più piccoli. Se la Fiat diventa americana, ossia se è destinata a operare come il distributore di auto Chrysler in Italia, il problema da affrontare subito è il destino di Mirafiori e delle migliaia di posti di lavoro che vi ruotano attorno. Certo, è sempre meglio montare delle Jeep i cui pezzi principali (la piattaforma e il motore) sono costruiti in America che restare disoccupati. Ma Torino e l'Italia meritano sicuramente di meglio. Farebbe bene sperare, o quantomeno ridurrebbe il tasso collettivo di pessimismo attorno al destino dei lavoratori Fiat, se nel palasport dei responsabili della migrazione all'estero di questa grande azienda qualcuno provasse ancora a fare un tentativo per uscire da questo vicolo cieco prima di dover sottoscrivere la resa definitiva.
(Fonte: www.repubblica.it - 6/2/2011)

lunedì 7 febbraio 2011

Il motore TwinAir premiato in Germania: suo il trofeo "Paul Pietsch"


Nuovo riconoscimento per il motore Twin Air che si è accaparrato il premio assegnato dal "Die Besten Autos 2011" - concorso organizzato dalla rivista tedesca Auto Motor und Sport con la partecipazione attiva dei lettori, che con il loro giudizio scelgono i vincitori delle varie categorie - quello intitolato a Paul Pietsch (ex pilota, giornalista ed editore) per lo sviluppo tecnologico. A ritirare il premio durante una manifestazione che si è svolta a Stoccarda, è stato Aldo Marangoni, Product Engineering Vice President di Fiat Powertrain. TwinAir è un innovativo motore sviluppato da Fiat Powertrain. Ha debuttato nel 2010 sull'icona delle utilitarie, la Fiat 500, e grazie a consumi ed emissioni ridotti contribuisce attivamente alla tutela dell'ambiente, permettendo a Fiat di ottenere un importante risultato: essere il marchio con i livelli di CO2 più bassi in assoluto tra i costruttori "full-liner" (123,5 g/km, secondo gli ultimi dati di Jato Dynamics) pur mantenendo elevato il piacere della guida. Infatti, il piccolo propulsore a benzina di 875 cc, eroga grazie al turbo 85 cv (63 kW) e consuma 4,1 litri di carburante ogni cento chilometri, con soltanto 95 grammi di CO2 emessi ogni chilometro.
(Fonte: www.repubblica.it - 30/1/2011)

domenica 6 febbraio 2011

Fiat ha già la liquidità per acquisire il 51% di Chrysler?


INDISCREZIONI CREDIBILI - La Fiat avrebbe oggi la liquidità necessaria per acquisire il 51% della Chrysler e quindi il controllo completo del gruppo americano. Lo si evince dai bilanci della società svelati nei giorni scorsi: la casa italiana ha comunicato di avere una liquidità di 15,9 miliardi di euro, il 28% in più rispetto al 2009. Un valore che, secondo gli analisti finanziari, permetterebbe al gruppo torinese di acquisire il restante 16% delle azioni Chrysler, il cui valore viene stimato tra i 660 milioni di euro e 1,2 miliardi.
PRIMA DEL RITORNO IN BORSA? - Il problema è che la Fiat ha un'opzione per salire al 51% solo dopo che la Chrysler avrà rimborsato i prestiti del governo americano e canadese che detengono rispettivamente il 9,2 e 2,3% dell'azionariato del gruppo americano. Un'opzione che Sergio Marchionne ha più volte detto di poter esercitare solo quando il gruppo U.S.A. tornerà ad essere quotato sui mercati finanziari.
SI PUNTA AL 35% - Già ad inizio mese, quando la Fiat ha acquisito un ulteriore 5% delle partecipazioni in Chrysler, raggiungendo quota 25%, era emerso che il gruppo torinese potrebbe salire al 35% già nel corso del 2011con il raggiungimento di altri due “target” prefissati con il governo americano per Chrysler (leggi qui per saperne di più). Il primo si riferisce all'aumento dei ricavi e delle vendite al di fuori dell'area NAFTA (U.S.A., Canada e Mexico). Il secondo riguarda la produzione negli Stati Uniti di un'auto basata su una piattaforma Fiat in grado di percorrere in media 40 miglia per gallone, l'equivalente di circa 17 km/l.
(Fonte: www.alvolante.it - 28/1/2011)

sabato 5 febbraio 2011

Marchionne: nel 2011 Fiat e Chrysler produrranno oltre 4 milioni di auto


Nel 2011 Fiat e Chrysler produrranno oltre 4 milioni di vetture e veicoli commerciali leggeri e dovrebbero registrare un utile netto complessivo fra i 500 e i 700 milioni di euro, solo 300 dei quali addebitabili al Lingotto. Lo ha confermato l'amministratore delegato di Fiat e Chrysler, Sergio Marchionne presentando a Detroit i dati del bilancio 2010 del gigante di Auburn Hills. La Chrysler l'anno scorso ha registrato un passivo di circa 650 milioni di dollari (contro l'attivo di 222 milioni di Fiat) ma considerando che ha pagato quasi 1,3 miliardi di interessi ai governi americano e canadese per i 7 miliardi di prestiti ottenuti nel 2009 si può affermare che la Chrysler - entrata nell'orbita Fiat nel giugno 2009 su decisione del presidente U.S.A. Barack Obama - sia ormai risanata. Il margine sui prodotti venduti ha superato quota 8%, molto di più del previsto. «Abbiamo raggiunto risultati molto superiori alle attese - ha detto Marchionne - E abbiamo mantenuto la promessa di presentare oltre 12 modelli nuovi o ristilizzati per il mercato americano entro il 2010». In appena 18 mesi Marchionne, coadiuvato da un gruppetto di ingegneri e collaboratori italiani, ha rivoltato la Chrysler come un calzino. Sono stati chiusi una mezza dozzina di stabilimenti ma una decina sono stati ristrutturati da cima a fondo con nuove linee di produzione, nuovi modelli distribuiti su più turni di lavorazione e una ambiziosa filosofia di crescita che - come hanno scritto molti giornali U.S.A. - ha risvegliato una società nota in America per la scarsa qualità dei suoi prodotti. Ovunque è stato adottato il nuovo sistema di produzione noto come World Manufacturing Class, ispirato a quello della giapponese Toyota, che premia la qualità del prodotto e spinge i dipendenti a migliorare i meccanismi produttivi dal basso. Lo stesso Marchionne - cha da luglio ha riaperto le assunzioni pagando però i nuovi operai la metà rispetto agli anziani - ha riconosciuto lo sforzo dei dipendenti U.S.A. e, in una lettera, ha annunciato che presto assegnerà loro un premio in denaro. Una notizia che sottolinea sempre di più la differenza fra l'ottimo rapporto costruito dal manager con i dipendenti americani e la situazione in Italia, dove Marchionne non è riuscito a convincere gran parte degli operai della bontà dei suoi progetti. Eppure anche ieri il capo del Lingotto ha ribadito che "l'incontro" tra Fiat e Chrysler è destinato a salvare entrambe le società e a dare prospettive più solide ai lavoratori. Le due società assieme entrano del club dei grandi gruppi automobilistici dominato da Toyota, Gm, Volkswagen e Hyundai che fabbricano ciascuna fra i 5 e gli 8 milioni di pezzi all'anno. Comunque lo si voglia giudicare, Marchionne sta dimostrando che l'industria italiana, fra difficoltà e contraddizioni, può combattere il declino.
(Fonte: www.ilmessaggero.it - 31/1/2011)

venerdì 4 febbraio 2011

Fiat-Chrysler settima nella top ten mondiale dell'auto nel 2010


TOYOTA NUMERO 1 - Con le case automobilistiche che stanno diffondendo i conti economici e i dati di vendite del 2010, facciamo il punto sull'anno appena concluso. Con 8.420.000 auto vendute la Toyota si è confermato il primo costruttore al mondo, superando per 30.000 auto, il gruppo General Motors. Alle loro spalle si è piazzato il gruppo Renault-Nissan che con 7,28 milioni di vetture ha battuto la tedesca Volkswagen (7,14 milioni) che entro il 2018, punta a diventare il numero uno scalzando la Toyota.
IN CALO LA FORD - Più distanziata, con 5,75 milioni di auto, c'è la Hyundai-Kia: il gruppo coreano ha incrementato le vendite di oltre 1 milione rispetto al 2009 e ha superato la Ford ferma a “soli” 5,30 milioni, orfana della Volvo ceduta ai cinesi della Geely, e in calo in Europa: ha immatricolato il 13,9% delle auto in meno. Compresi tra i 3-4 milioni di auto vendute ci sono il gruppo Fiat-Chrysler (3,66 milioni), quello francese PSA (Peugeot e Citroën) con 3,60 milioni di auto e la Honda a 3,55. Sotto la soglia dei 3 milioni in fondo alla “top ten” c'è la giapponese la Suzuki, con 2,89 milioni: nel conteggio è compresa anche le vendite dell'indiana Maruti.
UN 2011 IN CRESCITA - Il gruppo torinese, sommando le vendite della Chrysler, ha consegnato 3,66 milioni di veicoli, un volume che ha risentito del forte calo delle della Fiat in Italia e Europa e ancora lontano da quei sei milioni indicati da Sergio Marchionne, come necessari per sopravvivere. Secondo le sue stime nel 2011 il gruppo Fiat-Chrysler dovrebbe raggiungere quota 4,5 milioni grazie al debutto commerciali di nuovi modelli dai grandi volumi di vendita. Ricordiamo che la Jeep ha da poco lanciato la nuova generazione dalla suv Grand Cherokee, la Chrysler ha profondamente rivisto la Sebring, rinominata 200, e presentato l'ammiraglia 300 che sarà in vendita in Europa con il marchio Lancia e il nome Thema. Proprio per la Lancia il 2011 sarà l'anno del rilancio: oltre alla Thema presenterà l'erede della monovolume Phedra, su base Chrysler Grand Voyager e la nuova Ypsilon. In casa Fiat a dare un impulso alle vendite dovrebbe pensarci la crossover Freemont, in attesa che entro la fine dell'anno arrivi anche la nuova Panda.
FUORI DALLA “TOP TEN” - A grande distanza dai volumi di vendita dei primi costruttori, che possono vantare la presenza su molti mercati e gamme molto articolate, ci sono le tedesche BMW (1,46 milioni) e Mercedes (1,26) e le giapponesi Mazda (1,3) e Mitsubishi (1,17). Tutti costruttori che, secondo diversi analisti finanziari, potrebbero stringere sempre più sinergie industriali per applicare vantaggiose economie di scala.
(Fonte: www.alvolante.it - 31/1/2011)

giovedì 3 febbraio 2011

AutoNews: stanziati 1,3 miliardi di euro per lo stabilimento di Mirafiori (SUV Alfa Romeo e Jeep)


Nei giorni scorsi Fiat ha stanziato i promessi 1.3 miliardi di euro destinati all’impianto di Torino Mirafiori, necessari per avviare la produzione dei SUV con marchio Alfa Romeo e Jeep. Lo riferisce AutoNews, precisando che i nuovi modelli verranno assemblati a partire dal terzo quadrimestre del 2012 in oltre 280.000 esemplari annui, di cui 100-130.000 con il logo del Biscione. Queste vetture occuperanno il segmento intermedio, attualmente “popolato” dalle Audi Q5, BMW X3 e Mercedes GLK.
(Fonte: www.autonews.com - 29/1/2011)

mercoledì 2 febbraio 2011

Marchionne: nel 2010 risultati di Chrysler oltre le aspettattive. E nel 2011 tornerà l'utile.


Chrysler batte gli obiettivi nel 2010 e promette il ritorno in nero nell'anno appena iniziato. La casa automobilistica americana, controllata al 25% dalla Fiat e guidata da Sergio Marchionne, ha reso noti i risultati del quarto trimestre 2010 e dell'esercizio fiscale: gli ultimi tre mesi dell'anno si sono chiusi con un fatturato di 10,8 miliardi di dollari, un Ebitda (Mol) di 882 milioni, un risultato operativo di 198 milioni e una perdita netta di 199; i dati relativi ai dodici mesi vedono un giro d'affari di 41,9 miliardi di dollari, Ebitda di 3,461 miliardi, utile operativo di 763 milioni e passivo netto di 652 milioni. «Abbiamo raggiunto tutti gli obiettivi e mantenuto la promessa di lanciare 16 nuovi modelli in 12 mesi. Questi veicoli testimoniano la rinascita di Chrysler» ha detto ieri l'amministratore delegato Sergio Marchionne, avvertendo che «abbiamo ancora molto da fare per centrare gli obiettivi del piano quinquennale». Marchionne ha però confermato che nonostante i conti ancora in rosso Chrysler pagherà un bonus a tutti i dipendenti. «Non un profit sharing ma un riconoscimento alla performance straordinaria del 2010: sarebbe imperdonabile non ricompensare i nostri». Un confronto con il 2009 è impossibile: la società è passata attraverso il Chapter 11. Ebitda e risultato operativo 2010 sono comunque superiori alle stime riviste due mesi fa, e la gestione ha generato liquidità per 1,4 miliardi. Le consegne di veicoli sono salite a 1,6 milioni (vendite a 1,516 milioni) e la quota del mercato U.S.A. è risalita al 9,2% dall'8,8% del 2009. Proprio il ritmo accelerato dei lanci di nuovi modelli nel quarto trimestre ha contribuito a una frenata nei conti: da un lato con il calo delle consegne (374mila unità vendute contro le oltre 400mila dei due trimestri precedenti), dall'altro per i costi degli investimenti e le spese di marketing. Il risultato è stato un utile operativo in diminuzione rispetto al terzo trimestre (quando era stato di 239 milioni) e un consumo di liquidità di 1 miliardo di dollari che ha fatto risalire il debito netto industriale a fine anno a 5,8 miliardi dai 3,8 di fine settembre. Nei dodici mesi Chrysler è rimasta in rosso per il peso degli interessi sui 7,4 miliardi di debiti nei confronti dei governi di U.S.A. e Canada: il tasso medio sul debito lordo è dell'11% – ha spiegato il Cfo Richard Palmer – e ha portato a oltre 1,2 miliardi di oneri finanziari, che saliranno a 1,4 quest'anno. Per questo fra gli obiettivi principali del 2011 c'è la rinegoziazione del debito: «Ci stiamo lavorando e non escludiamo alcuna ipotesi» ha detto Marchionne rispondendo a una domanda su una possibile trasformazione di prestiti in azioni (ha però poi precisato che non pensa ai prestiti del Tesoro U.S.A.). «Siamo in grado di fare 2 miliardi di dollari di utile operativo vendendo 2 milioni di auto» ha detto ieri Marchionne per sintetizzare la trasformazione epocale di Chrysler in un anno e mezzo: la società stima infatti per il 2011 un balzo del fatturato a oltre 55 miliardi di dollari, un Ebitda superiore ai 4,8, un utile operativo di oltre 2 miliardi, un risultato netto positivo per 200-500 milioni e un cash flow positivo per 1 miliardo; a fine anno il debito netto industriale dovrebbe scendere a 4,8 miliardi. La crescita della redditività si appoggia su un ulteriore aumento delle vendite: «Il nostro numero chiave è quello dei 2 milioni di auto» ha detto Marchionne. L'aumento delle vendite dagli 1,6 milioni del 2010 è parso ambizioso a qualche analista: John Buckland, di MainFirst, ricorda che solo negli U.S.A. la prevista crescita di 300mila unità «equivale a guadagnare 2 punti di quota percentuale». Il 2011 si è aperto – ha detto Marchionne – con un «rallentamento del mercato U.S.A. nell'ultimo paio di settimane». Chrysler resta fiduciosa nell'obiettivo di vendite, anche perché – ha sottolineato il manager – «le nostre stime sull'andamento della domanda sono le più prudenti in assoluto». Oltre che sui modelli lanciati nel 2010, l'offensiva si appoggerà su investimenti per 3,5-4 miliardi di dollari (2,7 nel 2010). L'appuntamento più importante è il lancio tra un anno della berlina Dodge del segmento C, la prima su piattaforma Fiat. Alla crescita delle vendite dovrebbe contribuire anche l'arrivo della Fiat 500 negli U.S.A. e l'espansione in Europa con le Chrysler a marchio Lancia: vedremo le prime al Salone di Ginevra.
(Fonte: www.ilsole24ore.com - 1/2/2011)

martedì 1 febbraio 2011

La "guerra di parole" Marchionne-Piech farà saltare il Salone dell'auto di Torino?


“Una guerra di parole”: così Automotive News definisce, senza mezzi termini, la scaramuccia in corso in questi giorni tra Sergio Marchionne, numero uno di Fiat-Chrysler, e Ferdinand Piech, presidente del colosso Volkswagen. “E non ci sono segnali di distensione”, aggiunge l’autorevole testata commentando le polemiche tra i due top manager. Ad aprire le “ostilità” è stato proprio Marchionne, che durante le giornate stampa del Salone di Detroit aveva accennato ad un interesse da parte di Fiat nell’acquisizione di quote detenute da Volkswagen in MAN e Scania, noti costruttori di automezzi pesanti e veicoli industriali, che avrebbero completato l’offerta Iveco nel settore. Presi di sorpresa, alcuni giornalisti tedeschi hanno chiesto a Marchionne se stesse scherzando. “È uno scherzo proprio come il tentativo di Piech di comprare Alfa Romeo“. Secondo quanto riportato da Automotive News, l’ad del Lingotto si sarebbe anche dimostrato infastidito alla vista di un taccuino Volkswagen nelle mani di un giornalista tedesco. Scherzo o no, le azioni MAN e Scania hanno preso a salire rapidamente subito dopo la dichiarazione di Marchionne. La replica di Piech, altrettanto velenosa, non si è fatta attendere: “Una casa le cui vendite stanno crollando non dovrebbe provare a mettere le mani sui migliori marchi di veicoli industriali in Europa”, ha dichiarato al Financial Times Deutschland. Secondo la testata che ha riportato la vicenda, lo scontro verbale dimostra la crescente sicurezza dei due dirigenti nel futuro delle aziende che guidano: da un lato Marchionne ha finalmente intrapreso il cammino di salvataggio di Chrysler e contemporaneamente sta marciando spedito sulla strada della ridefinizione dei rapporti di lavoro nelle fabbriche italiane Fiat, allo scopo di incrementarne la produttività. Dall’altro Piech vede le vendite globali VW crescere senza sosta, e il suo chiodo fisso, l’obiettivo di diventare il più grande costruttore di auto al mondo sta effettivamente prendendo corpo giorno dopo giorno. Marchionne ha successivamente rivelato di non aver avuto colloqui né con Piech né con Winterkorn in merito a reciproche acquisizioni, ma ha poi lasciato intendere che la situazione potrebbe cambiare nell’arco dei prossimi 12 mesi, portando a rilevanti novità. E se questa non è una conferma delle “Grandi Manovre”...
(Fonte: www.autoblog.it - 19/1/2011)

Sembrava fatta. Invece con ogni probabilità il Salone dell’Auto del 2011 non ci sarà. La notizia non è ufficiale e non la confermano né la Regione Piemonte né Gl Events Italia la società che è proprietaria sia del Motorshow di Bologna che del Centro fieristico del Lingotto a Torino. Purtroppo però nemmeno la smentiscono. E la defezione di molte delle più importanti case automobilistiche è ormai una certezza. A far morire una manifestazione ancora nella culla sarebbe una serie di concause, prima fra le quali la «guerra» in corso tra Fiat-Chrysler da un lato e il gruppo Volkswagen dall’altro. Scontro che avrebbe origine dalle polemiche per la sponsorizzazione di Italia 150. Il primo a rilanciare l’idea di riportare a Torino il Salone dell’Auto (la cui ultima edizione si era tenuta nel 2000) era stato nell’estate 2009 l’assessore della giunta Bresso Andrea Bairati. L’aveva ripresa qualche mese dopo nel corso della campagna elettorale proprio Roberto Cota, che ne aveva fatta una delle sue sfide per il rilancio di Torino. Una sfida che sembrava vinta, anche grazie all’appoggio della Fiat che non aveva fatto mistero di gradire una ritorno della manifestazione in città e di Gl Events. Fantascienza forse, ma il progetto di Torino sembrava marciare in modo spedito, nonostante alcune case (Ford, Nissan Mercedes) già in autunno avessero fatto sapere di non essere interessate. Volkswagen al contrario aveva addirittura prenotato l’intero Oval per farne un suo unico grande stand in cui esporre l’intera sua produzione, il suo «mondo». Sempre a Volkswagen (che nel frattempo aveva acquistato la Giugiaro) la Regione aveva intanto chiesto la disponibilità a sponsorizzare le manifestazioni per Italia 150 (opportunità su cui Fiat nicchiava) ottenendo dai tedeschi un sì entusiasta. Mentre a Wolfsburg si preparavano soldi e auto, la Fiat però si è preoccupata: e, di fronte alla possibilità che il suo più importante competitor europeo fosse scelto come sponsor della manifestazione che celebrava l’Unità d’Italia, avrebbe fatto sapere di aver perso interesse per il rinascente Salone. Per questo, ma anche per motivi di opportunità (era oggettivamente «brutto» che il «compleanno» dell’Italia privilegiasse una marca straniera ai danni dell’unico produttore italiano), la Regione, d’accordo con il Comune, ha interrotto le trattative con i tedeschi e Fiat si è «convinta» della necessità di sponsorizzare Italia 150. La reazione di Volkswagen, il suo naturale raffreddamento nei confronti della partecipazione al Salone torinese, è stata però a quel punto «naturale». Il suo no non è ancora ufficiale (e la Regione spera di poter recuperare), ma sulla sua scia altre grandi marche dell’auto sarebbero pronte a fare marcia indietro. Così al Lingotto Fiere si sta già studiando una soluzione alternativa da abbinare a Italia 150. Non una fiera, ma un viaggio, una sorta di Mille Miglia non competitiva che attraverserebbe tutte le città italiane coinvolte nei festeggiamenti per l’Unità, e a cui dovrebbero partecipare quasi tutti i grandi costruttori con alcuni dei loro modelli. Un Giro d’Italia che si concluderebbe a Torino (probabilmente a Torino Esposizioni dove martedì gli uomini di Gl Events hanno fatto un sopralluogo) a fine maggio.
(Fonte: www.repubblica.it - 19/1/2011)