lunedì 31 ottobre 2011

Jeep e il nuovo claim "Never adapt"


Jeep ha presentato il nuovo spot delle sue auto, per iniziare a far conoscere i suoi valori anche ai potenziali clienti italiani. La campagna pubblicitaria ha un claim che dice già molto: “Never adapt” (mai adattarsi). Le vetture del marchio, la mitica Jeep Wrangler, la lussuosa Jeep Grand Cherokee ed il SUV Jeep Compass saranno protagoniste di questo video che sarà on air in TV a partire da oggi. Grazie a questo spot anche noi italiani inizieremo a conoscere le caratteristiche di un marchio storico che arriva con forza dalle nostre parti grazie all’unione tra Chrysler e Fiat. «Lo spot esorta a spingersi oltre la comfort zone delle convenzioni per ricercare la propria vera essenza – spiega Jeep in una nota – Solo scardinando la consuetudine e la quotidianità, infatti, si può tracciare liberamente la propria strada, trasformando il viaggio in un’avventura. Come sottolinea la voce fuori campo: “Non ci adattiamo alle convenzioni ed è così che ci sentiamo vivi”». Libertà, autenticità, avventura. Sono questi i valori del marchio Jeep che dovranno essere convogliati dalla nuova campagna pubblicitaria. Unicità delle persone abbinata all’unicità delle auto. Al regista inglese Stuart Douglas è stato dato il compito di rendere questi principi, insieme alla casa di produzione Nice Shirt Films. Il concept è stato ideato dall’agenzia Leo Burnett. La campagna promozionale di Jeep sarà declinata su tutti i media e, successivamente, riguarderà i singoli prodotti nel dettaglio, pur mantenendo lo stesso feeling complessivo.
(Fonte: www.allaguida.it - 9/10/2011)

domenica 30 ottobre 2011

A Napoli partita la campagna «Panda made in Pomigliano»


Le strade di Napoli iniziano a essere tappezzate di grandi manifesti che annunciano «Panda made in Pomigliano», all' interno dello stadio della città partenopea un banner ricorda che «Panda tifa per Napoli» (Fiat ha da tempo una partnership con la squadra locale ed è sponsor della Nazionale italiana). E i tempi della presentazione del nuovo impianto, si avvicinano. Il sindaco della città, Luigi de Magistris, attraverso il suo blog, ha messo in dubbio la scelta del Lingotto di investire: la nuova Panda non tifa per chi a Napoli lavora, ha scritto. Rapporti non sempre facili tra le industrie e il territorio. L'auto verrà prodotta nel sito campano dagli inizi di novembre, quando le linee di montaggio saranno perfezionate, un percorso industriale voluto sia dal presidente John Elkann che dall'amministratore delegato Sergio Marchionne. Dopo l'esperienza vissuta con Chrysler negli U.S.A., Fiat ha deciso di portare dalla Polonia la costruzione della sua auto icona nuovamente in Italia per dimostrare l'attaccamento di Fiat per il Paese, la fiducia nella professionalità degli operai campani, la collaborazione con il sindacato. A metà dicembre Fiat inviterà oltre 750 giornalisti a visitare Pomigliano, per prendere un primo contatto ravvicinato con la Panda e rendersi conto della modernizzazione degli impianti (investimenti per oltre 700 milioni) e constatare direttamente il rapporto consolidato tra le maestranze e la società. E il sindaco verrà coinvolto nell'organizzazione dell'evento che segnerà il riavvio di una tradizione industriale napoletana dopo gli anni della cassa integrazione.
(Fonte: www.corriere.it - 7/10/2011)

sabato 29 ottobre 2011

Sevel, tecnici Chrysler in visita dal Messico


Dal Messico in Val di Sangro per scattare foto, prendere appunti e studiare la metodologia di lavoro della Sevel di Atessa, la fabbrica che da anni produce il furgone di successo della Fiat, il Ducato. Nei vari reparti della Sevel gli operai da giorni vedono arrivare i colletti bianchi della Chrysler messicana con la pettorina "visitatori" e il marchio della casa americana sulle giacche, tutti intenti a osservare, anche con l'ausilio di macchine fotografiche digitali, il processo di produzione del furgone della Fiat. Stando a quanto si apprende, la missione è propedeutica alla produzione di un furgone simile al Ducato da destinare al mercato americano negli stabilimenti Chrysler del Messico, a Toluca, non lontano dal confine con gli Stati Uniti. Del progetto ne ha parlato recentemente anche l'ad di Fiat e presidente di Chrysler, Sergio Marchionne, nella visita del 27 settembre all'Aquila per l'inaugurazione di un complesso scolastico a Bazzano. Nell'occasione Marchionne ha anche sottolineato come il sito messicano "non andrà a rimpiazzare la Sevel di Atessa, il più grande stabilimento di veicoli industriali che abbiamo nel mondo, nel cuore della Fiat". La Sevel è una joint venture tra Fiat e PSA (Peugeot-Citroen) per la produzione di veicoli commerciali leggeri nata nel 1981, che attualmente impiega direttamente circa 6.200 operai. Nel luglio scorso l'azienda ha comunicato ufficialmente il recesso da Confindustria Chieti, circostanza confermata il 14 settembre dal presidente degli industriali della provincia di Chieti, Paolo Primavera.
(Fonte: www.agi.it - 7/10/2011)

venerdì 28 ottobre 2011

Marchionne: Fiat-Chrysler ha radici in Italia e U.S.A., entrambe da tutelare


Sergio Marchionne respinge le critiche su "una Fiat che diventa americana. Forse chi si nutre di questa idea - afferma l'a.d. nel suo intervento all'Anfia - sarà più tranquillo sapendo che qualcuno dall'altra parte dell'oceano ha mosso un'accusa uguale e contraria: quella di una Chrysler che diventa italiana". Marchionne vuole "deludere entrambi", spiegando che "Fiat non è entrata in Chrysler con obiettivi di conquista o stile da dominatore", perché "se avessimo adottato un simile approccio, la nostra partnership sarebbe fallita miseramente". Il manager assicura che "Chrysler è un'azienda americana e questa sua natura deve essere protetta. Fiat è un'azienda italiana, le cui radici vanno custodite. Dobbiamo mantenere e valorizzare la sua anima italiana". Per spiegare l'alleanza Fiat-Chrysler Marchionne utilizza la metafora del "mosaico", in cui "ogni singolo pezzo si unisce per creare un quadro più grande. Ognuno mantiene la propria identità e, allo stesso tempo, partecipa all'insieme". Nell'alleanza "non c'è spazio per i nazionalismi", prosegue il manager, spiegando che "la partnership è basata sul rispetto reciproco" e che "la combinazione fra Fiat e Chrysler genera una perfetta sintesi di creatività ordinata".
(Fonte: http://borsaitaliana.it - 25/10/2011)

giovedì 27 ottobre 2011

Marchionne: Fiat-Chrysler quinto gruppo mondiale già nel 2011


Nel corso del convegno "Make it in Italy", organizzato presso l'Unione Industriale di Torino, l'amministratore delegato di Fiat e Chrysler Sergio Marchionne ha dichiarato che la partnership delle due aziende farà sì che già nel 2011 sarà raggiunta la quinta posizione nella classifica dei costruttori. "Insieme venderemo quest'anno circa 4,2 milioni di vetture - ha detto il manager - diventando così il quinto più grande costruttore di auto del mondo. Questo numero è destinato a salire a 5,9 milioni di unità nel 2014. Forse è troppo presto per cogliere il pieno potenziale di questa alleanza - ha aggiunto Marchionne - al di là del valore strategico che ci offre nel forzare la convergenza di architetture e componenti e nel darci la possibilità di accedere al mercato NAFTA". Le classifiche vanno sempre prese con le pinze e vanno confermate da rilevazioni ufficiali e, soprattutto, indipendenti. Il quotidiano finanziario Bloomberg, comunque, ha pubblicato le proiezioni sulle posizioni dei gruppi industriali dell'automotive nel 2011 confermando la quinta posizione di Fiat-Chrysler. Per quanto riguarda gli altri costruttori, il gruppo Volkswagen potrebbe insediarsi al primo posto tra i costruttori scalzando l'attuale leader Toyota che passerebbe sul terzo gradino del podio. General Motors dovrebbe rimanere stabile in seconda posizione, mentre l'alleanza Renault-Nissan stazionerebbe al quarto posto. Se le parole di Marchionne si tradurranno in realtà, il gruppo Fiat-Chrysler scalerà di due posizioni la top-ten mondiale dei principali costruttori di automobili. Un risultato costruito in tre anni grazie all'alleanza delle due industrie che, a detta di Marchionne, "Ha permesso di raggiungere un duplice obiettivo. Da un lato, partecipare al processo di rifondazione dell'auto americana, sollecitato e voluto dal presidente Obama, salvando un'azienda come la Chrysler che stava perdendo agli inizi del 2009 quasi un miliardo di dollari al mese. Dall'altro, dare alla Fiat la possibilità di accedere al mercato nordamericano e allargare la sua offerta a vetture di segmento medio-alto, che storicamente era sempre stata una delle sue più grandi lacune. Quella partnership, tra due aziende perfettamente complementari, è stata la salvezza di entrambe". "Per sopravvivere alla crisi - sono ancora le parole di Marchionne - Fiat si è mossa in modo non lineare ed imprevedibile per i concorrenti con il chiaro obiettivo di cambiare drasticamente la fisionomia del gruppo. Ha rischiato la sua reputazione, ma non le sue finanze. Invece di richiudersi su se stessa, ha deciso di rafforzarsi, mentre gli altri giocavano in difesa".
(Fonte: www.motori.it - 25/10/2011)

mercoledì 26 ottobre 2011

Automotive News: per Maserati produzione decuplicata e sfida a Porsche e Bentley


Ferrari non competerà mai con marchi come Porsche o Bentley: Sergio Marchionne lo afferma con certezza assoluta. Il ruolo in questione verrà ricoperto invece da Maserati, che con i nuovi modelli in arrivo si posizionerà proprio faccia a faccia con le proposte dei due prestigiosi marchi controllati da Volkswagen. “Ferrari non se la vede con Porsche o Bentley, ma gioca sul suo proprio campo”, ha affermato l’ad di Fiat-Chrysler in un’intervista ad Automotive News. Ribadendo per l’ennesima volta che il marchio del Cavallino non comparirà mai su una quattro porte come l’Aston Martin Rapide né tantomeno su uno sport utility (modello che invece sarà presto lanciato da parte di Bentley), Marchionne ha identificato nelle 10.000 unità annue l’obiettivo di vendita di Maranello sul medio termine. A fine 2011 dovrebbe essere varcata per la prima volta nella storia la soglia delle 7000, ottimo passo in avanti rispetto alle 6573 del 2010. Puntare a volumi di 15.000 unità l’anno in tutto il mondo sarebbe pericoloso secondo il dirigente, e Fiat mira piuttosto a preservare l’integrità e l’esclusività del brand, un fatto “assolutamente cruciale” secondo Marchionne. “L’unicità del marchio non può essere sottovalutata, quindi siamo molto, molto prudenti. In Maserati al contempo abbiamo investito quanto più possibile, perché la casa ha il DNA perfetto per scendere in battaglia con Porsche e Bentley”. L’obiettivo di Fiat è quello di decuplicare addirittura le attuali vendite del Tridente: l’anno scorso sono state vendute 5675 vetture dalla casa di Modena, ma per il futuro si punta a volumi nell’ordine delle 60.000 unità annue. Il tutto grazie all’arrivo di due nuove berline e dello sport utility presentato al Salone di Francoforte sotto forma di concept car. Le prime due saranno introdotte nell’arco di tempo che va da qui al 2013. Una, quella di cui abbiamo già sentito parlare in lungo e in largo, è il modello di segmento E che si andrà a piazzare al di sotto della Quattroporte. L’altra è invece del tutto inedita: si tratterebbe di una berlina di categoria superiore, situata più o meno sul terreno di caccia della Bentley Flying Spur, per intenderci. “Le due berline sono già in fase di industrializzazione e sono bellissime, credetemi”. Se della prima conosciamo già alcuni dettagli, della seconda tutto è ancora da scoprire. Tranne forse il fatto che adotterà molto probabilmente il V8 a iniezione diretta di origine Ferrari che equipaggia - con cilindrate diverse - la California e la 458. Entro il 2014, la linea delle tre berline e quella di GranTurismo e GranCabrio è chiamata a generare circa 45.000 immatricolazioni l’anno. Il SUV, che nella variante di serie attesa per il 2013 probabilmente non manterrà il nome Kubang, ci metterà del suo andando a totalizzare altre 10-15.000 unità l’anno.
(Fonte: www.autonews.com - 22/10/2011)

martedì 25 ottobre 2011

Marchionne: «Assurde le accuse di anti-italianità. Manterremo i posti di lavoro»


Sergio Marchionne non ci sta a passare per quello che lascia la nave che affonda. «Le accuse di anti-italianità che ho spesso sentito sono semplicemente assurde. Anti-italiano è chi abbandona il Paese, chi decide di non investire» dice l'amministratore delegato di Fiat e Chrysler che ha da poco annunciato l'uscita da Confindustria del gruppo automobilistico. Una scelta, quest'ultima, assunta «con grande serietà» e non dettata «da ragioni politiche».
PRESERVIAMO I POSTI DI LAVORO - «Nei limiti del possibile intendiamo mantenere i posti di lavoro che abbiamo in Italia» rassicura Marchionne intervenuto a Torino al convegno «Make it in Italy» all'Unione Industriale. «Non abbiamo ridotto la nostra forza lavoro nel momento peggiore della crisi non intendiamo certo farlo ora che stiamo lavorando alla realizzazione delle condizioni per crescere in futuro». «Saremo pronti a sfruttare la ripresa là dove si presenterà, sia in Europa ma specialmente sugli altri mercati mondiali».
CHIARIMENTI ALLA CONSOB IL 27 OTTOBRE - «Siamo rimasti sorpresi dal fatto che una richiesta della Consob di natura limitata alle parti abbia trovato ampia copertura nei media. Siamo sempre stati della massima trasparenza con i mercati, le istituzioni e le parti sociali», dice il manager italo-canadese annunciando per il 27 ottobre il documento con i chiarimenti su Fabbrica Italia come chiesto dalla Commissione di vigilanza sulle società e la Borsa.
NIENTE DETTAGLI SUGLI INVESTIMENTI - «È impossibile precisare sin d'ora i dettagli degli investimenti, sito per sito, che avverranno da ora al 2014. Non è qualcosa che viene fatto dai nostri concorrenti e non può essere richiesto a Fiat in modo ossessivo per ogni sito industriale» osserva tuttavia Marchionne. «Non ci pare quindi logico che la Fiat debba fornire dettagli di previsioni pluriennali quando la maggior parte dei Paesi europei sta cercando disperatamente di condividere soluzioni che i mercati finanziari internazionali richiedono per domani».
FIOM? OFFENSIVA TIRANNIA DELLA MINORANZA - Quanto alle contestazioni della Fiom tornata a chiedere il contratto nazionale con un presidio allestito fuori dall'Unione Industriali, «la cosa veramente offensiva è che stiamo vivendo un periodo di tirannia della minoranza», dice Marchionne. «La posizione della Fiom è preconcetta, anacronistica, alimentata da un antagonismo a priori e più preoccupata di tutelare il proprio potere che gli interessi collettivi. È sempre stata molto più politica che sindacale».
L'ANTI-ITALIANO PER MARCHIONNE - Ed è a chi, anche tra i metalmeccanici, lo accusato di scarso senso di responsabilità nei confronti del Paese, Marchionne replica che «anti-italiano è chi non vuole prendere atto del mondo che ci circonda e preferisce restare isolato nel proprio passato. Anti-italiano è chi perde tempo a discutere e rinviare i problemi, chi non si assume la responsabilità di cambiare le cose, di guardare avanti e di agire». E ancora «anti-italiano è chi adotta comportamenti illegittimi, chi non rispetta le regole, chi lede i diritti dei cittadini e delle imprese. La Fiat come tutte le aziende industriali del mondo ha la necessità di contare su condizioni minime di competitività, che sono quelle su cui dobbiamo misurarci con i nostri concorrenti». «Gli accordi che abbiamo sottoscritto con la maggior parte dei sindacati e dei lavoratori servono a garantire queste condizioni. Servono solo a far funzionare meglio la fabbrica, senza intaccare nessun diritto».
L'ITALIA? «DIFENSIVA E IMBARAZZATA» - «Per accontentare tutti, in Italia abbiamo sempre accettato compromessi e mediazioni e abbiamo sempre esaltato forme di attività corporative che hanno minimizzato il cambiamento», è infine l'analisi di Marchionne. Un atteggiamento «che ha frenato l'Italia nel diventare un paese competitivo. È questo atteggiamento che rende gli investimenti stranieri in Italia scarsi e rari e che, per lo meno in parte, continua a tenere l'Italia in posizione difensiva e imbarazzata verso il resto dell'Europa, come abbiamo visto in maniera eclatante».
(Fonte: www.corriere.it - 24/10/2011)

lunedì 24 ottobre 2011

U.S.A., Local 685 ratifica l'accordo Chrysler-UAW sul contratto aziendale


Local 685, la maggior organizzazione territoriale dello Uaw all'interno della struttura produttiva di Chrysler, ha approvato la bozza d'accordo siglata dal sindacato e dalla casa statunitense controllata da Fiat sul rinnovo del contratto di lavoro quadriennale. Lo ha annunciato il vice presidente dell'organizzazione Jerry Price precisando che il 55% degli operai ha votato a favore dell'accordo. Local 685 rappresenta gli operai addetti alla produzione in 3 impianti Chrysler a Kokomo, nell'Indiana. Le procedure di ratifica dell'intesa, in tutte le strutture Chrysler, sono iniziate martedì scorso ed è previsto che si concludano verso la fine di ottobre. Perche sia ratificato l'accordo, è necessario che la maggioranza dei 26 mila lavoratori della casa di Auburn Hill iscritti al sindacato voti a favore. Dopo la ratifica dell'accordo con Ford Motor, che interessa circa 41.000 lavoratori della casa di Dearborn, il sindacato United Auto Workers ha spostato la sua attenzione su Chrysler Group, l'ultima delle tre case automobilistiche di Detroit a siglare una bozza d'accordo. Nel caso di ratifica dell'accordo anche da parte dei lavoratori della casa di Auburn Hills, il sindacato riuscirà a garantire altri quattro anni di "pace lavorativa" all'industria automobilistica degli Stati Uniti. "Abbiamo ottenuto un buon contratto, ma penso che a molti lavoratori bruci lo stomaco per non aver ottenuto un bonus di ratifica simile a quello di GM e Ford", ha commentato Price. Il contratto con Chrysler prevede un bonus di ratifica di 3.500 US$, di cui 1.750 US$ da pagare subito in un'unica soluzione e altri 1.750 US$ da pagare una volta raggiunta la stabilità finanziaria. I lavoratori di GM hanno ottenuto invece un bonus di ratifica di 5.000 US$ e quelli di Ford di 6.000 US$. Alla Ford, l'accordo è stato ratificato con un margine di voti favorevoli confortevole malgrado lo scetticismo di molti sindacalisti e le prime votazioni contrarie in alcuni impianti minori. L'esito delle procedure di voto, deciso nel corso del fine settimana grazie all'apertura delle urne nelle maggiori fabbriche della casa di Dearborn, si sono concluse con il 63% di voti favorevoli tra gli operai addetti alla produzione e con il 65% tra gli operai specializzati. Il vice presidente Uaw Jimmy Settles ha riferito che l'affluenza alle urne è stata elevata e pari all'85% degli aventi diritto tra i lavoratori sindacalizzati della Ford. La settimana precedete era stata la volta dei lavoratori della General Motors procedere con la ratifica del loro accordo sul rinnovo del contratto di lavoro.
(Fonte: http://borsaitaliana.it - 20/10/2011)

domenica 23 ottobre 2011

La recensione del sito "www.fiatspa.com"


E' il sito del nuovo gruppo industriale FIAT Società per Azioni operativo dal 1° gennaio 2011, di cui è presidente John Elkann e amministratore delegato Sergio Marchionne, frutto della scissione del Gruppo FIAT in due rami: FIAT S.p.A. e FIAT Industrial, in cui sono confluite tutte le produzioni di macchinari agricoli e industriali. Su www.fiatspa.com è così possibile scorrere tutti i brand oggi entrati a far parte del gruppo automobilistico italiano, uno dei più antichi d'Europa, con suggestive immagini in slide show già al centro dell'home page. Una lunga tradizione automobilistica e industriale che trova in questi ultimi anni una nuova connotazione globale attraverso il lancio del marchio sui mercati emergenti e altri fino ad oggi più chiusi, come quello americano. Fiat è stata tra i fondatori dell'industria automobilistica europea e oggi, grazie anche alla partnership con Chrysler, dispone di una base produttiva e commerciale di dimensioni adeguate per essere un costruttore competitivo a livello mondiale. Per conoscere mission, linee di produzione e strategia dell'azienda si possono navigare i canali disposti in home page del sito e distinti in: 'Il Gruppo', le 'Aree di business', la 'Corporate Governance', 'Investor Relations', 'Sostenibilità', 'Innovazione e Tecnologia', 'Careers', 'Supplier Center', 'Media Center'. Il sito, anche graficamente, è stato pensato proprio per aprire velocemente una finestra su tutti i marchi del brand FIAT (FIAT, Alfa Romeo, Lancia, Fiat Professional, Abarth, Jeep, Chrysler, Dodge, Ram Truck, Mopar), mostrandone i simboli nella sezione superiore dell'home page, subito sotto il motore di ricerca interno e le opzioni per gli RSS, la gestione della dimensione dei caratteri di lettura e per il cambio lingua con l'inglese. Ovviamente, ogni segmento del mercato Fiat o area di business contiene link e immagini di ogni prodotto, dalle macchine alle componenti di ricambio, fino ai sistemi per l'elettronica e all'editoria. Il sito funziona, in pratica, da vetrina in rete sulle strategie di marketing e i modelli di business del Gruppo, che trovano in questa piattaforma una sistemazione significativa: da una parte l'operatività FIAT, dall'altra le specificità delle società di cui si compone, dei singoli brand e dei prodotti. Partendo da questa impostazione, grazie al motore di ricerca, si possono navigare tutte le più importanti finestre sui Settori dalle auto, Fiat, Lancia, Alfa Romeo, Abarth, Fiat Professional, Ferrari e Maserati, Magneti Marelli, Comau e Teksid, per finire con le attività editoriali di Itedi. Tra le voci di navigazione offerte, molto apprezzabile è l'opzione centrale alla prima pagina e adiacente al grande video player, in cui si accede velocemente all'area Clienti, Azionisti e Investitori, Giornalisti e Stakeholder. Qui, tra diversi percorsi ricchi di immagini e titoli colorati si trovano anche il link alle pagine di FIAT sulle reti sociali (Facebook, Twitter, Delicious, Flickr, YouTube, LinkedIn, Digg), la nuvola dei Tags, pubblicazioni, documenti di Borsa, i canali per l'eRecruitment e molto altro. Ulteriori voci di interesse pubblico sono ospitate nel canale Media centre, dove sono offerti i comunicati stampa, il calendario eventi, il media kit con tutti i numeri dell'azienda torinese e del Gruppo in pdf, le interviste, le ultime news e un bell'archivio fotografico. Nel complesso un ottimo esempio di corporate communication, realizzata su una griglia di link e ipertesti perfettamente accessibile, all'interno della quale si accede velocemente ad ogni area senza trovare difficoltà. Un bell'esempio di sito customer oriented, inoltre, dove i principi di usabilità e accessibilità sono pienamente rispettati e in cui anche il livello di interazione con il materiale pubblicato e la struttura trova piena espressione grazie a funzionali interfacce grafiche.
Contenuti: @@@ - Grafica: @@@ - Usabilità: @@@
(legenda: @ sufficiente; @@ buono; @@@ ottimo)
(Fonte: www.key4biz.it - 3/10/2011)

sabato 22 ottobre 2011

Mirafiori: inaugurato a inizio mese da Marchionne e Profumo il campus dell'auto


Sergio Marchionne insieme con Francesco Profumo inaugura questa mattina il campus del Politecnico a Mirafiori. Nella nuova sede di Ingegneria dell'autoveicolo, negli spazi occupati un tempo dalla fabbrica Fiat, oltre 1700 studenti iniziano oggi a frequentare le loro lezioni. E il Politecnico apre le porte agli abitanti di Mirafiori. "Inauguriamo la fabbrica che non è solo più dell'uomo che costruisce l'auto ma anche di chi la pensa e la progetta dice Francesco Profumo vogliamo che sia una festa aperta anche ai cittadini, vogliamo che tutti si rendano conto del modo in cui intendiamo trasformare quest'area della città". Ci sarà anche Tom Dealessandri, vicesindaco di Torino, da sempre in prima fila nel progetto di riqualificazione e sviluppo dell'area ovest di Mirafiori, acquistata nel 2005 dagli enti locali (Comune, Provincia e Regione) e affidata a Tne (Torino nuova economia) di cui è socia la Fiat stessa. La presenza in contemporanea di Marchionne, Profumo e Dealessandri confermerebbe in pieno le indiscrezioni secondo cui i diversi "attori" di questa operazione avrebbero finalmente trovato un accordo anche sul ricorso al Tar che vede contro Fiat e Tne per la bonifica dei terreni su cui dovrebbe svilupparsi l'insediamento di aziende e di un'area di servizi per gli studenti. Fiat "teme che lo sviluppo pianificato dal Comune e chiesto da Profumo (che dice: "Non posso portare più di mille studenti in un luogo totalmente privo di servizi) spiega Tom Dealessandri possa comportare problemi dal punto di vista della compatibilità tra il carattere dell'iniziativa e quello produttivo, ma sono timori ingiustificati perché non vi saranno insediamenti di tipo residenziale, ci sarà al massimo un centro di servizi per gli utenti del campus". Così sull'area dove un tempo marciavano le auto Fiat pronte per la verniciatura, oggi si insedieranno gli studenti di un corso di laurea transoceanico diviso tra Politecnico e Università di Windsor, due chilometri dal centro di Detroit. I ragazzi italiani di Ingegneria dell'autoveicolo andranno a frequentare metà del proprio corso di studi nell'università canadese e nella sede della Chrysler. Viceversa, i canadesi studieranno 18 mesi al Politecnico e sosterranno un lungo tirocinio in una delle case automobilistiche del gruppo Fiat. L'accordo permetterà agli iscritti dei due atenei di conseguire una doppia laurea: una dal Politecnico (Laurea magistrale in Automotive engineering), e l'altra dall'Università di Windsor (Master of Applied Science in Automotive Engineering). Si tratta del primo esempio al mondo di corso di laurea che si fonda sulla collaborazione di due atenei prestigiosi, con due costruttori di auto, in due diversi continenti, finalizzato a promuovere un alto livello di formazione accademica internazionale.
(Fonte: http://torino.repubblica.it - 3/10/2011)

venerdì 21 ottobre 2011

Marchionne: utili record per Fiat-Chrysler nel 2011


«Il mercato italiano dell'auto è ai minimi dagli anni 90, e le prospettive del 2012 non sono incoraggianti. Eppure, anche se sembra paradossale, quest'anno potremmo battere il record di profitti del 2008, nonostante il consolidamento di Chrysler per soli 7 mesi». In occasione della presentazione delle Lancia Thema e Voyager, tenuto in lingua inglese, Sergio Marchionne – amministratore delegato di Fiat e Chrysler – inserisce una nota positiva in un panorama che non lascia grandi spazi all'ottimismo. Il record viene dalla somma dei risultati di gestione previsti per Fiat (2,1 miliardi di euro) e Fiat Industrial (1,5 miliardi): i 3,6 miliardi complessivi (contro i 3,4 del 2008) fanno parte dei target 2011 che ieri lo stesso Marchionne ha riconfermato. La conferma degli obiettivi dovrebbe estendersi al prossimo anno: «Non credo dovremo spostare i numeri del 2012, li stiamo analizzando adesso» ha detto Marchionne. Il declassamento da parte di Fitch «non sorprende» ma «non influenza i rendimenti», anche perché «abbiamo molti business che generano cash e abbastanza liquidità per un bel po' di tempo». Le prospettive congiunturali non sono però incoraggianti. «Non sarà un grande anno», in particolare per l'Europa, ammette Marchionne. Il gruppo Fiat ha però altri punti di forza: «Attualmente il Brasile e la Chrysler sono le nostre due maggiori fonti di profitto». Ieri l'azienda U.S.A. (di cui Fiat ha il 53,5%) ha annunciato un investimento da 165 milioni nell'impianto di Sterling Heights, in Michigan, dove dal 2013 dovrebbe essere prodotta una nuova berlina e da dove potrebbe uscire anche la futura Alfa Romeo Giulia. Proprio dagli Stati Uniti partirà il rilancio dell'Alfa: «Sarà in America nel 2013» ha confermato Marchionne, smentendo invece seccamente che Cnh sia in vendita (la concorrente Agco aveva espresso interesse). Nel nuovo gruppo che guarda oltre l'Atlantico, l'Europa preoccupa e l'Italia resta il tallone d'Achille. «Noi abbiamo un terzo del mercato italiano dell'auto, che è calato dai 2,45 milioni del picco del 2008 ai meno di 1,8 previsti per quest'anno: per Fiat vuol dire 210mila vetture in meno, l'equivalente di uno stabilimento». In questa situazione, Marchionne difende la decisione di rallentare il rinnovo della gamma: «La gente si chiede dove sono i modelli nuovi: ma a chi li vendiamo»? La stagnazione in Europa avrà conseguenze sulla struttura produttiva? «Non ci saranno cambiamenti dopo la chiusura di Termini Imerese. Ma il ruolo degli impianti italiani deve essere visto nell'ambito di una struttura produttiva più ampia che comprende anche America, Brasile e Cina. Le decisioni non sono italocentriche e i tentativi di parte dei sindacati di forzarci la mano non funzioneranno». Qui il manager rilancia la polemica contro la Fiom e alla domanda sullo sciopero proclamato per venerdì, risponde: «Personalmente credo lo sciopero – anche di cinque minuti – sia una cattiva idea, perché non incoraggia gli investimenti in questo Paese». A Marchionne risponde Susanna Camusso, segretario della Cgil: «Nella tradizione democratica lo sciopero è l'unico strumento che hanno i lavoratori per farsi sentire, quando le risposte non arrivano». A una domanda su Confindustria, infine, Marchionne risponde con una battuta: «Non mi chieda nemmeno di esprimere un'opinione sulla ex presidente di Confindustria per quanto riguarda la Fiat. Elkann ha già dato le dimissioni. La Fiat non c'entra più con Confindustria, quindi lasciamola fuori, per favore».
(Fonte: www.ilsole24ore.com - 20/10/2011)

giovedì 20 ottobre 2011

Lancia: presentate a Torino le nuove Thema e Voyager. In vendita dal 5 novembre


Fiat ha presentato a piazza Carignano a Torino dove sorge il monumentale Palazzo Carignano, sede del primo parlamento italiano e simbolo dell'Unità d'Italia nata 150 anni fa, le nuove Lancia Thema e Voyager, i primi due modelli frutto dell'alleanza tra il brand torinese e Chrysler. "Lancia - si legge in una nota - riconquista così il territorio dell'esclusività che da sempre le appartiene. Lo dice una storia secolare costellata da innovazione e primati. Lo conferma attualmente una delle più ampie gamme del panorama internazionale che va dal segmento B (nuova Ypsilon), passando dalle medie (nuove Delta e Musa), per giungere a quello della ammiraglia (nuova Thema), dei Large MPV (nuovo Voyager) e, a breve, delle affascinati convertibili di segmento D (nuova Flavia Cabrio)". Le nuove Thema e Voyager "sono il primo esempio concreto di come sia possibile unire due mondi distanti geograficamente eppure così vicini nella loro essenza. Un'alchimia perfetta che combina sapientemente linea esterna americana impreziosita da interni dal chiaro gusto italiano; motori potenti secondo la migliore tradizione statunitense "mitigati" dall'efficienza ecologica europea; grandi dimensioni tipicamente americane unite all'expertise italiana nelle vetture compatte; comfort e versatilità a "stelle e strisce" esaltate da un eccezionale handling europeo". La nuova Lancia Thema, lunga 5 metri, alta 1,5, larga 1,9 e con un passo di 3 metri, nasce sulla base della nuova Chrysler 300, a sua volta realizzata sulla piattaforma a trazione posteriore LX del Gruppo Chrysler. La nuova ammiraglia è caratterizzata da oltre 70 sistemi di sicurezza, tra cui l'Adaptive Speed Control (ACC) che regola la velocità e frena automaticamente per mantenere la distanza di sicurezza e il "Blind Spot Detection" che segnala l'ingresso di un veicolo nel "punto cieco" di visibilità, e viene proposta con due motorizzazioni a sei cilindri, entrambe con trasmissione automatica e trazione posteriore: il propulsore a benzina V6 Pentastar da 3,6 litri da 286 CV, abbinato ad un cambio automatico ZF a 8 rapporti, e un turbodiesel V6 da 3 litri di ultima generazione con due livelli di potenza (190 CV e 239 CV). Il nuovo Voyager è invece l'evoluzione di un'invenzione Chrysler nata nel 1984 che ha cambiato il linguaggio automobilistico inserendo una nuova parola e generato un nuovo mondo: MPV (Multi-Purpose Vehicle). Oggi, grazie all'alleanza tra i due marchi, "il modello americano "incontra" lo stile italiano per fondersi in una nuova forma automobilistica che unisce l'expertise Chrysler per il viaggio con quella Lancia per il piacere di guida, il benessere a bordo, la silenziosità nell'abitacolo e il gusto del 'made in Italy'". Il nuovo Voyager è lungo 5,21 metri, largo 1,99, alto 1,75 e con un passo di circa 3,1 metri. L'abitacolo può ospitare comodamente fino a 7 persone e, grazie al sistema 'Stow 'n Go' brevettato da Chrysler, consente di ricavare tutto lo spazio necessario per i passeggeri ed i loro bagagli, senza necessità di rimuovere i sedili. Il nuovo MPV Lancia è proposto con il propulsore diesel da 2,8 litri da 163 CV e un benzina da 3,6 litri da 283 CV.
(Fonte: http://borsaitaliana.it - 19/10/2011)

mercoledì 19 ottobre 2011

U.S.A., Fiat cambia strategia di marketing


Lo sbarco di Fiat negli U.S.A. si sta dimostrando per l'azienda italiana un passaggio molto delicato, com'era d'altronde prevedibile visti i tanti anni d'assenza da questo importante mercato e la forte concorrenza che il gruppo italiano si sta trovando di fronte. Dalle parti del Lingotto, comunque, sono ben consapevoli che ottenere delle ottime performance in termini di vendita non possa prescindere da un sapiente e ponderato lavoro di promozione del brand, puntando forte sul rafforzamento dell'immagine del marchio in modo da stimolare la domanda. È quindi da leggere in quest'ottica il fatto che Fiat ha recentemente chiuso la collaborazione con due agenzie di marketing, la Custom Martketing del Michigan e la 72andSunny di Santa Monica, che avevano finora curato la promozione del marchio torinese negli U.S.A. . Sebbene da parte di Fiat non sia arrivato alcun comunicato, un portavoce della controllata Chrysler ha assicurato che l'abbandono di 72andSunny è avvenuto alla regolare scadenza del contratto, smentendo quindi ogni possibile ipotesi legata a un cambio fatto per scarsa soddisfazione da parte del costruttore. Al di là delle possibili spiegazioni è chiaro che Fiat sta tentando di rinforzare la propria immagine e questa decisione sembra indirizzata proprio a dare una nuova sferzata all'avventura americana, anche perché il gruppo non ha assolutamente voglia di abbassare le proprie ambizioni e sembra invece alla ricerca di un nuovo partner cui affidare la gestione del marketing. D'altronde, rinforzare la percezione del brand presso il pubblico americano è di vitale importanza, anche in funzione delle buone prospettive di mercato di cui la Fiat 500, al momento l'unico modello italiano esportato negli U.S.A., sembra essere capace, sebbene finora la sua avventura americana pare sia stata un po' penalizzata in termini di vendita: il Cinquino a stelle e strisce ha infatti immatricolato circa 11.088 esemplari nei primi sei mesi della commercializzazione a fronte delle stime che ipotizzavano vendite per almeno 40.000 pezzi.
(Fonte: www.motori.it - 28/9/2011)

martedì 18 ottobre 2011

Consumer Reports giudica "eccellente" la Chrysler 300


L’articolo a corredo della prova su strada termina con un eloquente “la 300 è il miglior prodotto Chrysler che abbiamo visto negli ultimi decenni”. Un giudizio tanto lusinghiero viene fornito dal Consumer Reports, mensile pubblicato dalla Consumers Union e “bibbia” del consumatore statunitense, che può leggere recensioni di qualsiasi prodotto e critiche anche feroci ad oggetti non particolarmente riusciti. I giornalisti del magazine hanno tuttavia descritto la nuova berlina statunitense utilizzando solo parole al miele, attribuendole poi una valutazione di 80 punti percentuali che equivalgono al giudizio “excellent”, decisamente superiore rispetto al misero 64 della serie precedente. Il senior director di Consumer Reports, David Champion, ha provato l’ammiraglia in allestimento top di gamma C e motore V8 5.7, apprezzando in particolare l’handling raffinato e la maggiore "souplesse" di guida. Il cambio a cinque rapporti viene definito “morbido”, la frenata “molto buona” e gli interni “di qualità”, mentre in autostrada la vettura risulta “composta e reattiva”. Il prezzo della 300 provata ammonta a 44.730 dollari.
(Fonte: www.consumerreports.org - 30/9/2011)

lunedì 17 ottobre 2011

Produzione Fiat, il 2011 sarà l’anno peggiore


Dai piani operativi di Fiat, che Linkiesta ha potuto visionare in esclusiva, risulta un’ulteriore contrazione della produzione in quasi tutti gli stabilimenti. L’anno scorso l’annuncio di “Fabbrica Italia” si basava su un asserto: raddoppiare la produzione in cinque anni. Ad un anno dall’annuncio il calo è netto, e pesa soprattutto a Mirafiori. Dove continuano a correre voci di una pesante dismissione. Vedi i dati nella nostra infografica in fondo all’articolo. Per Fiat il 2011 è già il peggiore degli ultimi anni. La domanda legittima è che fine ha fatto il progetto Fabbrica Italia. Linkiesta ha ottenuto e visionato gli ultimi Piani operativi del Lingotto, dai quali si evincono tutte le difficoltà che Fiat sta avendo. E dire che nel 2010, durante la presentazione di quello che i vertici della casa torinese definivano «il più straordinario piano industriale che il nostro Paese abbia mai avuto», le stime erano ben differenti. «Nei prossimi cinque anni la produzione di auto e veicoli commerciali in Italia passerà da 800 mila a 1 milione e 650 mila unità all’anno», spiegavano John Elkann e Sergio Marchionne, rispettivamente presidente e amministratore delegato del gruppo. A oggi, secondo le stime di settembre, siamo fermi a quota 746.000 unità, che diventano 518.500 se si toglie la produzione del Ducato, circa 228.000 unità. Linkiesta ha preso in esame i maggiori stabilimenti europei del Lingotto: Mirafiori, Melfi, Termini Imerese, Pomigliano d’Arco, Cassino e Tychy (Polonia). Le cifre non sono esaltanti. Nell’arco di due anni si è passati da una produzione complessiva di 1,224 milioni di vetture l’anno a una di 1,018 milioni di auto previsto ad oggi per il 2011. Inoltre, al netto della Ford Ka, prodotta nel sito polacco di Tychy per 66.790 unità, si scende abbondantemente sotto quota un milione. Ma vediamo stabilimento per stabilimento cosa succede al Lingotto.
MIRAFIORI - Il dato finale del 2009 segnava una produzione di 172mila unità. La recessione ha portato Fiat a 123mila vetture nel 2010 e la previsione a inizio anno si attestava su volumi intorno alle 83mila unità. Tuttavia, così non è stato. Negli ultimi Piani operativi disponibili si può vedere come la produzione prevista per il 2011 è stata ridimensionata a 68.877 auto. Colpa soprattutto di due fattori. Da un lato il calo di Idea e Musa, due modelli destinati a finire la loro vita commerciale. Ma dall’altro c’è la contrazione dell’Alfa MiTo. Nelle previsioni di inizio 2011 la piccola sportiva del Biscione, derivata dalla Grande Punto, doveva essere prodotta in 56.736 unità. Ora le stime si attestano a 45.882. C’è però un altro aspetto che preoccupa i vertici del Lingotto. Stando a voci di corridoio, si sta cercando una soluzione per quello che è definito dai più come un sito vecchio, poco razionale e lontano dalle moderne tecnologie. Nei mesi scorsi il numero uno di Fiat (e Chrysler), Sergio Marchionne, aveva garantito che per lo storico stabilimento ci sarebbe stato un futuro, presentando un programma di sviluppo alle parti sociali. «Il piano prevede la creazione di una joint venture tra Chrysler e Fiat per portare a Torino una nuova piattaforma dagli Stati Uniti, che servirà per produrre automobili e SUV di classe superiore per i marchi Jeep e Alfa Romeo», spiegava Marchionne. Tuttavia, di questo piano, per ora, nemmeno l’ombra. Anzi, circola voce nell’ambiente dell’automotive torinese che Fiat sia pronta a chiedere 7 anni di mobilità per Mirafiori, in attesa di vagliare tutti i progetti per la sua riconversione. Fra le opzioni sul tavolo rimane quella del museo di casa Fiat, sullo stile di quello Volkswagen. Sono solo voci, per ora, che però ben testimoniano il senso di spaesamento che circola all’interno dello storico stabilimento.
MELFI - Il più proficuo stabilimento italiano vedrà uscire dai propri cancelli circa 250mila vetture per il 2011. Siamo ancora lontani dalle 266mila unità del 2009, ma siamo anche molto lontani dalle 261mila auto previste a inizio anno per il sito dove si producono Grande Punto e Punto Evo, i bestseller del Lingotto. Molto dipenderà dalla congiuntura internazionale, ma lo stesso Lingotto non teme una flessione troppo pesante per uno dei suoi modelli più venduti.
TERMINI IMERESE - Per lo stabilimento siciliano la produzione è in controtendenza rispetto al resto dell’Italia. Il 2009 si era chiuso con circa 48mila unità prodotte e le stime a inizio 2011 non erano positive, 25mila Lancia Ypsilon sarebbero uscite dalle linee. Invece, Fiat ha dovuto rivedere al rialzo le proprie previsioni, portandole a 36.929 unità. Tuttavia, il destino di Termini è già definito, dato che entro poco subentrerà a Fiat la DR Motors.
POMIGLIANO D'ARCO - Le 40mila vetture del 2009 e del 2010 sono solo un ricordo. Il 2011 si chiuderà, secondo gli ultimi Piani operativi, con 17.918 unità. Chiusa la produzione di Alfa 147, sostituita dalla Giulietta, e dalla Alfa GT, rimane in produzione la 159. Per la berlina della casa di Arese, tuttavia, la produzione supera di poco le 12mila unità. L’innovazione è data dalla Nuova Panda, appena presentata. Dopo le cinque vetture prodotte in settembre e le 38 previste per ottobre, la piccola di casa Fiat inizierà a nascere in larga scala. A fine anno ci saranno poco più di 5.700 le Panda che vedranno la luce in provincia di Napoli.
CASSINO - Quello che lo stesso Marchionne ha definito più volte ai suoi collaboratori «il miglior stabilimento del gruppo» è quello che ha visto la maggior revisione al ribasso delle stime di produzione 2011. Se a inizio anno si era a quota 182.000 unità, adesso siamo a circa 145.000. La colpa non è solo della dismissione produttiva della Fiat Croma, ma soprattutto delle sbagliate previsioni sulla Alfa Romeo Giulietta. La media sportiva del Lingotto, costruita sulla piattaforma della Fiat Bravo e della Lancia Delta, doveva essere prodotta in quasi 100.000 unità. La vita commerciale, tuttavia, non è così facile per la Giulietta e quindi il Lingotto ha dovuto ridurre i volumi a 90.000 vetture. Ma non solo. Da Via Nizza spiegano, in via informale, che tutti si attendevano un maggior successo. In previsione c’è quindi una ulteriore riduzione. Il calo si è già verificato, invece, per Bravo e Delta. Se per la media Fiat la stima di inizio anno era di 51.268 unità, oggi siamo già a quota 33.000. Analogo il calo per la Lancia, passata dalle 28.473 unità di inizio 2011 alle 20.869 di oggi.
TYCHY - Il sito polacco dove si producono le piccole del Lingotto è uno di quelli che subirà le maggiori trasformazioni nei prossimi anni. Da stabilimento modello, Tychy ha visto ridursi la produzione di oltre il 10% da inizio anno. Infatti, il primo Piano operativo di Fiat per il 2011 aveva spiegato che i volumi sarebbero stati superiori alle 563.000 unità. A settembre, l’ennesimo ribasso: 499.664 auto varcheranno i cancelli dell’impianto polacco. Ma non è tutto. A Tychy sono prodotte diverse vetture: Fiat Panda, Fiat 500, Nuova Ypsilon e Ford Ka. Al netto di quest’ultima (circa 66.000 unità l’anno, secondo le ultime stime), la produzione di Fiat scende a quota 432.874 vetture.
IL FUTURO - Il recente downgrade del rating da parte di Moody’s (da Ba1 a Ba2) riflette tutta l’incertezza che c’è intorno al Lingotto. Le gioie per Marchionne non arrivano nemmeno dalle vendite, in forte calo anche in agosto, quando tutta l’Europa è cresciuta del 7,8 per cento. Colpa dei modelli del Lingotto, considerati di poco appeal rispetto alle compagini francese o tedesche. E il futuro non è roseo. Oltre alle recenti Fiat Freemont, rebranding della Dodge Journey, e della Lancia Thema, ovvero la Chrysler 300C, le novità riguardano solo la Nuova Panda e la Maserati Kubang, il SUV del Tridente. Inoltre, il progetto di lanciare la 500 come brand sul mercato americano incontra serie difficoltà: Fiat puntava a vendere 50.000 pezzi, e al momento è ferma a 10.000. Si pensa già di spostare la produzione della 500 dal Messico al Brasile, più lontano dagli U.S.A. ma dove costruire auto costa meno. Troppo poco per competere alla pari con Volkswagen Auto Group. Ma anche per contrastare PSA e Renault.
(Fonte: www.linkiesta.it - 26/9/2011)

domenica 16 ottobre 2011

Mario Deaglio: Fiat, Confindustria e la vera partita per l'Italia


Con la decisione della Fiat di uscire dalla Confindustria, l’amministratore delegato Marchionne si configura una volta di più come avversario del «gattopardismo», un termine che vuole indicare un cambiamento di facciata che lascia intatti i sottostanti meccanismi e rapporti di potere. Derivato da «Il Gattopardo» di Tomasi di Lampedusa, dove il nipote del protagonista, Tancredi, pronuncia una frase divenuta emblematica della realtà italiana: «Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi» descrive purtroppo molto bene la nostra disperante immobilità. Marchionne, può essere ammirato o criticato, può trovare consensi o dissensi ma di sicuro non è un Gattopardo. La sua azione di amministratore delegato della Fiat continua a configurarsi come il principale elemento di discontinuità, o, se si preferisce, di rottura, con la tradizione italiana di rapporti tra imprese e politica, tra imprese e mondo del lavoro, tra imprese e estero. La decisione del 2009 di correre l’avventura americana con l’ingresso nel capitale della Chrysler, un’impresa più grande della Fiat - di cui la Fiat oggi detiene la maggioranza assoluta - non rientra certo negli schemi normali del capitalismo italiano, spesso molto attenti a non «offendere» i grandi concorrenti stranieri ma piuttosto a collaborare con loro; così come non vi rientrano gli accordi sindacali relativi agli stabilimenti di Pomigliano e Mirafiori e ex Bertone che hanno, in varia misura e con varie modalità, scardinato la bene oliata macchina delle normali contrattazioni sindacali; e il disinteresse che in più di un’occasione recente la Fiat ha mostrato verso gli sgravi fiscali per sostenere la domanda di auto in Italia. La strategia degli investimenti di un gruppo delle dimensioni della Fiat non può non condizionare in gran parte la politica industriale dell’Italia, specie quando questa politica, come è successo negli ultimi 2-3 anni, può considerarsi praticamente inesistente. Quella che si è venuta definitivamente precisando con gli annunci di ieri è sicuramente una strategia scomoda, che, per di più, va contro a molta saggezza convenzionale. Il ritorno in Italia dalla Polonia di lavorazioni industriali «pesanti», la conferma di un ruolo tecnologico-produttivo importante per lo stabilimento torinese di Mirafiori, il tentativo di riaccendere la competizione della Fiat nel settore delle auto di qualità, in competizione con grandi case straniere, a partire dallo stabilimento ex Bertone sono mosse audaci, specie in un momento di difficile congiuntura mondiale come quello presente. Sono scommesse importanti, dall’esito non scontato, in un mondo industriale che non ama molto scommettere e che cerca spesso garanzie pubbliche e coperture bancarie, oltre che l’assenso informale del sindacato, a gran parte delle proprie iniziative. Tutto ciò non significa che il mondo industriale non possa trovare una sua dimensione internazionale o che l’ambiente in cui operano le imprese italiane sia oggettivamente privo di punti di forza; di sicuro, però, tale ambiente si è rivelato poco adatto al quadro competitivo che, per il momento almeno, prevale nel mondo. Per valutare bene la portata dell’inadeguatezza italiana occorre ricordare che da vari anni nessuna grande impresa, italiana o estera che sia, compie investimenti importanti nel Mezzogiorno - se si eccettua qualche iniziativa dell’industria pubblica - e che il resto d’Italia vive in un clima economico stagnante in marcato contrasto, anche in questo periodo di crisi, con il carattere estremamente dinamico dell’economia mondiale. Una ricerca del Fraser Institute che viene presentata in questi giorni a Torino dal Centro Einaudi, pone l’Italia al 70 ̊ posto nel mondo e al terzultimo in Europa per quanto riguarda la libertà economica; nel 2008 era al 66 ̊ posto, nel 2003 al 50 ̊, 10 anni fa al 35 ̊. Questi numeri parlano da soli. O forse no. L’Italia può anche legittimamente scegliere la strada del «piccolismo», dell’irrilevanza internazionale, del Paese-museo; delle relazioni sindacali in cui si stabilisce che tutto cambi, come con l’articolo 8 della recente manovra che consente di regolare con accordi anche i licenziamenti individuali, salvo poi procedere a un’intesa Confindustria-sindacato che impegna i contraenti a non applicare tale articolo. Precisamente tale intesa è stata la causa prossima dell’uscita della Fiat dalla Confindustria. L’importante in questa vicenda non è stabilire se Marchionne abbia ragione o torto; è prima di tutto importante che gli impegni presi vengano rispettati e sin qui questo è successo. Occorre poi che l’Italia, di tutti i colori politici e di tutte le convinzioni, decida se vuole cercar di giocare una partita economica di primo piano. Se lo vuol fare non potrà difendere i diritti attuali di tutti se non riducendo di fatto i diritti di chi è senza lavoro e delle nuove generazioni, come purtroppo sta succedendo. Di fronte a alternative del genere, rinviare le scelte e fare i Gattopardi non serve a nulla.
(Fonte: www.lastampa.it - 4/10/2011)

sabato 15 ottobre 2011

Suzuki, lettera ufficiale di lamentele a VW. Winterkorn: "Teatrale". Divorzio in vista?


L’alleanza tra Volkswagen e Suzuki continua a far discutere, a giudicare dagli sviluppi di questi ultimi giorni: la relazione tra i due costruttori non è mai stata rose e fiori, e gli avvenimenti odierni aggiungono un ulteriore capitolo di attriti a questo rapporto travagliato. Osamu Suzuki in persona ha scritto a Martin Winterkorn una lettera ufficiale di lamentela perché la casa tedesca avrebbe intaccato l’onorabilità della sua azienda. Suzuki si riferisce in particolare alla reazione dei tedeschi di fronte all’accordo stretto tra la casa del Sol Levante e Fiat per la fornitura del 1.6 MultiJet, preferito al 1.6 TDI di Wolfsburg. In quell’occasione Volkswagen commentò la notizia affermando che la controparte aveva in tal maniera violato i termini dell’accordo industriale. E la cosa non è andata giù al presidente Osamu, che non a visto alcun “infringement” nella manovra. Volkswagen ha confermato di aver ricevuto la missiva. E da parte sua ha fatto sapere di averla trovata fuori luogo: “teatrale”, per la precisione, l’aggettivo usato da Winterkorn per descrivere l’iniziativa, con la quale Suzuki ha chiesto di ritirare quanto detto, con tanto di scuse.
(Fonte: www.autoweek.nl - 26/9/2011)

venerdì 14 ottobre 2011

La piattaforma "modulabile" della Jeep destinata a Mirafiori


La piattaforma che Sergio Marchionne ha deciso di portare a Mirafiori ha origine nell'architettura Compact, base su cui verranno costruiti gran parte dei modelli Fiat/Chrysler. Il pianale ha una funzione strategica, perché è il mezzo con cui si ottengono economie di scala per realizzare differenti modelli (il risparmio è di circa il 35%), pur consentendo di modificare alcuni elementi peculiari: trazione, passo, carreggiata, lunghezza. L'architettura è l'insieme dei sistemi collegati alla piattaforma: sospensioni, sterzo, freni, scarico, climatizzatore, strutture dei sedili, dispositivi di sicurezza. La piattaforma modulabile permette di usare pochi pianali per tante auto: per questo è la nuova frontiera dei costruttori. Sulla base della Ford Focus vengono costruite otto vetture. La Volkswagen produce, sulla stessa architettura, modelli analoghi con marchi differenti. Sulla Compact è nata l'Alfa Romeo Giulietta, con l'impiego di acciaio ad alta resistenza (in oltre il 90% della struttura) e di materiali leggeri (la traversa anteriore che collega le sospensioni è in alluminio; il Multilink posteriore impiega bracci in alluminio, che consentono un risparmio di almeno dieci chili rispetto a un sistema tradizionale). Determinante anche l'uso di componenti termoplastici Xenoy per gli elementi di assorbimento dei paraurti. L'evoluzione di questa «base» è il pianale C-Wide, già usato negli U.S.A. dalla Dodge per una berlina medio-grande che verrà presentata al Salone di Detroit (gennaio 2012). Una vettura marcatamente sportiva, a due volumi, affusolata, più larga e più lunga della Giulietta. Sempre la C-Wide darà origine alla Giulia che, per adattarsi al mercato americano e superare i test di omologazione, dovrà essere ancora più larga. A Mirafiori sarà pronta entro il 2012 la versione Small Wide: idonea a costruire veicoli di segmento B (come una piccola Jeep), potrà adattarsi alla futura Punto e a un suv firmato Fiat, di ingresso al segmento C. Potrà accettare la trazione integrale. In Serbia, nello stabilimento Fiat di Kragujevac, viene realizzato sempre su questa base il monovolume Fiat L0 (lungo circa 430 centimetri), che vedremo la prossima primavera al Salone di Ginevra, assemblato in due versioni in circa 250 mila pezzi l'anno.
(Fonte: www.corriere.it - 10/10/2011)

giovedì 13 ottobre 2011

Chrysler-UAW, raggiunto un accordo preliminare sul contratto


Il gruppo Chrysler e la United Auto Workers, il più grande sindacato del settore, hanno raggiunto un accordo preliminare per il nuovo contratto nazionale di lavoro della casa di Detroit. I termini dell'accordo, che interessa circa 26mila dipendenti, non sono stati resi noti perché la bozza dovrà prima essere ratificata dai lavoratori. Il sindacato e l'azienda guidata dal ceo di Fiat, Sergio Marchionne, stanno trattando da mesi il rinnovo delle condizioni di lavoro alla luce dei miglioramenti nell'andamento di mercato della casa americana passata sotto il controllo del Lingotto in seguito alla crisi del 2008. Il numero uno del sindacato, Bob King, ha dichiarato che l'accordo creerà 2.100 posti di lavoro negli U.S.A. e prevede investimenti negli impianti produttivi per 4,5 miliardi di dollari entro il 2015. "Questa intesa, assieme agli accordi conclusi con General Motors e Ford comporta più di 20mila nuovi posti di lavoro in America", ha aggiunto King, precisando che, "unitamente a quelli creati tra i fornitori ed altre attività sostenute dalla produzione di auto, si aggiungeranno complessivamente 180mila nuovi posti nel paese. Attraverso i negoziati collettivi e la cooperazione con i costruttori di auto nazionali abbiamo dimostrato che la collaborazione e le contrattazioni collettive funzionano". Le questioni sulle quali si è incentrato il confronto tra Chrysler e la UAW sono essenzialmente tre e riguardano l'entità dei bonus, gli assegni agganciati ai profitti e il tetto sul numero dei dipendenti con lo stipendio d'ingresso. L'UAW reclamava un tetto del 25% sui lavoratori che ricevono le paghe minime, mentre Marchionne, per contenere i costi, non voleva limiti. Attualmente i dipendenti che percepiscono lo stipendio più basso rappresentano il 12% del totale, ma Chrysler nei prossimi quattro anni intende applicare il salario minimo a tutti gli oltre duemila lavoratori che prevede di assumere. Alla fine su questo punto l'ha spuntata Marchionne. L'intesa raggiunta prevede infatti, secondo fonti UAW, un bonus di 3.500 dollari, ma nessun tetto sul numero dei dipendenti che percepiranno la paga minima. Il bonus sarà pagato per metà alla firma, mentre la restante quota verrà assegnata successivamente al raggiungimento di determinati risultati finanziari. E' inoltre previsto un assegno di 500 dollari all'anno, per un totale di 2.000 dollari, per compensare l'aumento del costo della vita. Nel contratto è stato inserito anche un premio qualità di 500 dollari e un premio di produttività che sarà calcolato con meccanismi simili a quelli fissati per Ford e GM. Tutte le nuove assunzioni in Chrysler, infine, avverranno a livello di ingresso e fino al 2015 non sarà previsto alcun tetto sulla quota di lavoratori assunti con lo stipendio base. Era andata diversamente con gli accordi in Ford e GM. Nel nuovo contratto Ford per le paghe minime è previsto un tetto del 20% che sale al 25% nel contratto firmato alla General Motors. I lavoratori Ford percepiranno inoltre un bonus di 6.000 dollari e quelli di GM di 5.000 dollari praticamente nei prossimi due mesi. Marchionne aveva definito "eccessivamente generosi" i contratti di Ford e GM, sottoscritti dalla UAW nelle scorse settimane. Chrysler ha guadagnato 116 milioni di dollari nel primo trimestre dell'anno, tornando all'utile dopo cinque anni, ma ha perso 370 milioni nel secondo trimestre, soprattutto per gli oneri legati al rifinanziamento del debito. L'obiettivo di Chrysler è un utile compreso tra 200 e 500 milioni di dollari nel 2011.
(Fonte: www.repubblica.it - 12/10/2011)

mercoledì 12 ottobre 2011

Marchionne, Chrysler e la (sacrosanta) crociata contro i "doppioni" negli autosaloni


Sergio Marchionne ha definito nei giorni scorsi la futura strategia per non riproporre più auto “doppie”, ovvero i modelli presenti nell’attuale listino figli del più semplice re-badge o vittime di sovrapposizioni. Evidente in particolare il caso delle Chrysler Town&Country e della Dodge Caravan, due vetture identiche che - accusa Sergio Marchionne - creano confusione nella clientela e conflitto fra i marchi. “Il cliente non è stupido - commenta l’ad -. E’ deleterio avere le stesse automobili in concessionaria e marchiarle diversamente”. A tal proposito si eviterà un’ulteriore sovrapposizione fra le Chrysler 200 e Dodge Avenger: la prima verrà sostituita da un nuovo modello nel 2013, mentre la berlina dell’Ariete sarà rimpiazzata da un crossover di taglia media. Nella futura gamma Dodge verrà poi introdotto un secondo crossover, questa volta di segmento medio/basso. Confermato anche l’ingresso in gamma di una berlina tre volumi in sostituzione della Caliber, che verrà esposta durante il salone di Detroit e sarà declinata in versione Fiat (ma solo per il mercato cinese) e Lancia, quest’ultima con carrozzeria due volumi. Un monovolume di grandi dimensioni sarà presente nella sola gamma Chrysler a partire dal 2014. A tal proposito Marchionne spiega che “i crossover sono più indicati per Dodge, vista la natura sportiva del marchio”. Suscita maggiori perplessità il futuro delle sub-compacts. Chrysler e Dodge dovranno essere “molto, molto prudenti” nell’introdurre una vettura che rispetti i requisiti economici. Insomma, o costerà poco oppure non verrà commercializzata.
(Fonte: www.autonews.com - 10/10/2011)

martedì 11 ottobre 2011

Quasi pronta la berlina Dodge su base Giulietta


“CUORE” ITALIANO - Quella che vi riproponiamo è la prima foto senza camuffature della nuova Dodge Caliber, che ha abbandonato le forme di crossover per diventare una “tradizionale” berlina, apparsa sul sito americano "Autoblog.com". Si tratta di un modello fondamentale per le strategie del gruppo italo-americano dato che è una delle prime auto costruite congiuntamente da Chrysler e Fiat, partendo dal pianale C-Evo della Giulietta che può essere ampiamente modificato.
UNA BASE PER LA GIULIA - In accordo alla logica delle strette sinergie tra i due costruttori, il pianale della Dodge Caliber, opportunamente adattato, dovrebbe essere condiviso anche con la nuova Alfa Romeo Giulia. Qualche tempo fa è stato sorpreso in Italia un prototipo della berlina americana con ancora la carrozzeria della Giulietta allungata.
IN CINA DIVENTA UNA FIAT - La nuova Caliber è un modello molto importante per la casa americana, perché dovrebbe essere il modello in grado di percorrere 40 miglia per gallone (l'equivalente di circa 14 km/l) che permetterà alla Fiat di salire al 58,5% in Chrysler, come previsto dal terzo obiettivo fissato dal contratto con il governo Obama. Stando alle indiscrezioni, la nuova Caliber dovrebbe dare orgine anche a un modello Fiat, che dovrebbe sbarcare nella seconda metà dell'anno prossimo in Cina, dove sarà costruita in loco con il partner Guangzhou. Si dice che l'auto avrà frontale, coda e interni ridisegnati.
(Fonte: www.autoblog.com - 23/9/2011)

lunedì 10 ottobre 2011

Elkann: addio Confindustria, ma resta l'impegno in Italia


«La nostra uscita da Confindustria non modifica i nostri impegni in Italia». Anzi: «Le nostre motivazioni sono logiche e coerenti con il percorso che abbiamo fatto e continuiamo a fare». Poi John Elkann quel «percorso» lo spiega: la Panda in partenza a Pomigliano, le Jeep promesse a Mirafiori, i nuovi motori Alfa garantiti a Pratola Serra. Ma è già un andare oltre. Lasciando confinato là, nelle due frasi calibrate ieri a Genova, qualsiasi riferimento a Viale dell'Astronomia. Volutamente. Freddamente. Sono passati due giorni, dallo schiaffo del divorzio Fiat. Che «fuori» (dal Lingotto) continua a bruciare. E, com'era prevedibile, su un fronte molto allargato. Imbarazza e divide l'associazione degli imprenditori, marca una volta di più le differenze tra i sindacati (Cisl e Uil sempre dialoganti e tutto sommato pro-azienda, Cgil sempre contro e quasi pro-Confindustria), regala alla politica un nuovo filone da cavalcare: persino la Lega, fino a ieri ferocemente anti-Fiat, davanti all'elogio dell'articolo 8 ora alza la bandiera dello «strappo di Torino» e inneggia al presunto federalismo di Sergio Marchionne. «Effetti collaterali», li chiamano nel gruppo: non graditi, ma messi in conto. Previsto anche che le polemiche non si fermassero al giorno dell'annuncio. All'esterno, però. Dentro, capitolo chiuso. Marchionne ha deciso, e «noi non facciamo entrate e uscite». Elkann ha condiviso, e le parole di ieri dimostrano quanto anche per lui la lunga storia di Fiat e Confindustria insieme sia, appunto, storia. Finita. Archiviata. Gli manca ancora un passo formale: dell'associazione è vicepresidente e, pur se si sciogliesse il gelo ormai calato dei rapporti con Emma Marcegaglia, è ovvio che lascerà. Senza rimpianti. Ma anche senza clamore. È, almeno, quello che il presidente del Lingotto spera. Perciò evita toni polemici. Perciò, esattamente come Marchionne lunedì, non dice mai: usciamo perché non ci sentiamo rappresentati. E sposta il focus su quella che, insiste, è la vera sostanza. Fiat-Chrysler ha già una dimensione multinazionale e «deve» crescere ancora di più nel mondo. Per questo Torino è stata «costretta» a lasciare Viale dell'Astronomia: perché servono la flessibilità e la certezza degli accordi firmati a maggioranza, cui l'articolo 8 dà forza normativa e che, invece, l'intesa Confindustria-sindacati del 21 settembre rischia di sterilizzare. Interverrà più tardi, sul tema, Maurizio Sacconi. Quel rischio non c'è, ripete il ministro del Welfare, con precisazioni che suonano più come avvertimento alle parti sociali che come richiamo al Lingotto: i patti interconfederali «non depotenziano l'articolo 8» perchè l'articolo 8 è legge, ed è dunque «la legge oggi a garantire la capacità degli accordi aziendali in tutti i settori e l'efficacia generalizzata a tutti i dipendenti degli accordi sottoscritti a maggioranza». Benissimo, incassa Confindustria: «Concordiamo con quanto affermato dal ministro, la sua dichiarazione sgombra il campo da possibili equivoci». Il problema è: concorderà anche la Cgil? E la Fiom? I dubbi (fondati) restano. E sono quelli che una Fiat-Chrysler «impegnata a crescere nel mondo - parole di Marchionne - non può permettersi in Italia». Leggere però tutto questo come preludio all' uscita anche dal Paese è, per il Lingotto, «totalmente sbagliato». Ed Elkann lo ribadisce: «Il nostro percorso è coerente. Abbiamo annunciato lunedì l'impegno per Mirafiori e Pratola Serra. A Grugliasco, chiusa da cinque anni, produrremo le nuove Maserati. A Pomigliano stiamo costruendo la Panda. Tutti questi sono investimenti nel Paese». Non convince, ovviamente, la Fiom. Ma Cisl, Uil, Fismic ci scommettono. L'uscita da Confindustria l'hanno già a loro volta archiviata: «Ora - chiede Luigi Angeletti - l'obiettivo dev'essere un solo contratto per tutti i dipendenti Fiat in Italia». Sa che il modello Marchionne già ce l'ha: Pomigliano-Mirafiori-Grugliasco.
(Fonte: www.corriere.it - 6/10/2011)

domenica 9 ottobre 2011

Saro Capozzoli (Jesa Investment): i 30 anni di errori di Fiat in Cina


Era il lontano 1982 quando una delegazione cinese della Shanghai Automotive Industry Corporation atterra a Torino per incontrare i vertici Fiat. Dopo poche ore lo stesso gruppo riprende il volo e atterra a Monaco continuando un dialogo instaurato con i tedeschi già nel 1978. Un anno dopo, la prima Volkswagen Santana esce dal primo stabilimento tedesco in Cina. Che cosa è successo a Torino? Una fonte ben informata, che vive ad Hong Kong da più di 40 anni e che era presente all’incontro dei cinesi con l’Avvocato Agnelli, ricorda che la delegazione era andata a proporre una joint venture per portare alcuni modelli italiani sul mercato cinese. Ciò che interessava ai cinesi erano modelli semplici, robusti e adatti ad un mercato emergente, e ritenevano quindi il prodotto Fiat adatto. Quello che è stato risposto ai cinesi è stato un netto no: «In Cina non avete le strade, dove pensate di metterle le auto? E quelle che ci sono, sono intasate da milioni di biciclette». Dopo questa risposta, basata su non si sa quali basi ed analisi industriali, la stessa delegazione ha ripreso il viaggio per Monaco. Tutto il resto è storia. Sono passati quasi 30 anni e tante cose sono successe in Cina e nel mondo. Quello che possiamo registrare ora è che ancora oggi, girando per le strade e le autostrade in Cina, incontrare un’auto prodotta da Fiat è come incontrare un elefante bianco in Thailandia: in pratica il brand è praticamente inesistente. Al contrario, i maggiori concorrenti di Fiat sono ben stabiliti ed in forte sviluppo. Secondo la China Association of Automotive Manufacturers (Caam), nel 2010 in Cina si sono prodotte più di 18.3 milioni di automobili con un incremento sull’anno precedente del 32,44%. Di queste, circa 4.3 milioni erano mezzi commerciali. Nel 2011 ci si aspetta di superare la quota 20 milioni e gran parte di questa espansione non avverrà nelle grandi città, già congestionate dal traffico, ma nelle città minori. I produttori di automobili in Cina sono circa 120, molti di questi anche molto piccoli (anche da 1000 auto all’anno), ma l’85% del mercato è occupato e dominato da marchi stranieri. Produttori locali come Chery Automotive Co. ed in particolare Geely Holding Group (il nuovo proprietario della svedese Volvo Cars), crescono velocemente ma restano ancora distanti nella loro marcia di avvicinamento ai produttori stranieri. General Motors diventa il primo produttore locale nel 2009 vendendo 1,83 milioni di automobili (seguito subito dopo da Volkswagen), e tenendo conto che il 40% delle componenti sono prodotti negli U.S.A. . I più importanti produttori del mondo sono quindi presenti in Cina con propri impianti: Mercedes-Benz, Ford, General Motors, Suzuki, Daihatsu, Honda, Subaru, Citroen, Toyota e la maggior parte di loro ha come partner i produttori di automobili cinesi più importanti, i "Big Three”. In aggiunta, per la prima volta la General Motors nel 2010 ha venduto più auto in Cina (2.35 milioni di vetture) di quante ne abbia vendute negli U.S.A. (più di 2.2 milioni vetture). Alla luce dei numeri e dei dati, la dichiarazione di Marchionne rilasciata la settimana scorsa a Calgary, Alberta, ad un meeting annuale di Ceo (ripresa da Edward Welsch su MarketWatch) suona quindi incomprensibile: «Il futuro di questa industria è destinato a portare alla eliminazione di players marginali», ha detto Marchionne. «A meno di non riorganizzare o dimensionare noi stessi per cercare di affrontare con ambizione la scala delle nostre attività, per essere in grado di competere con i cinesi, non avremo un grande futuro». Marchionne ha poi aggiunto che i produttori di automobili nel mondo sviluppato sono totalmente mal equipaggiati nell’affrontare la Cina come mercato e ad affrontare i cambiamenti delle politiche di Pechino. «Escludendo la Cina, ci saranno alla fine solo cinque case automobilistiche di grandi dimensioni nel mondo sviluppato», ha detto Marchionne, «ognuno dei quali produrrà da 5 a 6 milioni auto all’anno condividendo il design e l’architettura delle auto a livello globale». Leggendo queste parole, si resta allibiti dopo aver visto i numeri generati dai maggiori players mondiali in Cina. Viene da dire che, viste le premesse, probabilmente la Fiat non sarà tra questi 5-6 global player se non cambierà direzione e mentalità di approccio al mercato. Basta analizzare la sequenza delle scelte effettuate in Cina, con strategie definite in modo incomprensibile che hanno portato gli italiani all’uscita dal mercato negli ultimi 3 anni (semmai ci sia mai entrata realmente). Anche le premesse per il futuro di Fiat non sono confortanti, in un mercato dove ormai si producono più auto che negli Stati Uniti ed in gran parte da fabbriche gestite da concorrenti globali di Fiat. Ma andiamo con ordine e cercheremo qui di fare una breve carrellata dell’esperienza Fiat in Cina, tenendo conto in gran parte del settore auto, senza occuparci del settore industriale su cui sarebbe utile aprire un capitolo a parte. Fiat entra in Cina nel 1986 attraverso una joint venture tra Iveco e la Nanjing Automotive per la produzione di Daily, che diventa uno dei mezzi commerciali più di successo. Fiat Auto invece, dopo molti tentennamenti, entra nel 1999 in joint venture con la Nanjing Automobile. La produzione effettiva inizia solo nel 2002 con i modelli “Palio” e in seguito “Siena” e “Perla”. L’obiettivo dichiarato era vendere 263 mila auto entro il 2010. L’investimento è stato di 3 miliardi di Renminbi (circa 330 milioni di euro) e ha sempre operato in perdita, vendendo mediamente 30 mila macchine l’anno. Il fatto di aver introdotto sul mercato tre modelli vecchi, unito ai problemi di gestione che hanno portato a cambiare il presidente della Joint Venture quattro volte (e a rimpiazzare per ben sette volte il team di marketing e di vendita), e le basse vendite, ha segnato in maniera definitiva la collaborazione. La Joint Venture viene quindi sciolta nel 2007 e la fabbrica viene venduta alla Volkswagen. Fiat cerca di restare sul mercato con appena 4 mila auto vendute importandole dall’Italia. Fiat Auto si accorda quindi nel 2007 con Chery per formare una nuova Joint Venture dove l’obiettivo era produrre 175 mila automobili Alfa Romeo e Fiat in Cina, tuttavia l’operazione viene cancellata nel 2009. Nello stesso anno Fiat vende solo 454 auto tra Punto e Brava, sempre importate. Fiat Auto firma quindi un accordo nel 2009 per formare una Joint Venture con il Guangzhou Automobile Group Co. con l’obiettivo di produrre 140 mila auto e 220 mila motori l’anno. L’investimento è pari a 400 milioni di Euro. La produzione doveva partire nella seconda metà del 2011, ma sembra che non vedremo nulla uscire dalla fabbrica prima del 2012. Nel 2011 Fiat punta a vendere in Cina 300 mila auto entro il 2014, ottenendo così una quota di mercato del 2%. Per questo scopo si punterà sulle sinergie con Chrysler che è presente da anni in Cina. Anche in India e in Russia i risultati sono al di sotto delle aspettative e ben lontani dai target prefissati. Salta la Joint Venture con la Sollers, società di costruzione di automobili russa che copre tutti i servizi dalla produzione alla vendita e manutenzione, che preferisce dialogare con Ford, ed in India, pur avendo una forte partnership con la Tata, che siede anche nel consiglio di Fiat in Italia, le auto vendute sono solo 20 mila a fronte delle 130 mila previste. Da questa breve carrellata possiamo capire che esiste un problema di approccio e di comprensione del mercato, di scelta dei modelli, di governance ed in generale di organizzazione delle vendite. Un sito web cinese specializzato in automotive (Auto163) ha di recente intervistato il Global Operations Director di Fiat Lorenzo Sistino, il quale ha ammesso che Fiat ha effettivamente perso almeno 3 anni. In un mercato in così veloce sviluppo 3 anni vogliono dire molto, e Fiat ha reagito dando la colpa per prima cosa alla difficoltà di trovarsi un nuovo partner e successivamente alle lunghe trattative con il nuovo partner GuangZhou Auto. Non è mai colpa propria, sempre del mercato o degli altri. Sistino comferma la scelta di portare small cars and green technology nel mercato, spiegando così la scelta di portare la Fiat 500 in produzione in Cina. Da quello che si legge in rete e nei blog in Cina, sembra che il prezzo della mini car sarà attorno a 190 mila Rmb (circa 21.700 euro) cosa che lascia molto perplessi non solo gli esperti ma anche il pubblico più interessato, considerando il fatto che una piccola utilitaria, pur essendo “sexy” ed avendo tutti i vantaggi tecnologici possibili, è percepita come di basso valore. Si dovrà capire se il grande pubblico la penserà come gli esperti di Fiat, oppure finirà come con la Smart, che pur essendo prodotta e promossa da Mercedes (ben presente in Cina da decenni) non ha mai attecchito nel mercato in gran parte a causa del prezzo proposto e della tipologia dell’auto: troppo piccola. C’è poi da aggiungere che i concorrenti cinesi offrono molti modelli delle stesse dimensioni e molto competitivi, per esempio la QQ a meno di 5000 Euro, e ci si pone quindi ad un livello difficile da difendere e in cui competere. Dopo il fallimento del concetto della “World Car” che doveva essere espresso dalla Palio (che continua comunque ad essere proposto in giro per il Mondo), l’automobile che avrebbe dovuto penetrare i mercati emergenti, mi chiedo se in Fiat ci si sia mai sintonizzati con i mercati locali o se si sia semplicemente seguita la logica del “riciclare” impianti produttivi. Cercare di competere con i cinesi sul loro terreno è stata cosa molto ardua con modelli percepiti di basso livello e troppo comuni (come la Palio e la Siena, intendo) e che non sono stati accettati neanche in Europa, è stato partire con il piede sbagliato. Purtroppo i segnali sul futuro non sono incoraggianti dato che i modelli proposti per la Cina da Fiat non sembrano certamente seguire il trend del mercato. Vediamo cosa offrono i tedeschi, ad esempio. Almeno 30 modelli diversi, tra cui troviamo prodotti di punta come la A6, A8 assieme agli ultimi modelli Passat, Tiguan, Jetta, Golf, Touareg, ma anche modelli più piccoli come la nuova Polo, che è offerta in un paniere molto più ampio e quindi non come unica soluzione ed in un contesto di assistenza commerciale e tecnica sul territorio molto esteso. Da notare che molti modelli, come la Passat, sono stati anche adattati al mercato e quindi, dopo attente analisi di gradimento svolte sul pubblico, le auto Passat in Cina sono prodotte oggi più lunghe e più larghe delle corrispondenti europee. Questo è un esempio di adattamento dei prodotti al mercato, cosa che Fiat non ha ancora compreso che il semplice trasferimento di linee produttive da un paese all’altro senza porsi domande sui mercati, non sempre è una politica commerciale vincente, specie in Cina. Abbiamo sentito più volte parlare di introdurre l’Alfa Romeo in Cina, ma finora questo piano è rimasto sempre sulla carta. Nel corso degli anni, mi è capito di parlare con alcuni manager di Fiat e ho sempre fatto loro la stessa domanda: ma perché non provate a spingere e puntare su auto dinamiche e sportive come quelle prodotte da Alfa Romeo o Lancia, segmento che viene percepito a più alto valore aggiunto in Cina. Le risposte sono sempre state molto vaghe fino al punto di dire che l’Alfa Romeo è un marchio di nicchia che non potrebbe realmente prendere quota in Cina. Ma guarda caso, proprio il ceo di Volkswagen, Ferdinand Piech ha dichiarato che se Alfa Romeo fosse nelle mani di VW, le vendite potrebbero quadruplicare. Ma queste dichiarazioni sono state rimandate al mittente dal ceo di Fiat e Chrysler, Sergio Marchionne. Quello che è stato ribadito che Fiat si impegnerà nella creazione di un gruppo capace di produrre 6 milioni di auto, ma non si capisce come se si continuano a tenere sotto tono i gioielli della tecnologia italiana come le Alfa Romeo, puntando invece su modelli più popolari che persino in mercati emergenti come quello indiano e cinese non trovano gradimento. Quello che si percepisce in questo atteggiamento è un fenomeno che possiamo chiamare “colonialismo industriale” quando il compratore di un marchio cerca sempre di spingere e prediligere il proprio rispetto ai marchi acquisiti. Un mio amico italiano, ha portato la propria Alfa Romeo in Cina dove risiede e con la quale freccia per le strade di Shanghai. Mi dice che spesso viene fermato nei parcheggi o agli incroci da cinesi che gli chiedono dove la si può vedere e comprare. A conferma di quanto si sostiene qui, che per entrare in Cina per un marchio straniero, ci si deve posizionare su una fascia medio alta proponendo più modelli, meglio se gli ultimi modelli. Vediamo quindi i numeri relativi alle vendite ottenute da Ferrari e Lamborghini in Cina. Numeri impressionanti tant’è vero che un cliente cinese deve attendere anche fino a due anni prima di sedersi sulla Ferrari. Ad oggi, settembre 2011, la Lamborghini Holding S.p.A. ha venduto circa 200 auto sportive in Cina, eguagliando il numero totale di auto vendute l’anno precedente quando le vendite sono aumentate del 150% su base annua. Nel 2011 le vendite totali in Cina dovrebbero raggiungere le 300 vetture. Nel 2007, Lamborghini vendette solo 28 macchine nel mercato cinese, che rappresentano solo il 10mo mercato per la società, una di queste 28 è stata acquistata da un ristoratore cinese che l’ha posizionata nel proprio ristorante per attirare i clienti ad ammirarla. Emergono sempre più “nuovi ricchi” in Cina, e secondo il “2011 World Wealth Report” di Capgemini SA e Bank of America Corp., il numero dei nuovi milionari in Cina è cresciuto del 12% fino a raggiungere i 534.500 individui nel 2011, portando la nazione al quarto posto dietro a Stati Uniti, Giappone e Germania. Nel 2010 la Ferrari ha venduto circa 300 vetture e si prevede di arrivare a circa 600 vetture nel 2011. È da notare che il 20% degli acquirenti sono donne ed è forse questo il motivo che per Shanghai si vedono spesso Ferrari di colore rosa ma anche verde pisello. Porsche, produttore tedesco di auto sportive, prevede che le vendite nel 2011 in Cina supereranno le 20 mila vetture, in crescita del 40%. In questo contesto di lusso sfrenato, il governo cinese non dimentica però le problematiche del traffico e dell’ambiente. In un mondo che cerca di affrancarsi dal petrolio e di rendere le città più vivibili, persino in Cina il governo ha stanziato incentivi per chi produce auto elettriche e i programmi prevedono di arrivare a produrne 600 mila entro i prossimi 3 anni. Non è questo un segnale importante? Eppure persino Montezemolo ha espresso dubbi sulle auto elettriche. Ma siamo proprio sicuri che il futuro sono i Suv di Chrysler? In conclusione, è proprio vero che la storia delle aziende è in gran parte determinata in primo luogo dalle persone che spesso decidono senza avere tutte le conoscenze e la cognizione dei tempi che cambiano (ci riferiamo all’approccio dell’avvocato Agnelli di 30 anni fa) e da come si studiano e affrontano i mercati, dalla capacità di sapersi rinnovare e capire quando è il momento di voltare pagina. Purtroppo molte aziende italiane, e quindi non solo Fiat, quando si trovano di fronte a realtà che non riescono a comprendere, e quando non riescono ad adeguarsi alla velocità dei cambiamenti di mercato, come si è visto danno la colpa dei loro fallimenti a cause esterne e non controllabili. Purtroppo non è una giustificazione accettabile. Quello che emerge da quanto detto è che Fiat ha tutte le carte e capacità per potercela fare, ma si dovrebbero scardinare alcune convinzioni. Non c'è una ricetta pronta per Fiat, sarebbero da analizzare tanti fattori, ma avendo lo scrivente tenuto sotto occhio gli ultimi 15 anni di sviluppi di Fiat ed essendosi interessato alla loro storia in Cina da sempre, speriamo di poter provare a dare dei suggerimenti utili. Prima si dovrebbe creare un team di manager locali omogeneo ed in sinergia, e non in competizione, un gruppo misto, cinese e italiani, senza farli ruotare troppo, come spesso accade in Fiat. Anni fa Cesare Romiti dichiarava che il top management italiano in Cina deve essere sostituito ogni due anni per evitare che inizi a pensare come i cinesi, che si cinesizzi. Ed è proprio questo il problema di base. Ci vogliono proprio circa 2 anni per capire cosa è la Cina e come ci si debba comportare. Dare uno spazio di tempo così limitato rende la gestione delle imprese molto difficile perché gli interlocutori cinesi, che restano sempre al loro posto, si trovano poi a doversi misurare con persone diverse e questo rende più difficile il dialogo. In Cina fare business è molto personale e non si possono spostare le persone come fossero delle pedine, questo favorisce le incomprensioni e i ritardi. Il risultato della joint venture a Nanchino parla da solo. La Volkswagen ha sul luogo lo stesso team di manager da più di 20 anni, e il management intermedio tedesco è incentivato a restare in Cina non meno di 5 anni, molti di loro ci restano anche di più. In pratica si crea una struttura con una propria autonomia che non debba dipendere da chi resta a Torino che, molto probabilmente, non riesce a rendersi conto di come le cose procedano in Cina. Parte del design e dello sviluppo del prodotto è fatto in Cina, così da rispondere alle stesse esigenze del consumatore cinese che è anche molto esigente. Quindi, non calare prodotti dall’alto, ma creare anche dei prodotti appositi nel mercato. Altra cosa importante è il network di vendita. Nella dottrina Fiat questo è sempre esterno, richiedendo molti investimenti ai dealer. Il processo della loro qualifica è anche molto complesso (almeno per quanto dichiarano alcuno ex dealer Fiat che sono passati a vendere auto tedesche). In genere nelle fasi di penetrazione del mercato, sarebbe meglio creare delle strutture proprie, favorite da ampio supporto, specie per l’assistenza tecnica, dalla quale poi sviluppare il network in franchising di assistenza e vendita. Anche il training è una componente fondamentale da non sottovalutare. Formare la propria rete di servizi è la politica vincente. Quella che chiamiamo la dottrina Fiat dovrebbe essere quindi completamente rivista per poter ripartire in Cina con il passo giusto. E, perché no, con due partner produttivi differenti, come Chery e come Guangzhou Automobile Group Co. che, come abbiamo detto, è pure produttore di marchi giapponesi di successo. Le premesse per riuscire ci sono tutte, ora è solo una questione di saper dirigere bene gli investimenti e di avere il coraggio anche di inserire persone esterne al proprio interno: perché non chiamare tedeschi e cinesi di successo tra le proprie fila? Avrei infatti preso persone con esperienza tedesca o da General Motors piuttosto che inserire sinologi dall’Italia, come accade in Fiat, che sapranno sicuramente bene la lingua ma che forse non sanno bene che cosa vuole dire costruire una strategia industriale e di mercato complessa come quella che si richiede in Cina.
(Fonte: www.linkiesta.it - 22/9/2011)