lunedì 31 marzo 2014

Chrysler 200: perché il vecchio modello è diventato Lancia Flavia ed il nuovo no?


Per Lorenzo Ramaciotti, a capo del design Fiat Chrysler Group, la vettura "ha del potenziale". Martin Winterkorn, CEO Gruppo Volkswagen, guardandola per la prima volta al Salone di Detroit ha esclamato 'nice car'. Eppure difficilmente la nuova Chrysler 200 diventerà la nuova Lancia Flavia. Marchionne avrebbe infatti deciso: mai più "rebadging" dei veicoli Chrysler per Lancia in Europa, dopo gli scarsi risultati della Thema e della Flavia Cabrio. Lancia sarà relegata al solo mercato interno italiano. Due intanto le novità tecniche di un certo rilievo per il modello, la cui commercializzazione in U.S.A. è appena iniziata. Parliamo del nuovo cambio automatico a 9 rapporti e della trazione integrale, per la prima volta disponibile su una Chrysler 200. Grazie al cambio a 9 rapporti, abbinato al 2.4 litri Tigershark quattro cilindri a benzina, i consumi scendono del 13% a 6.7 l/100 km. La berlina U.S.A. è disponibile anche con un 3.6 V6 Pentastar, sempre a benzina, da 295 CV. Quattro le versioni in concessionaria: LX, Limited, 200S, con cerchi da 19" di serie, e la premium 200C. I prezzi partono da US$ 21.700.
(Fonte: www.automobilismo.it - 25/3/2014)

domenica 30 marzo 2014

Italia unico Paese con un solo produttore di auto: problema o opportunità?


E’ vero, il rapporto è fortemente sbilanciato. Pochi altri Paesi come l’Italia, soprattutto fra quelli almeno fino a poco tempo fa altamente industrializzati (eravamo nel G5), importano un così alto numero di veicoli per soddisfare la domanda poiché le vendite sono molto più corpose della produzione. Un rapporto che forse nell’ultimo periodo è leggermente migliorato solo perché il supermarket tricolore a 4 ruote in appena 5 anni si è dimezzato in modo preoccupante (da 2,5 a 1,3 milioni) e Fiat ha preso la coraggiosa decisione (è un fatto) di riportare nella Penisola la produzione della Panda, la sua vettura di maggior successo che aveva superato le 300.000 unità l’anno e nasceva in Polonia, in un impianto di elevata qualità e costo del lavoro molto basso. Senza questa scelta che ha riattivato Pomigliano la produzione in Italia sarebbe veramente insignificante. Al di là di tutte le analisi e riflessioni che si possono fare sul tema, quale sia la causa di questa preoccupante situazione è sotto gli occhi di tutti. Fiat ha le sue colpe e ha fatto i suoi errori, ma siamo l’unico paese al mondo, compresi gli industrializzati e gli emergenti (molti già emersi con decisione), ad avere sul territorio un solo costruttore. Un’azienda certo in notevole difficoltà sul mercato Continentale, ma nessun altro Gruppo riuscirebbe da solo a mantenere attiva la bilancia commerciale del settore, nè la grande Toyota in Giappone, ne l’altrettanto grande Volkswagen in Germania (quest’anno si sfideranno per la leadership mondiale infrangendo entrambe, e per la prima volta nella storia, la barriera dei 10 milioni di veicoli l’anno). Nè la PSA in Francia e men che meno la General Motors negli U.S.A. . A quanto pare ci riuscirebbe solo il gruppo Hyundai-Kia che nei primi 6 mesi 2013 ha prodotto in patria molto più (nell’intero 2012 furono oltre 3 milioni) dei 796.000 veicoli che sono stati immatricolati in Sud Corea. Per illustrare con i numeri l’anomalo ma evidente scenario basta dare uno sguardo ai dati Oica (l’Associazione mondiale dei costruttori) che sono aggiornati al primo semestre del 2013. In Italia ed in Europa siamo solitamente abituati a valutare l’andamento delle vendite solo di autovetture poiché nel nostro continente i veicoli commerciali sono quasi esclusivamente mezzi da lavoro, quindi con una diffusione marginale. Nel resto del pianeta, invece, questi ultimi sono sempre compresi nel totale in quanto utilizzati anche per andare a passeggio e negli U.S.A. dove imperversano i pick-up le immatricolazioni di “light truck” superano (sorpasso effettuato nel 2013) addirittura quelle delle auto. Quindi per uniformità è logico prendere in considerazione i veicoli totali e in questo caso per l’Italia la situazione migliora poiché ci sono compresi anche i commerciali Iveco (non fa parte di FCA, ma di CNH) e soprattutto lo stabilimento Fiat con il tasso di produttività più elevato, quello di Atessa Val di Sangro che produce anche per Peugeot-Citroen, fra i pochi veicoli con brand estero che nascono nel Belpaese (ci sono anche le Lamborghini del Volkswagen Group). Nel complesso 144.000 commerciali prodotti nei 6 mesi rispetto a 222.000 vetture, un rapporto a favore dei primi che nessun altro paese può vantare. La prima cosa evidente è che, fino a pochi anni fa quarto mercato del globo (dietro U.S.A., Giappone e Germania), siamo rapidamente usciti dalla top ten delle vendite e stiamo scivolando fuori anche dalla top venti della produzione. Abbiamo volumi molto più bassi di paesi come la Gran Bretagna e la Spagna che hanno rinunciato da tempo ai costruttori nazionali (i loro brand sono controllati da case estere) e di altri veramente piccoli come la Repubblica Ceca e la Slovacchia. Giappone e Germania, nell’ordine, sono i paesi che producono di più rispetto alle vendite interne (quindi i maggiori esportatori), non hanno rilevanti aziende estere sul loro territorio, ma molte nazionali. Nei primi sei mesi del 2013 nel mondo sono stati prodotti 43.546.000 veicoli (l’1,6% in più) e venduti 42.641.000 (+2,8%). La classifica è guidata da Cina (10.751.000, +12,8%) che ormai doppia gli U.S.A. (5.665.000, +5,4%) e precede anche l’UE nel suo complesso (8.296.000, -4,2%). A livello di “Region” l’Asia-Pacifico (APAC) domina la scena con 22.671.000 (+2%) unità, precedendo le Americhe (10.682.000, +6,1%) e l’Europa (10.034.000, -4%). In Giappone da gennaio a giugno sono stati prodotti 4.660.000 veicoli (-11,2%) e venduti 2.711.000 (-8%), in Germania prodotti 2.867.000 (-3,1%) e venduti 1.644.000 (-8,2%). In Italia rispettivamente 377.000 (-3,1%) e 789.000 (-11,1%, senza i commerciali il rapporto è ben peggiore), in Francia 910.000 (-20%) e 1.143.000 (-10,9%), in Gran Bretagna 812.907 (+1%) e 1.320.073 (+9,7%), in Spagna 1.155.000 (+5,5%) e 432.000 (-5%). Più di noi producono, oltre i soliti noti (Cina, U.S.A., Germania, Giappone), pure Brasile, India, Russia, Canada, Messico, Thailandia, Turchia, Indonesia, Polonia, Argentina. Anche Francia e Regno Unito hanno quindi un saldo negativo, ma meno sbilanciato del nostro e, soprattutto, su volumi molto più elevati. Vola invece la Spagna che produce due volte e mezzo i veicoli che vende. Nella Penisola produce praticamente solo il Fiat Group, in Francia, oltre quelle di PSA e Renault, ci sono gli impianti di Toyota (Valenciennes) e Daimler (Hambach), fabbriche entrambe concepite negli anni ’90 quando venne presa in considerazione anche l’ipotesi del nostro Paese. Molto più numeroso il plotone che produce in Spagna e Gran Bretagna. Nel primo caso ci sono Ford, General Motors, Nissan, PSA, Renault, Volkswagen, aziende tutte presenti (esclusa Renault) anche nella produzione del Regno Unito dove si aggiungono BMW, Honda e Toyota. E’ interessante ricordare che nel non lontano 1997 la produzione italiana era di 1.827.000 veicoli, quella britannica di 1.925.000 (poco davanti), quella cinese di appena 1.579.000. All’epoca Fiat senza Chrysler era il sesto produttore del mondo davanti a Nissan che ora è alleata con Renault e da sola più produce (oltre 5 milioni) più di FCA, cioè Fiat-Chrysler. Certo, Fiat in passato ha fatto le sue pressioni sul Paese per mantenere una poco lungimirante situazione di monopolio produttivo, ma le colpe più gravi sono forse sono forse di chi doveva decidere come stava facendo il resto del mondo e invece è stato a sentire. Ora il piano produttivo di Marchionne è senza dubbio coraggioso e non è detto che vada in porto: per le attuali esigenze europee di FCA (740.000 auto vendute nel 2013, oltre la metà delle quali in Italia e una parte proveniente dall’America) potrebbe bastare un solo stabilimento visto che quello brasiliano di Betim ne sforna 800.000 l’anno e Tychy in Polonia in passato ha superato le 600.000. Tornare in Italia ad una produzione vicina ai due milioni l’anno è sicuramente impensabile quindi, a meno di non vivere in eterno di cassa integrazione, l’unica via è quella premium poiché si può realizzare fatturati elevati con volumi più bassi: a regime Grugliasco può valere la vecchia Melfi poiché una Maserati costa come dieci Punto. In ogni caso gli U.S.A., che hanno profondamente ristrutturato il network produttivo, ora sono la locomotiva del mondo automotive dal punto di vista dei profitti e tengono in piedi altre Aree, compresa l’Europa. Sperando che il piano FCA vada in porto, non si può chiedere di più a Marchionne dal punto di vista industriale. Dove invece ci sono ampi margini di miglioramento è nella ricerca e nello sviluppo, un argomento in cui abbiamo grandi tradizioni, e in cui l’Europa è spesso leader, che potrebbe fornire contributi importanti anche a ricerca e sviluppo di Auburn Hills. L’obiettivo quindi è concentrare e rilanciare queste attività a Torino. In Italia quasi non esistono fabbriche di costruttori esteri, ma proprio nel capoluogo piemontese il Gruppo Volkswagen ha un centro di eccellenza di design (l’ex Italdesign, circa mille specialisti) e la GM ha recentemente costruito un Centro che si occupa dei suoi motori diesel per tutti i continenti: oltre 650 tecnici, quasi tutti ingegneri e quasi tutti italiani. Giovanissimi. Sotto la guida dell’ingegner Antonioli hanno recentemente realizzato un 1.6 diventato il nuovo punto di riferimento a livello mondiale. Nella riorganizzazione della FCA si può fare, e si deve, sicuramente molto di più.
(Fonte: www.ilmessaggero.it - 14/2/2014)

sabato 29 marzo 2014

Ferrari: in Spagna il primo parco in Europa


Nasce il primo parco tematico Ferrari in Europa, secondo al mondo dopo Abu Dhabi. PortAventura Entertainment Sau, controllata da società di investimento del gruppo Investindustrial, ha fatto un accordo di licenza con Ferrari per realizzare Ferrari Land, parco dedicato al Cavallino all'interno del resort e parco divertimenti PortAventura, vicino a Barcellona in Spagna. Si estenderà su 75.000 mq e comprenderà attrazioni tra cui l'acceleratore verticale più alto e veloce d'Europa. L'altra grande novità è la nascita del primo hotel a tema Ferrari all'interno di PortAventura, un albergo a 5 stelle con 250 stanze, ristoranti e simulatori di guida. L'investimento complessivo per il progetto è di 100 milioni. Il parco sarà inaugurato nel 2016, PortAventura accoglie già circa 4.000.000 di persone all'anno, 50% dall'estero. PortAventura, acquisito nel 2009 da Investindustrial, ha ottenuto un crescente successo tanto da diventare il primo parco divertimenti del Mediterraneo, il secondo in Europa, anche grazie a oltre 125 milioni di euro investiti in 4 anni oltre all'investimento per l'acquisizione iniziale. Andrea Bonomi, "Senior Partner" di Investindustrial, spiega così le ragioni della partnership con Ferrari: "PortAventura è un leader nel settore del turismo in Europa. Allo stesso tempo Ferrari è un'icona che rappresenta il meglio del Made in Italy. La sinergia fra i due gruppi crea una potente combinazione che ci consente di offrire ai clienti di entrambi i marchi un'esperienza unica". Andrea Perrone, a.d. di Ferrari Brand, la società controllata da Ferrari che gestisce le attività legate al marchio, ha detto: "Dopo il successo del Ferrari World di Abu Dhabi abbiamo ricevuto tante richieste per nuovi parchi divertimento. Abbiamo accuratamente selezionato le diverse proposte e abbiamo deciso di accettare quella di Investindustrial perché è un progetto solido fatto da persone competenti e che porta il fascino della Ferrari in Spagna dove abbiamo tanti sostenitori e appassionati e dove arrivano ogni anno, anche grazie a PortAventura, tantissimi turisti".
(Fonte: www.ansa.it - 14/3/2014)

venerdì 28 marzo 2014

FCA punta sui giovani con Formula SAE Italy


Sostenere in aula e nella pratica i giovani universitari italiani che si avvicinano al settore dell'automobile per poi trovare le eccellenze da inserire a tempo pieno nel mondo del lavoro. E' uno degli obiettivi dell'attività di formazione di FCA che lo scorso anno ha assunto un centinaio di ingegneri nel settore della Ricerca e Sviluppo Veicoli, Motori e Cambi, mentre una quarantina sono già stati scelti o in corso di selezione nei primi mesi di quest'anno. Per questo motivo FCA, in collaborazione con ATA (Associazione Tecnica dell'Automobile), ha ospitato al Centro Sicurezza di Orbassano un centinaio di giovani che fanno parte dei team italiani che parteciperanno alla decima edizione della Formula SAE Italy, competizione in programma dal prossimo 29 agosto al primo settembre presso il Circuito di Varano dè Melegari (Parma), dove sono attesi oltre 2.000 laureandi e neolaureati in ingegneria. La sfida consiste nel lavorare in team per progettare, sviluppare, costruire e promuovere un prototipo di auto da corsa che verrà poi testato e valutato da una giuria di esperti del mondo automotive. Per FCA l'obiettivo dell'evento di Orbassano, denominato 'Face2Face with Fiat' ed a cui ha partecipato anche Alfredo Altavilla, CEO di FCA per l'Europa, era quello di mettersi gratuitamente a disposizione degli studenti che stanno realizzando le auto da corsa e supportarli, attraverso i propri tecnici e le proprie strutture, in ogni aspetto, dal design alle motorizzazioni. A Formula SAE Italy si sono registrati 84 team di 22 nazioni provenienti, oltre che dall'Italia e dai principali paesi Europei, da Canada, Egitto, Estonia, India, Israele, Malta, Russia e Turchia. Sul fronte italiano si sono iscritte le Università di Brescia, Calabria, Padova, Parma, Perugia, Salento, Pisa, Roma La Sapienza, Roma Tor Vergata, Politecnica delle Marche e i Politecnici di Milano e Torino.
(Fonte: www.repubblica.it - 17/3/2014)

giovedì 27 marzo 2014

Fiat, gli operai diventano testimonial in un video: "Siamo felici di lavorare a Melfi"


Ma la felicità può appartenere alla fabbrica? Gli operai possono sorridere lungo la catena di montaggio? E perché i dipendenti Fiat ballano sul loro posto di lavoro? Sono tanti, e inediti, i temi lanciati a sorpresa da un video postato su Youtube girato nello stabilimento Fiat di Melfi, in Basilicata, lungo le linee di fabbricazione della Punto e della nuova Jeep Renegade che uscirà a luglio. La sceneggiatura del film è semplice: tanta gente che danza in fabbrica, sull'onda della frizzante colonna sonora di Happy, il famosissimo motivetto firmato dal cantante americano Pharrell Williams. Cento secondi di simpatia pura. Di decine di facce spesso imbarazzate ma sempre sorridenti. Di corpi (e qualche robot) che danzano fra scocche semilavorate e pavimenti tirati a lucido. Spesso con agilità e pancetta di un tricheco. Talvolta, specie le signore, con grazia ingiustamente imprigionata in scarpe antiinfortunio e in una lasca tuta grigia. Tuta identica per tutti: donne, uomini, quadri, operai, impiegati e direttore. Il video "We are happy from Melfi plant" (che riprende analoghe iniziative girate nelle scorse settimane in molte città italiane) sta avendo un notevole successo con oltre 21 mila visioni in meno di 40 ore. Ne è stata rilanciata anche una versione brasiliana, probabilmente immessa in rete da uno dei dipendenti di Fiat di nazionalità carioca (tutti ballerini di talento) da mesi in trasferta a Melfi. Fin qui la cronaca. Ma un'iniziativa così peculiare, in un'Italia che parla delle sue fabbriche solo quando chiudono o le considera alla stregua di luoghi di pena e di neoschiavismo, non poteva non suscitare reazioni. Liquidiamo subito quelle sindacali. Sinteticamente entusiasta il post dal sindacato più vicino all'azienda, il Fismic: "Ah belliiii/e!". Invece, il responsabile auto della Fiom, Michele De Palma, ci mette una pietra sopra con un tweet: "In Fiat si balla a comando, felici a comando...Che tristezza". Più interessanti i commenti (oltre 80) raccolti su Youtube. Tutti o pro o contro. "Una pagliacciata", si legge in due o tre post. "Ma come - si indigna una moglie - mio marito si alza alle 4.30, in linea gli è vietato ascoltare musica e poi tutti ballano? Lì il lavoro è duro". "Nel video solo capi, capetti e leccapiedi", scrive un altro. Ma molti sono i post a pollice alzato. Un paio elogiano per l'iniziativa il direttore di Melfi: "Il primo che gira per le linee e parla con noi", si legge. Altri commenti sono articolati. "Il lavoro per la Jeep ha portato entusiasmo in fabbrica e questo video esprime l'atmosfera", dice uno. "E' stato un giorno di allegria che ha coinvolto tutti", scrive un altro. Che aggiunge: "Insieme dobbiamo rilanciare questa fabbrica. Basta con questa cappa di negatività. L'unico obiettivo del video è l'aggregazione". E forse proprio quest'ultimo tema, quello della "squadra che rilancia la fabbrica", si presta alla lettura più interessante per questa atipica iniziativa della Fiat. Anzi, per la precisione, più che della Fiat (da anni prudente nella sua comunicazione affidata quasi solo all'amministratore delegato Sergio Marchionne) "Happy Melfi" sembra essere figlio soprattutto dello stabilimento lucano, che si chiama Sata. E su Youtube, Sata risulta essere il "lanciatore" del video. Ma cosa c'è dietro "Happy Melfi"? A dar retta agli addetti ai lavori, messaggi originali come questo video rompono la classica filiera comunicativa "verticale" giocata sull'asse padrone-operaio o dall'alto (l'intervista o il discorso) verso il basso (chi ascolta). Sempre da Melfi, giova ricordarlo, nel dicembre 2012 partì un messaggo verticalissimo con l'annuncio dell'investimento Jeep fatto da Marchionne e dall'allora premier Mario Monti in visita nella fabbrica. "Happy Melfi" è invece un messaggio "orizzontale", a bassa frequenza perché non lanciato da un personaggio, simile per molti aspetti ad un tam tam di controinformazione. Un messaggio destinato non a "vendere" un prodotto ma a segnalare l'esistenza di una realtà "positiva" o che, almeno, prova ad essere "coinvolgente". Ad un certo punto, ed è un passaggio significativo, si intravede un signore sorridente che, con le mani, invita altre persone a unirsi al ballo. Non sembra rivolgersi ai dipendenti Fiat ma agli spettatori. Per Fiat, dopo anni di rotture con gli equilibrismi italiani (vedi la lite con Fiom e l'addio alla Confindustria), "Happy Melfi" rappresenta una novità rilevante. Il video forse è solo un esperimento ma, si capirà meglio nei prossimi mesi, potrebbe segnare un nuovo profilo per un'azienda che dopo l'acquisizione di Chrysler si sente più solida. L'orizzontalità del video di Melfi non vuol dire infatti che il messaggio sia "sempliciotto" e che sia una pura operazione d'immagine. Anzi. Nel film si intravedono infatti i segni della "rivoluzione culturale" che la fabbrica lucana sta vivendo grazie all'operazione Jeep. Parlando con chi a Melfi ci lavora si capisce che non siamo di fronte alla classica ristrutturazione scandita dalla pioggia di 500 nuovi robot e da linee di montaggio meno faticose, ma di un tentativo molto più ambizioso. "Parola mia, ne faremo la fabbrica migliore del mondo", ha detto nei giorni scorsi uno stretto collaboratore di Marchionne. Per questo è fondamentale ricostruire il rapporto fra la fabbrica e i suoi 5.000 dipendenti. Dipendenti giovani che in media hanno meno di 40 anni. E per i quali Fiat vuole superare il modello di comando fordista per passare a un modo di lavorare partecipativo, come accade in Giappone e in Germania. Così da mesi la parola d'ordine a Melfi è "coinvolgere", "costruire la squadra". Gli esperti la chiamano "fase del team building", dove la parola "team", squadra, vuol dire migliaia di persone. Non a caso, protagoniste dei cento secondi di danza sono tutte le figure professionali della fabbrica, da operai addetti a mansioni elementari al direttore. Poi si vedono molte donne e va ricordato che la disoccupazione femminile è una delle piaghe del Sud. Ancora: nel film si intravedono le grandi aule presso cui centinaia di dipendenti stanno imparando le nuove tecniche di lavoro toyotiste sposate da Fiat con i sistemi World Class Manufacturing ed Ergo-Uas adottati in tutti i plant del Lingotto. I ballerini brasiliani, infine, non sono altro che quadri di Fiat Brasil che studiano a Melfi la versione brasiliana della Jeep Renegade e che quindi testimoniano dell'affidamento a questa fabbrica del Mezzogiorno d'Italia, di una missione globale. Gli operai di Melfi, fra poco, non produrranno solo modelli Fiat per l'Europa ma Jeep per tutto il mondo. Comunque lo si voglia giudicare, "Happy Melfi" è un segnale di consapevolezza di una sfida nuova e difficile lungo il cammino della rinascita delle fabbriche italiane. E porta un segno di fortissima innovazione: mille volti Fiat ora affiancano quello di Sergio Marchionne.
(Fonte: http://motori.ilmessaggero.it - 24/3/2014)

mercoledì 26 marzo 2014

Sterling Heights e la rinascita di Chrysler


L’Amministratore Delegato di Fiat Chrysler Automobiles, Sergio Marchionne, ha visitato lo stabilimento Chrysler Sterling Heights di Detroit, esempio concreto della rinascita del Gruppo americano negli ultimi quattro anni, da quando ha superato la delicata fase della bancarotta assistita. La fabbrica è stata infatti a serio rischio di chiusura nel 2010, prima che Marchionne rilanciasse con gli investimenti a salvaguardia del futuro dei lavoratori. La visita di Marchionne, accompagnato dal Presidente del sindacato americano UAW, Bob King, è servita per annunciare la creazione a Sterling Heights di 800 nuovi posti di lavoro per supportare al meglio la produzione della rinnovata Chrysler 200. “La rinascita di Sterling Heights - ha spiegato Marchionne - è il simbolo di quanto velocemente Chrysler abbia saputo rialzarsi grazie al coraggio e alla resistenza dei suoi lavoratori. La fabbrica era stata destinata alla chiusura per fine 2010, ma i dipendenti e i leader della comunità hanno rifiutato di accettare l’eventualità come verdetto finale”. Il sito è ora tra i più flessibili dell’intero Gruppo e può assemblare veicoli differenti su due linee grazie all’impegno di 2.800 addetti, più del doppio rispetto al personale del 2009. Chrysler ha investito nell’impianto circa 1 miliardo di dollari.
(Fonte: www.lastampa.it - 18/3/2014)

martedì 25 marzo 2014

FCA, il sindacato diventa internazionale


Le politiche industriali di FCA sono globali e anche il sindacato lo diventa. Nascerà infatti a Torino, durante una tre giorni convocata dal 21 al 23 giugno, dalla Imf (la Federazione internazionale dei sindacati metalmeccanici), il 'Comitato aziendale mondiale' del gruppo Fiat-Chrysler. Ad annunciarlo a Labitalia è Gianni Alioti, responsabile dell'Ufficio Internazionale della Fim Cisl, organizzazione che insieme alla Uilm e alla Fiom aderisce all'Imf. "FCA – spiega Alioti – è l'unico gruppo automobilistico dove non esiste un accordo quadro internazionale sui diritti fondamentali del lavoro da applicare a tutte le unità del gruppo e alla catena dei fornitori. Una prassi consolidata invece – sottolinea il sindacalista – alla Volkswagen, alla Daimler, alla Renault o alla Ford, tanto per citare alcuni tra i gruppi più importanti. Alla Peugeot-Citroen – ricorda Alioti – l'azienda ha riconosciuto il diritto di informazione e consultazione per tutti i lavoratori di tutti i siti del gruppo, indipendentemente dalla legislazione che viene applicata in quel Paese". L'obiettivo del sindacato internazionale aziendale della Fiat sarà quello di "non pensare più le politiche industriali in un'ottica solo nazionale, ma che riguardi tutte le unità del gruppo – sostiene Alioti – discutendo di investimenti, tecnologie, innovazione, evitando che il destino dei lavoratori sia giocato in contrapposizione tra stabilimento e stabilimento". "Dopo la costituzione del 'Comitato mondiale' – sottolinea ancora il sindacalista – chiederemo a Marchionne di riconoscerlo e gli chiederemo anche di aprire un negoziato che porti alla firma di un accordo quadro internazionale. A questo è fortemente interessato anche il sindacato americano, Uaw". La sinergia tra sindacati mondiali (a Torino oltre all'Uaw sono attesi la canadese Caw, le organizzazioni brasiliane e polacche), avrà un effetto concreto anche nella contrattazione aziendale. "E' chiaro – spiega Alioti – che un'operaio in Brasile non guadagna come uno che lavora in Gemania, ma si possono ad esempio individuare criteri validi per tutti per stabilire l'incremento legato alla produttività o alla formazione professionale". "Nel 2010 – ricorda il responsabile internazionale della Fim – Fiat non ha pagato il premio di risultato in Italia, perché diceva che i risultati nel nostro Paese erano stati negativi, mentre erano andati bene in Brasile e Polonia. Ma non ci risulta che neanche lì sia stato dato un centesimo di 'bonus produttività'. Con un accordo quadro, questo non sarebbe successo e se noi non ci coordiniamo – conclude Alioti – su questi problemi, alla fine c'è un'asimmetria nelle relazioni industriali che non giova a nessuno".
(Fonte: www.arezzoweb.it - 22/3/2014)

lunedì 24 marzo 2014

FCA interessata a MV Agusta?


Da Torino si guarda a Schiranna aprendo il portafogli? Così parrebbe stando ad alcune voci trapelate dal capoluogo piemontese e che riguarderebbero appunto l'interessamento di Fiat Chrysler Automobiles nei confronti della gloriosa MV Agusta guidata da Giovanni Castiglioni. Soltanto pochi giorni fa era stato annunciato il nuovo ruolo di testimonial di Jorge Lorenzo – pilota ufficiale Yamaha, team che aveva ricevuto la sponsorizzazione di Fiat pochi anni orsono - per il marchio Alfa Romeo, anch'esso controllato da Fiat. E' presto per dire quale sia il tipo di coinvolgimento di FCA in termini di quote o altro, mentre dalla sede di MV Agusta rispondono alle voci smentendo: “Ufficialmente non ci risulta nulla”. E nulla viene peraltro confermato da FCA. Nel corso del 2013 le vendite di moto MV nel mondo sono cresciute del 15%  e nel primo trimestre di quest'anno occore aggiungere un ulteriore aumento del 20%. Tuttavia una ulteriore iniezione di capitali freschi sarebbe sicuramente utile per continuare l'importante fase di ampliamento e di rinnovamento della gamma iniziato con la serie a tre cilindri. Un progetto strategico, quello della piattaforma tre cilindri, nel quale l'investimento iniziale fatto da Harley-Davidson, ai tempi della gestione 2008-2009, è stato fondamentale, ma che è stato sviluppato con successo sotto la ritrovata guida dei Castiglioni, il padrea Claudio prima e il figlio Giovanni poi. A luglio dell'anno scorso era stata smentita invece l'acquisizione di MV da parte di Mercedes-Benz dopo un video realizzato da Mercedes che vedeva una A 45 AMG girare in pista assieme a una MV F3 800. E qualche interessante chiacchierata fra Stoccarda e Schiranna pare proprio esserci stata. Da parte di FCA non è difficile pensare al beneficio d'immagine, e alla strategia di comunicazione, che deriverebbe nell'annoverare fra i propri marchi anche quello di uno dei più prestigiosi costruttori di moto sportive, oltre a uno fra i più vincenti in assoluto nella storia del motomondiale. Staremo a vedere se le voci si trasformeranno in qualcosa di concreto o meno.
(Fonte: www.moto.it - 21/3/2014)

domenica 23 marzo 2014

FCA: perché Marchionne ricomincia da Jeep


La Jeep Renegade presentata al Salone di Ginevra permette a Sergio Marchionne di sedersi di nuovo al tavolo da gioco. Dopo un’assenza di prodotti di volume da parte “italiana”, con l’eccezione della 500L a confermare la regola (che per altro sui mercati va bene smentendo l’affermazione del manager secondo cui in tempi di crisi non conviene lanciare nuovi modelli), il gruppo FCA si è fermato a Melfi. La fabbrica lucana dove la Fiat Punto sta lentamente scomparendo, dove c’è cassa integrazione, dove la produzione dovrebbe finalmente ripartire con numeri non ancora ufficiali ma che darebbero spazio al lavoro. Sono 4500 dipendenti, si parla di 150.000 Renegade all’anno a regime e di 130.000 Fiat 500X: “Nel loro insieme – dice Marchionne senza confermare queste cifre  - sono più che sufficienti per saturare la capacità produttiva di Melfi”. Non è vero, ma certo ci si avvicina. Sperando che i mercati globali cui è destinata in particolare la Renegade (100, dice Mike Manley, capo di Jeep), assorbano il prodotto e non finisca come a Pomigliano. Dove non tutti i dipendenti sono stati riassunti come promesso dall’azienda e dove è stata richiesta la cassa integrazione per un altro anno per una parte di lavoratori, causa crisi e nonostante la Fiat Panda sia leader del segmento in Europa. Marchionne riparte da Jeep perché è il marchio più internazionale che ha insieme ad Alfa Romeo. Solo che per Alfa mancano ancora i soldi, Jeep può contare sui profitti del brand e del gruppo Chrysler. Jeep è notorietà, anche se in Europa è minore rispetto al resto del mondo, con numeri di vendita più piccoli. Renegade, vista da  vicino – una pre-preproduzione, con niente sotto in attesa che le prime vetture escano complete dalla fabbrica il prossimo 14 luglio – ha l’aria di un’auto furba. Davanti è molto Wrangler (come ho scritto nel gennaio dell’anno scorso sulla base di quanto mi avevano raccontato  dall’interno del gruppo), nell’insieme ha forme squadrate altrettanto tipiche del marchio senza seguire le mode. Nulla a che vedere per intenderci con le linee audaci di una Nissan Juke (capostipite del segmento), nulla a che vedere con la reinterpretazione del marchio Land Rover, felice stando ai dati di mercato (Evoque, ma non solo), con modelli sempre meno squadrati e più "dans le vent". Di Jeep, Renegade avrà tutte le migliori dotazioni off road, gli americani non l’avrebbero lasciata produrre all’estero senza questa garanzia. Piacerà? Per me non è un colpo di fulmine, ma la mia affermazione lascia il tempo che trova.  Avremo modo di riparlarne.
(Fonte: www.carblogger.it - 5/3/2014)

sabato 22 marzo 2014

Design & auto: intervista a Roberto Giolito


«Fin da bambino sono stato educato alla conoscenza della materia. Mio padre, commerciante, realizzava modellini di camion per i suoi amici ed era entusiasmante vederlo lavorare manualmente. Mi ha anche sempre affascinato la multidisciplinarietà, il fatto di coinvolgere diverse competenze all’interno di un processo progettuale. Per questo ritengo importante che ogni designer abbia dentro di sé una formazione non solo tecnica, ma anche legata ad altre discipline e alla conoscenza dei materiali e del loro uso. Consiglierei a tutti i giovani designer di conoscere il pensiero e i lavori di Bruno Munari». Roberto Giolito, Responsabile del Centro Stile Fiat e Abarth ci riceve nel suo studio a Mirafiori, ricco di libri, computer e tavolette grafiche, ma anche pennarelli «lo sketch è sempre fondamentale» e fotografie appese alle pareti, che ci ricordano la grande carriera del designer di Ancona. Nato nel 1962, è designer in Fiat a cominciare dalla fine degli anni ‘80. Si distingue per l’innovazione che le sue idee e i suoi progetti portano a Torino, come la Downtown (progetto di vettura a due porte con quattro motori indipendenti montati sulle ruote). Giolito riprende il suo concetto di designer «Qui in Fiat Dante Giacosa ha dato l’avvio ad un cambiamento: il dialogo e il confronto tra designer e ingegnere. Il designer non deve essere un capriccioso ma un componente di un’orchestra, deve rispondere agli input che gli vengono imposti. Non si disegna un’auto solo con i dati di mercato, ci vogliono confronti e passi indietro». Nel 2001 il designer musicista, grande appassionato e ottimo interprete di musica jazz con il suo contrabbasso, inaugura e dirige l’Advanced Design Center «Un Team separato all’interno del Centro Stile Fiat, fatto per raccogliere giovani designer che non provenissero tutti dai centri di design più noti ma che apportassero esperienze diverse. Molte ragazze, esperti in comunicazione, marketing, design, ingegneria. Tanti di loro oggi sono affermati professionisti e grazie a quel Team sono nate molte buone idee». Nel 2004 Giolito presenta a Ginevra il prototipo della Trepiùno, purtroppo mai realizzato ma grande anticipatore di un nuovo concetto di mobilità. Proprio grazie a quell’esperienza infatti nel 2007 Giolito ridisegna l’icona della Fiat, la 500, riprendendone l’archetipo ma reinterpretandone le funzioni in chiave moderna. Nominato direttore del Centro Stile Fiat & Abarth, nel 2008 ottiene dal Presidente della Repubblica il premio Compasso d’Oro.
Ma il suo progetto più discusso e amato è senz’altro la Multipla. Esposta al MOMA di New York, ha vinto i premi “Car of the Year” (Top Gear) nel 1999 e “Family car of the year” per più anni consecutivi.
«E’ vero c’è chi non l’ha mai amata, ma resta un’auto che ha lasciato il segno. Si è arrivati al concetto rivoluzionario di Multipla per un insieme di motivi. Un gruppo di persone di differenti discipline determinate a creare un’auto estremamente abitabile in poco spazio e con costi il più possibile contenuti. C’era poi un’altra coincidenza fondamentale. In quegli anni, avendo realizzato con il Gruppo PSA il monovolume Peugeot 806 / Citroën Evasion / Fiat Ulysse / Lancia Zeta, c’era per Fiat un vincolo di non concorrenza. Non si potevano progettare auto superiori a 4 metri a 5 posti. Abbiamo dunque dovuto inventarci un’auto per sei passeggeri in 3,99 metri di lunghezza. Un altro aspetto interessante furono i costi. Grazie alla progettazione Space Frame, all’uso di estrusi in acciaio, alle avanzate tecnologie di stampa, alle lamiere tagliate al laser e poi risvoltate, alle saldature con i robot e a una linea di montaggio molto avanzata, siamo passati dai circa 600 miliardi di lire spesi per la progettazione della Punto ai circa 300 della Multipla».
Della monovolume di casa Fiat, la gente ancora oggi rimpiange lo spazio a bordo.
«Il concetto del 3+3 non era molto diffuso ma dava ai passeggeri, oltre che un senso di “salotto”, anche una grandissima libertà di movimento a bordo. Con i sei passeggeri la Multipla manteneva 500 litri di capacità di carico. Ricordo bene che partivamo da Torino per andare al Salone di Ginevra in 6 persone, viaggiando comodamente e pieni di bagagli ma nessuno si lamentava».
Ci fu anche una versione a metano della Multipla.
«Sì, era un’auto progettata fin dalla nascita per avere diverse alimentazioni. E questo è proprio l’esempio di come l’Ing. Nevio Di Giusto, allora responsabile del Centro Ricerche Fiat, riuscì ad avere ottimi risultati mettendo insieme un gruppo di competenze diverse. A questo adattamento a metano ci pensò infatti Roberto Barbiero con cui lavoravamo in sincrono. Arriva dalla Ferrari. Pensate un progettista Ferrari ha fatto lo schema del telaio per ospitare le bombole del metano (oltre al progetto della versione ibrida, ndr)».
E’ possibile oggi pensare di progettare un’auto seguendo lo stesso approccio progettuale?
«No, oggi auto così è praticamente impossibile rifarne. Il tema della standardizzazione delle piattaforme, dei processi di grande replicabilità non consentono più un simile approccio. Pensate alla 500 Living, per fare quel poco di più della 500L c’è voluta una scocca completamente nuova, un investimento molto importante per ospitare una terza fila. Se fosse stata la Multipla con il suo schema sarebbe bastato poco per adattarla. Però col metodo attuale è molto produttivo il fatto che dalla piattaforma della 500 L, small wide, nasceranno auto in tutto il mondo, dal Brasile alla Cina. Viaggiamo su una logica di economia di scala, stesso pianale, stessi attacchi sospensioni, stesse culle motore, stessi componenti, oggi vengono privilegiati questi aspetti».
Ma dovendo utilizzare per diverse auto le stesse piattaforme e gran parte dei componenti comuni, il designer non rischia di creare auto simili?
Al contrario, progetti che partono dall’uso di piattaforme e componenti identici, rappresentano delle sfide per i designer. Le stesse vetture prodotte a Melfi, da Jeep e Fiat, saranno eloquenti per capire come due prodotti nati sulla stessa piattaforma, identiche dal pianale fino ai comandi, anche agli occhi di specialisti non sembrano nemmeno assomigliarsi. Due sviluppi autonomi, uno a cui ha lavorato questo centro stile e l’altro su cui hanno lavorato a Detroit. Ormai i designer la sanno lunga sulla conoscenza dei componenti comuni e su una serie di aspetti legati alla compatibilità e alle differenze omologative e anche in questo caso sono riusciti ad avere due forme molto libere e indipendenti. Altri componenti invece sono comuni e identici, soprattutto all’interno, per risparmiare tempo. Ma in entrambi i progetti resta ben chiara l’espressione di marca».
Come sono organizzati i diversi centri stile del Gruppo FCA?
Già dal 2009, anche se solo oggi assistiamo alla fusione reale in unico Gruppo, ci definiamo con la sigla della regione: Nord America, Centro America, Emea e Apac (Asia-Pacific). Torino è certamente il centro più “tartassato” dal carico di lavoro perché lavoriamo molto anche per il Centro America (Palio, Uno). Anche Asia Pacific dipende molto da qui ma ci stiamo organizzando perché sia più autonomo. Qui a Torino c’è anche l’Ing. Lorenzo Ramaciotti, capo di tutti i design center Fiat Chrysler. Tra i vari centri c’è uno scambio continuo di scommesse e lavori. Questo anche perché oggi è necessario pensare a macchine globali. Ad esempio va ben considerata la package protection, per evitare che dei vincoli di progettazione possano impedire ad un’auto di avere successo in altri paesi al di fuori di quelli in cui è stata progettata solo per motivi omologativi. Basti citare le differenze con l’urto pedone, molto più duro qui in Europa o al crash test contro barriera che in U.S.A. è diverso e più vincolante perché prevede che i passeggeri possano non avere la cintura. Ecco perché vedete ogni tanto alcuni cruscotti molto più grandi, per allontanare il più possibile l’airbag dal conducente e dal passeggero».
Questo approccio all’auto globale vale per tutti i costruttori?
«In realtà oggi sono entrati in campo molti nuovi costruttori che continuano ad ereditare know-how e designer dalle altre Case seguendo strade poco rischiose. Mentre secondo me avrebbero l’opportunità di fare qualcosa di realmente nuovo. Dovrebbero saltare su un altro paradigma visto che hanno molto meno vincoli sia da un punto di vista di storicità che di struttura. Lo stesso approccio dovrebbe essere riservato alle auto che non utilizzano un motore endotermico».
Prima di congedarci facciamo un’ultima domanda a Giolito. Perché alcuni modelli di grandissimo successo sono comunque destinati a sparire e non hanno invece la capacità di adattarsi nel tempo?
«Gli archetipi di certi modelli di grande successo spariscono perché sono legati a delle concezioni o delle intuizioni che rappresentano dei momenti. Succede così per tutte le cose, anche per la famosa Tonet, che era la sedia più economica e popolare perché non aveva incastri ma era solo piegata. “Non c’è idea che sia capace di resistere al tempo” sosteneva Ettore Sottsass. L’automobile poi già di suo deperisce se non è conservata perfettamente. Le più longeve sono quelle che sono rimaste utili per tantissimi anni. Ad esempio la 2CV o la 500 del '57, la Land Rover, la Jeep Wrangler, la Panda dell’80. Il concetto di quelle auto è che la gente le tiene finché vanno, finché la loro funzione non viene meno a causa del cambio dei tempi. Restare su strada ne garantisce la longevità archetipale. La 500 stessa, come icona supera anche il veto delle vetture ecologiche».
(Fonte: www.automoto.it - 18/3/2014)

venerdì 21 marzo 2014

Maserati Alfieri: splendidamente unica


E' l'auto del Centenario. Il marchio Maserati infatti festeggia proprio nel 2014 il secolo di vita; si tratta di un prototipo interamente funzionante, ovvero è pronta per entrare in produzione o, almeno, per tradurre i propri codici stilistici contaminando le future Maserati. Alfieri è una 2+2 che porta il nome del più eminente dei fratelli Maserati, l’ingegnere che fondò le Officine Alfieri Maserati a Bologna, proprio 100 anni fa: elegante come furono la 3500GT del 1957, la 5000GT del 1959 o la Indy del 1969, questo nuovo bolide italiano ha le proporzioni di una Gran Sport (si chiamerà così in produzione?) e trae ispirazione dalla rarissima vettura da corsa Maserati A6 GCS-53 (6 cilindri, Ghisa, Corsa, Sport), disegnata da Pininfarina nel 1953. Sono tre i punti di forza che ci hanno colpito:
1) Stile "Made in Italy" - Piace il design che esalta il minuscolo abitacolo quasi posato sulle ruote posteriori, il cofano infinito con movimenti sinuosi, il frontale lungo e basso che rappresenta l’evoluzione stilistica del marchio. Le luci posteriori sono tridimensionali con elementi rossi, esterni, e un gruppo centrale bianco: la loro forma segue armoniosamente la spalla posteriore dell’auto, in un gioco di linee che s’inseguono dal frontale fino al posteriore.
2) Interni hi-tech - Semplicità e minimalismo sono i criteri d’ispirazione, la plancia sembra sospesa com’era sulla 5000GT ma, qui, gli elementi puliti e ordinati accendono due tonalità di colore e circondano uno schermo Tft, ormai imprescindibile su un’auto moderna. Gli strumenti analogici sono infatti sostituiti da display che per la grafica di tachimetro e contagiri traggono ispirazione dai menù delle macchine fotografiche: a ruotare no sono più le lancette, bensì i numeri. Velocità e giri motore si vedono ingranditi, come fossero magnificati da una lente.
3) Tecnicamente perfetta - Alfieri nasce su telaio GranTurismo MC Stradale, il passo però qui si accorcia di 24 centimetri (4590mm), il motore è un V8 aspirato da 4,7 litri made in Maranello che eroga 460 cavalli. Il cambio a sei marce elettro attuato, MC Shift, è montato insieme al differenziale posteriore per restituire una distribuzione dei pesi ottimale, da vera supercar. I dischi sono ovviamente carboceramici, ereditati dalla pista e dalla GranTurismo MC Stradale, e lavorano con pinze Brembo di colore Blu. Il colore storico Maserati, un altro segno di continuità fra passato e futuro.
(Fonte: http://icon.panorama.it - 11/3/2014)

giovedì 20 marzo 2014

Fiat Doblò: prime foto spia del restyling


L’integrazione fra i marchi di FCA porterà Fiat Industrial ad instaurare un nuovo e più stretto legame con RAM. Tale politica è stata inaugurata nei mesi scorsi dal ProMaster, parente del Fiat Ducato, disponibile oltreoceano in varie configurazioni di passo e carrozzeria. Il secondo veicolo commerciale a sbarcare negli States sarà il Fiat Doblò. I tecnici del Lingotto stanno lavorando sul primo aggiornamento stilistico, in concomitanza del quale introdurranno alcune modifiche destinate alla parte tecnica: il multispazio torinese dovrà infatti conquistarsi l’omologazione per il mercato nordamericano, ragion per cui alcuni componenti saranno giocoforza inediti. Il Doblò verrà quindi aggiornato nel disegno dei gruppi ottici, dei paraurti e delle prese d’aria, mentre la plancia dovrebbe anch’essa portare all’esordio alcune novità: sono infatti previsti materiali di qualità superiore, tessuti più raffinati e colori inediti. La gamma motori non dovrebbe ricevere aggiornamenti di sorta. I colleghi statunitensi applicheranno poi gli stessi correttivi di cui ha già beneficiato il ProMaster, dedicati alle sospensioni ed al piano di carico (più robusto). Il rinnovato Fiat Doblò potrebbe esordire a 2014 inoltrato, mentre l’omologo RAM ProMaster City verrà probabilmente introdotto nel 2015.
(Fonte: www.autoblog.it - 13/3/2014)

mercoledì 19 marzo 2014

Alfa Romeo: altri rumors sul piano di rilancio


Sono gli uomini della squadra speciale, dislocata in un capannone poco lontano dallo stabilimento Maserati di Modena. Nelle vicinanze, ma non dentro. Votati al silenzio - hanno firmato un “confidentiality agreement”, un patto di segretezza che ha cucito le bocche col fil di ferro - sono quelli che fanno notte per preparare il rilancio dell’Alfa Romeo, sbandierato anche nei giorni scorsi al Salone dell’Auto di Ginevra da Sergio Marchionne. Sono un’ottantina, molti di loro sono ingegneri e la guida operativa è affidata al francese Philippe Krief, che risponde direttamente al tedesco Harald Wester, amministratore delegato e capo dell’area tecnica di Alfa e Maserati. Alla Maserati, del resto, già si costruisce la 4C, la supercar Alfa di grande impatto ma dai numeri piccini (se ne producono poche unità al giorno e costa 53 mila euro). Il dream team è composto da specialisti di provenienza Maserati, Fiat e Ferrari e, anche per evitare intrusioni informatiche, sono stati dotati di un apposito indirizzo mail: nome, cognome, chiocciolina e poi "arproject.com". Progetto Alfa Romeo. Il gruppo opera in stretto collegamento con VM, la fabbrica dei diesel, Comau (robot per le linee di montaggio) e Magneti Marelli (per l’elettronica). Dopo anni di melina, di promesse scritte sulla sabbia, pare dunque che adesso Marchionne sia intenzionato a puntare forte sulla rinascita dell’Alfa. Quanto forte, lo si saprà il 6 maggio a Detroit, nel Michigan, quando svelerà il piano industriale degli anni a venire. Diversi osservatori prevedono che sparerà grosso, annunciando che, a regime, l’Alfa dovrà vendere 500 mila auto l’anno. Secondo alcuni, l’amministratore delegato di Fiat Chrysler Automobiles collocherà ancora più su l’asticella, addirittura a quota 700 o 800 mila. Molto dipenderà, naturalmente, dall’orizzonte temporale che verrà dato all’operazione. E, soprattutto da quanti quattrini sarà possibile spendere per raggiungere un obiettivo così ambizioso per un brand che, numericamente parlando, è tornato all’epoca dell’autunno caldo, sotto le centomila immatricolazioni a livello mondiale. «Sono necessari almeno 4-5 miliardi di euro per dar vita a una gamma attraente e capace di fare volumi coerenti», sostiene Giacono Mori, esperto della società di consulenza AlixPartners, che aggiunge: «Se però non si fa rinascere adesso l’Alfa perderà definitivamente ogni chance». Il portafoglio prodotti della marca oggi è striminzito - tutto ricade di fatto sulle spalle della Giulietta e della Mito - e oltre alla Giulia berlina, la rompighiaccio della nouvelle vague, tra il 2015 e il 2018 dovranno esordire almeno 4 o 5 nuovi modelli. Sarà ritirato sicuramente fuori dal cassetto il Suv di cui si parla da oltre dieci anni: Marchionne, appena insediato alla guida del gruppo, pareva d’accordo nel mandare rapidamente in produzione il prototipo Kamal, svelato in pompa magna a Ginevra 2003. Poi però fece marcia indietro. E gli 85 milioni di euro spesi per lo sviluppo del progetto se ne andarono in fumo. La Giulia sarà di certo declinata anche in un altro allestimento, tuttavia non è scontato che si tratterà di una station wagon. Prima dell’estate 2013, formando il primo nucleo di pionieri dell’Alfa Project (il nome del progetto sarebbe Giorgio, secondo alcune fonti), il gran capo spiegò, chiaro e tondo, che la gamma non avrebbe dovuto essere una «minestra riscaldata all’europea, ma un’idea in grado di andare alla conquista del mondo». E le familiari, si sa, vanno forte quasi solo in Italia e in Germania. Quindi l’altra Giulia potrebbe avere le forme della coupettona. Arriveranno pure un’ammiraglia del segmento “E”, forse anche una piccola nuova di zecca per sostituire la Mito. Sulla piattaforma della Giulia, che appartiene al segmento tipico delle berline (il “D”), nel capannone modenese si sta comunque lavorando alacramente. Partendo da un’architettura Chrysler via via sempre più modificata fino a quasi diventare tutta nuova. Lo sviluppo dei nuovi pianali è fondamentale (e oneroso) ma altrettanto decisivo, forse persino di più, è il capitolo motori. Per il top di gamma si possono sfruttare i Maserati, sulla fascia bassa i Fiat, anche se Marchionne ha dichiarato di non volerne più mettere sulle Alfa. Il problemone sta nel mezzo: se si vuol davvero battagliare con Bmw o Mercedes, bisogna che l’offerta della Giulia, per esempio, sia baricentrica su propulsori di 2,5-3 litri a benzina, visto che dovrà far sfracelli in Nord America. E quel tipo di motore, l’Alfa non ce l’ha. Ci sarebbero quelli di derivazione Chrysler, ma non vanno bene per le perfomance di un’auto premium. Dice Davide Di Domenico, principal del Boston Consulting Group che segue da vicino l’industria dell’auto. «Se si vuole posizionare un marchio verso l’alto bisogna stare attenti a far condividere ai suoi modelli la piattaforma e i motori di marchi più generalisti, perché il cliente target Alfa a questi aspetti è molto attento. Probabilmente, condividere attuali e future piattaforme Maserati, e le trasmissioni 4 ruote motrici americane, sarebbe una buona sintesi». Secondo Di Domenico, il valore di un brand si articola su tre tipi di benefici che l’utente deve percepire. Eccoli: 1) cosa fa per me questo marchio? 2) come mi fa sentire quando uso una sua auto? 3) che idea si fa la gente quando mi vede al volante di quel determinato modello? «Per far sì che tutte e tre le risposte siano positive, nel caso di una vettura premium, il cliente deve accettare di pagare un prezzo superiore alla media e per farlo deve avere la percezione che ottiene, per esempio, chi compra un’Audi». Un marchio che effettivamente condivide parecchio materiale con i “colleghi” del gruppo Volkswagen, «ma che il posizionamento alto se lo crea pubblicizzando e promuovendo motori e soluzioni adottati dalla sola Audi. Per sviluppare virtuosamente questa differenza ci vogliono ingenti investimenti, costanti nel tempo». Ovviamente, non tutti quelli che acquistano un’Audi escono dalla concessionaria con le versioni più costose ed esclusive, dice in sostanza l’esperto del Boston Consulting Group, però probabilmente quasi tutti sono entrati negli show-room attratti dall’esclusività espressa dall’Audi. A proposito. «Dieci anni fa Audi aveva in listino 22 modelli, ora ne ha 44 e l’anno scorso ha venduto 1,58 milioni di vetture. Nel 2020 la casa tedesca conta di salire a 60 modelli. Per raggiungere certi volumi, insomma, sono necessari tanti prodotti. E investimenti enormi. Li può mettere sul tavolo davvero, il gruppo FCA, tutti questi soldi per resuscitare l’Alfa?», si chiede Luca Ciferri, direttore di AutomotiveNews Europe, una delle più autorevoli testate di settore. Il gap accumulato dall’Alfa nei confronti dei brand tedeschi, che filano col vento in poppa a livello mondiale, è enorme. Marchionne deciderà sul serio di far salire la marca del Biscione sul ring chiedendole di fare a cazzotti con tre colossi dalla gamma sterminata e i bilanci che scoppiano di salute? In realtà, potrebbe provare a infilarsi un po’ sotto, in quel segmento che premia il lusso abbordabile, garantito da una certa distintività. Un po’ come sta facendo la Volvo, alle cui auto si riconosce ottima qualità, pagandole meno rispetto a Audi, Bmw e Mercedes. Nel 2013, le vendite del marchio del Biscione sono rimaste sotto quota 100 mila. Non succedeva dal lontanissimo 1969. Nonostante le promesse di tutti gli ultimi manager del gruppo Fiat, che l’Alfa la possiede dal 1986, ogni tentativo di rilancio è fallito. Nonostante il target indicato da almeno tre amministraori dell’ultimo ventennio - Paolo Cantarella, Roberto Testore e lo stesso Marchionne - non apparisse così impossibile: tutti puntavano infatti alle 300 mila vetture annue; e Marchionne nel 2010 si era spinto a ipotizzarne 500 mila. Tanto per avere un’idea, l’anno scorso la Porsche di macchine ne ha vendute 162 mila. Per tonificare la casa che faceva impazzire Henry Ford (la storia del magnate americano che si toglie il cappello quando passa un’Alfa per strada è uno degli aneddoti più citati nel mondo delle quattro ruote) e tanto piace anche al capo della Volkswagen, Martin Winterkorn (che più volte ha apertamente dichiarato di volerla rilevare) però non servono denari soltanto per piattaforme e motori. Per Di Domenico del Boston Consulting Group, infatti, il rilancio richiede anche forti investimenti “soft”, cioè sulla rete di distribuzione e sul posizionamento del marchio: «E forse questo compito è ancora più difficile da portare a termine, perché si tratta di aggredire parecchi mercati in cui la presenza dell’Alfa è praticamente nulla. E anche dove la marca del Biscione c’è - in Europa - bisogna trasformarla in qualcosa di diverso rispetto all’Alfa che la gente conosce oggi». Non essere oggi presente in Cina, dove il lusso va alla grande, dice Mori di AlixPartners, «lo si potrebbe vedere anche come una grande opportunità potenziale di crescita. Però ci vogliono i soldi per la rete». Il fascino del brand, la rivincita che parte dal capannone avvolto nel mistero, le sinergie con una Maserati in forma come non capitava da tempo, la 4C Spider che ha fatto girare la testa ai visitatori del salone ginevrino. Sono tutti fatti promettenti e affascinanti. Poi, però, si finisce sempre a parlare di quattrini. Chi ha cuore lo storico marchio e l’industria automobilistica italiana (le nuove Alfa verranno dallo stabilimento di Cassino, che andrà tirato a lucido) spera che, il 6 maggio a Detroit, dopo aver svelato la gamma della nuova Alfa, Marchionne sarà convincente anche sul più prosaico fronte del denaro da mettere sul piatto.
(Fonte: http://espresso.repubblica.it - 17/3/2014)

martedì 18 marzo 2014

Istat: "effetto-Ghibli" sull'export italiano


Maserati, ed in particolare la Ghibli, stanno producendo un effetto positivo sul Made in Italy. La conferma arriva direttamente dall’Istat. Nell’ultimo bollettino sulla produzione industriale, relativo al mese di gennaio 2014, l’istituto di statica segnala un aumento della produzione di autoveicoli italiani del 7,7% rispetto allo stesso mese del 2013. Si dirà: una rondine non fa primavera. Ma in realtà la produzione di vetture, dopo alcuni anni di caduta verticale, risulta ormai costantemente in crescita. Ecco i dati: +2,4% a ottobre; +19,7 a novembre; +1,9% a dicembre, +7,7, come detto, a gennaio. I valori – spiegano all’Istat – vengono calcolati attraverso una media ponderata fra i numeri assoluti delle auto prodotte e il loro valore. E poiché in Italia la produzione della Panda è stabile, quella dei furgoni Ducato in lievissima crescita e quella di Punto e Giulietta in netto calo, l’effetto statistico positivo non può che essere prodotto dalla Ghibli. Il cui assemblaggio è andato a regime proprio ad ottobre “costringendo” lo stabilimento di Grugliasco a parecchi sabati di straordinario. La consistenza dell’ ”effetto Maserati” sul Made in Italy è confermata anche da altre rilevazioni Istat. A dicembre, ultimi dati disponibili, sono state esportate automobili italiane verso gli U.S.A. per un valore di 122 milioni di euro (+145%) e verso la Cina per 41 milioni (+343%). Lette in filigrana queste cifre anticipano l’evoluzione del dna che Marchionne intende dare all’auto Made in Italy, non più diretta solo ai mercati europei ma a quelli di tutto il mondo. Evoluzione che potrebbe avere ulteriori sviluppi a partire dal luglio quando dalle catene di montaggio di Melfi usciranno i primi esemplari della Renegade, la prima Jeep “italiana”.
(Fonte: www.carblogger.it - 11/3/2014)

lunedì 17 marzo 2014

FCA: obiettivo quotazione il primo ottobre


Sergio Marchionne punta a Wall Street. La quotazione di Fiat Chrysler Automobiles ci sarà, è stato detto più volte: il problema resta quando. Il numero uno della società automobilistica nata dopo che Fiat è salita al 100% di Chrysler Group si sbilancia sulla tempistica: "La data che internamente abbiamo in mente è il primo ottobre", ha detto da Sterling Heights, stabilimento di assemblaggio che doveva chiudere nel 2010 e dove ora sono invece state assunte 800 persone. Ma Marchionne non ha fretta. "Non stiamo correndo contro il tempo, se l'Ipo slitterà di 30, 60 o 90 giorni non sarà un problema", ha detto. La quotazione a New York darà a FCA maggiore accesso al mercato di capitali americano, fondamentale in un momento in cui la società si avvia a presentare un nuovo piano industriale (atteso a maggio) e a ridefinire la strategia della società, quasi cinque anni dopo che Chrysler è uscita dall'amministrazione controllata, anche con l'aiuto di Fiat. Che non ci fosse urgenza di quotarsi a Wall Street Marchionne lo aveva detto anche al Salone dell'Auto di Detroit, a gennaio. "La data del primo ottobre è un sogno, mi dicono che c'è ancora molto da fare, ma se non sarà il primo ottobre sarà il primo novembre o il primo dicembre", aveva spiegato il numero uno di FCA. Nel frattempo, Marchionne punta a rafforzare Chrysler negli Stati Uniti. Venerdì l'amministratore delegato ha annunciato l'assunzione di 800 persone nello stabilimento di assemblaggio di Sterling Heights, in Michigan, che nel 2010 aveva rischiato la chiusura dopo l'uscita della società dall'amministrazione controllata a giugno 2009. I nuovi posti di lavoro serviranno a potenziare la produzione del modello 2015 della Chrysler 200 (in totale i dipendenti saranno quasi 2.800, più del doppio rispetto al 2009). "Rivitalizzare lo stabilimento di Sterling Heights è un chiaro segno di quanto è arrivata lontano Chrysler, grzie al coraggio e alla resistenza delle nostre persone", ha detto Marchionne, durante un evento allo stabilimento, a cui hanno partecipato anche Bob King, presidente del maggiore sindacato del settore auto United Auto Workers, i vertici dello stabilimento e i dipendenti.
(Fonte: http://america24.com - 15/3/2014)

domenica 16 marzo 2014

“Modena Motor Gallery”: a maggio in mostra solo auto e moto "Made in Italy"


Solo ed esclusivamente "Made in Italy". L’eccellenza storica dell’industria italiana, a due e quattro ruote, torna alla ribalta con il “Modena Motor Gallery”. Oltre 300 espositori provenienti da tutta Italia, 41.000 mq di padiglioni e spazi espositivi esterni di ModenaFiere sono alla base della kermesse motoristica che andra in scena nel polo fieristico modenese il 10 e 11 maggio prossimi. L’esposizione accoglierà le più rappresentative icone italiane dal Dopoguerra agli anni ’80 con marchi come Ferrari, Maserati, Lamborghini, Pagani, De Tomaso, Lancia, Fiat, Alfa Romeo, moto Morini, Ducati, Guzzi, tanto per fare qualche esempio. A questi si aggiungeranno gli splendidi esemplari contenuti nelle celebri collezioni private di Mario Righini, Umberto Panini e Francesco Stanguellini. E poi ancora a Modena Motor Gallery saranno presenti i club privati, le più rinomate scuderie, oggettistica e ricambistica di auto e moto, editoria di settore, stampe e quadri, modellismo, gadget, automobilia e cimeli, auto modelli, giocattoli d’epoca, memorabilia, abbigliamento, registri d’auto e tanto altro ancora. Da non perdere poi il “Gran Mercato di accessori e ricambi”: un’area dedicata a oltre 300 espositori di ricambi, a privati, collezionisti, compratori e rivenditori, senza dimenticare la compravendita, nell’area esterna, delle auto tra privati, a cui i venditori possono accedere con il semplice biglietto d’ingresso. Da segnalare poi le due grandi mostre collaterali: “La spider, un sogno a cielo aperto”, esposizione dedicata a 40 anni di storia della decappottabile sportiva a due posti, e “A 100 anni dalla nascita di Maserati Spa”, un omaggio al centenario della casa del tridente, con alcuni pezzi unici (e non solo auto) della collezione privata di Matteo Panini. I visitatori inoltre potranno ammirare le opere di numerosi artisti, l’esposizione delle motociclette Villa, le Maserati a due ruote, le biciclette classiche e vintage della mostra “Le biciclette che volano” oltre alle biciclette originali di Fausto Coppi e ancora le stupende moto dei collezionisti Salsapariglia, Sassi e Battilani. Motor Gallery propone anche degli eventi-corollario come la visita ai musei partner della kermesse, ovvero il Museo Casa Enzo Ferrari, Museo Ferrari di Maranello e la Collezione Maserati presso il Museo Panini. E per chi è alla ricerca di emozioni “forti” c’è anche la possibilità offerta da Ferrari e Lamborghini di effettuare un giro di 15 minuti su uno dei loro bolidi nell’autodromo di Marzaglia, mentre Modenatur propone speciali pacchetti turistici dedicati agli Autoclub per far conoscere il patrimonio motoristico ed enogastronomico del territorio. “Modena Motor Gallery – sottolineano gli organizzatori – è un evento unico che si svolge grazie all’importante sostegno della Camera di Commercio di Modena, Promo e Promec, promotore internazionale della manifestazione. L’evento si colloca nell’ambito della quindicesima edizione di Modena Terra di Motori, la più importante manifestazione automobilistica italiana “en plein air”, che si terrà nel mese di maggio e i primi giorni di giugno e prevede una serie di esposizioni e iniziative nelle piazze del centro storico modenese, il passaggio della 1000Miglia (18 maggio) e la Notte dei Motori (31 maggio). La manifestazione gode dell’importante Patrocinio dell’A.S.I., Automotoclub Storico Italiano, la federazione che riunisce oltre 140.000 appassionati di motorismo storico e sostiene e tutela, valorizzandone l’importanza culturale, gli interessi generali della motorizzazione storica italiana”. Tutti i dettagli sulla manifestazione, organizzata da ModenaFiere e VisionUp, società che da anni cura l’evento “Modena Terra di Motori”, sono disponibili sul sito web www.motorgallery.it.
(Fonte: www.repubblica.it - 14/2/2014)

sabato 15 marzo 2014

Apple CarPlay: l'iPhone si integra nell'auto


La tecnologia Apple entra anche nelle automobili. E lo fa in modo perentorio, sfruttando al meglio le potenzialità del prodotto più rappresentativo della società di Cupertino, l’iPhone. Grazie alla nuova tecnologia CarPlay, è infatti ora possibile gestire il telefono tramite l’interfaccia nativa presente nell’auto (in pratica, uno schermo touch) oppure tenendo premuto un apposito pulsante di controllo vocale sul volante che consente di attivare Siri senza distrazioni. Così, quando l’iPhone è collegato a un veicolo dotato di CarPlay, Siri consente di accedereai contatti, di telefonare o di ascoltare messaggi vocali. Ma anche di rispondere alle richieste tramite comandi vocali, di dettare le risposte o semplicemente di fare una chiamata. CarPlay permette anche di avere indicazioni sulla guida interagendo con Mappe per anticipare le destinazioni sulla base di viaggi recenti attraverso contatti, e-mail o testi, e fornisce istruzioni sulla navigazione, sulle condizioni del traffico e sul tempo stimato di arrivo. Le indicazioni sulla navigazione appariranno sul display integrato dell'auto. Un altro aspetto rilevante di CarPlay è la possibilità di accedere alla musica, ai podcast e agli audiolibri con una facile navigazione attraverso le opzioni di ascolto dai controlli integrati della vettura o semplicemente chiedendo a Siri di far suonare ciò che si vuolsentire. Già oggi CarPlay supporta alcune applicazioni audio diterze parti, come Spotify e iHeartRadio, ma altre arriveranno. Come anticipato, CarPlay è disponibile come aggiornamento di iOS 7 e funziona con gli iPhone con connettore Lightning (ovvero iPhone 5s, iPhone 5c e iPhone 5). CarPlay sarà a brevissimo implementato su alcuni modelli di auto Ferrari, Mercedes-Benz e Volvo ma a breve lo troveremo anche su vetture del gruppo BMW, Ford, General Motors, Honda, Hyundai, Jaguar/Land Rover, Kia Motors, Mitsubishi Motors, Nissan, PSA (Peugeot-Citroën), Subaru, Suzuki e Toyota.
(Fonte: www.applicando.com - 3/3/2014)

venerdì 14 marzo 2014

Claudio Nobis e la spider "in cerca d'autore" con Mazda: sarà una Fiat o un'Alfa Romeo?


Niente Alfa Romeo per la spider Mazda? Se anche il marchio scelto fosse Fiat, c’è da chiedersi se sarebbe davvero una buona mossa di marketing assegnare ad una sportiva 2015 il nome di quella Fiat 124 Spider che, seppure ebbe successo mezzo secolo fa, non è certo iscritto nell’albo d’oro della storia dell’automobile. Del resto non era stato confermato neppure il nome della Duetto (che a sua volta non fu mai il nome ufficiale) ed è ancora da dimostrare che il ritorno ai nomi celebri sia garanzia di successo. Intendiamoci, Sergio Marchionne al salone di Ginevra non ha detto nulla di tutto questo, ma l’acuta deduzione è stata lanciata nei giorni scorsi dalla stampa più accreditata in quel del Lingotto in seguito alla risposta dell’ad di Fiat alla domanda posta dai giornalisti: “Se le Alfa Romeo si dovranno fare rigorosamente in Italia, come lei ha detto di recente, che ne sarà dell’accordo firmato con la Mazda?”. Dopo i no comment del mese scorso al salone di Detroit e il rinvio al piano industriale del 6 maggio, questa volta l’ad di Fiat ha solo confermato ciò che anche Autoblog aveva scritto giusto alla vigilia della rassegna svizzera: “L’accordo procede, ma nel contratto con la Mazda non c’è nessun obbligo di usare il marchio Alfa. C’è solo un impegno ad usare la piattaforma della MX-5 per un modello che uscirà nel 2015. Ne stiamo discutendo con loro”.
Un'Alfa Romeo "giapponese"? Indietro tutta! - Sembra semplice ma non lo è per niente. La vicenda è nota, ma forse un po’ confusa. Si parte da una prima visione di Sergio Marchionne che considerava normale fare le proprie auto, Maserati, Alfa Romeo o altro ovunque fosse più conveniente, per arrivare a una più aggiornata del tutto opposta per i due marchi nobili della famiglia. Ma se per Maserati non c’era stato alcun problema nel confermare la produzione in Italia come garanzia dell’esclusività del brand, per l’Alfa fare ora un modello in Giappone sarebbe del tutto contraddittorio. Non resta quindi che seguire la logica: “…al momento opportuno daremo un marchio e un nome” ha concluso Marchionne. Ci voleva dunque il salone di Ginevra per mettere fine a un anno di affannose fantasie elaborate intorno alla nuova presunta Alfa Duetto che doveva nascere sulla linea di montaggio della Mazda MX-5 a Hiroshima in base all’accordo avviato dalle due aziende a metà 2012 e confermato giusto un anno fa. Ma le cose programmate a medio lungo termine spesso cambiano e quel che era valido ieri oggi si trasforma in un nuovo problema. Così, se fino a pochi giorni fa il dibattito, più volte affrontato da Autoblog, ha diviso i tifosi dell’Alfa in favorevoli e contrari a un simile incrocio, dopo la definitiva fusione Fiat-Chrysler e la giusta scelta di Marchionne di rilanciare l’Alfa come marchio premium e soprattutto italiano “doc”. Ora la caccia è aperta per scoprire almeno tre cose: 1) quale auto sarà davvero quella prodotta da FCA insieme alla Mazda; 2) quale marchio e quale nome utilizzerà; 3) se poi ci sarà davvero un’Alfa spider erede della Duetto di taglia diversa dalla 4C. Fin qui i crudi fatti di cronaca che hanno stimolato le fantasie dei cronisti secondo un istinto del tutto legittimo ma a volte più che fuorviante. Si è fatta ad esempio anche l’ipotesi di usare il marchio Abarth che per alcuni aspetti avrebbe una sua validità a fronte, tuttavia, di una storia troppo lontana e poco coltivata nel tempo per ottenere un concreto impatto con il pubblico moderno.
Il marchio o il prodotto: chi vince? - Ma, lo chiedo a voi lettori, è il marchio che fa il prodotto o viceversa? Ho letto con attenzione i commenti pubblicati in Italia e in America dove l’attesa delle nuove Alfa dura da anni. Fra le righe ho trovato due messaggi abbastanza evidenti e concreti: un marchio forte e molto caratterizzato nel tempo è il simbolo stesso di un certo tipo di prodotto. Di qui l’attesa di un’auto che confermi le aspettative mantenendo la promessa implicita nel nome: bella, potente quanto basta, a trazione posteriore e comunque accessibile. Ma c’è anche l’alternativa opposta: se qualcuno mi offre quel tipo di macchina capace di darmi “quelle” emozioni va bene lo stesso, l’importante e che si faccia. Quanto al nome sappiamo tutti quanto sia difficile inventarne uno nuovo capace di evocare l’immagine giusta del prodotto se non addirittura rafforzarlo ed è forse per questo che da tempo ormai, più d’una casa automobilistica cerca di rispolverare le glorie del passato per adattarle a concetti nuovi. Un’operazione riuscita, ad esempio, alla Citroen con il ritorno alla “DS” per definire una linea speciale all’interno della sua gamma; ha funzionato perché i modelli, la DS 3 in particolare, ha introdotto una formula attraente ma io sono più che convinto che la maggior parte degli acquirenti di quei modelli sappiano ben poco della formidabile storia della DS originale. Ma su questo lascio a voi la parola. Infine, pensando a quel che deciderà la Fiat, o meglio alla FCA, mi resta un ultimo dubbio che vi sottopongo: il progetto portato avanti fin qui per quella che avrebbe dovuto essere l’Alfa-Mazda verrà usato per un’Alfa italiana o resterà legato per motivi di tempo e di contratto al modello Mazda con i nuovi nomi? In questo caso per una vera erede della Duetto si dovrebbe aspettare ancora un bel po’ semmai è nella testa e nelle possibilità di Marchionne. In un caso e nell’altro mi auguro, per il loro e il nostro bene, che lascino la 124 nell’album di famiglia. Con tutto il rispetto per quella bella spider che io stesso ho avuto a suo tempo accanto alla vera Duetto, del tutto diversa ma anch’essa di piena soddisfazione.
(Fonte: www.autoblog.it - 8/3/2014)

giovedì 13 marzo 2014

Marchionne apre all’ibrido: primo plug-in per Fiat-Chrysler a metà 2016


Forse Sergio Marchionne sta iniziando ad accettare la legge imperante dell’elettrificazione. Non nel senso che s’è convinto a costruire auto elettriche, anzi, quelle continua a definirle senza mezzi termini “come concetto, geniali; dal punto di vista finanziario un disastro, e commercialmente dello stesso calibro”. Piuttosto, in occasione della conferenza stampa del Salone di Ginevra, l’amministratore delegato di Fiat e Chrysler ha ribadito quello che aveva detto qualche settimana fa a Detroit, cioè che il primo ibrido plug-in del Gruppo sarà prodotto a metà 2016 in Nordamerica, nello stabilimento canadese di Windsor: il modello di partenza dovrebbe essere un minivan. Nella stessa giornata, Marchionne ha dichiarato all’agenzia MF Dow Jones: “Non abbiamo scelta. Non ho mai creduto che l’elettrico abbia un futuro, ma dell’ibrido non possiamo fare a meno”. Più rassegnato che convinto, insomma. Se si fa eccezione per la Ferrari LaFerrari, bolide in edizione limitata, nessuna ibrida di serie ha mai lasciato le linee di produzione degli stabilimenti Fiat. S’era parlato di una versione “hybrid” della Chrysler 300, e dunque della Lancia Thema, così come dell’attuale Maserati Quattroporte, ma non videro mai la luce. Situazione simile alla Chrysler: nessun’ibrida a listino, solo qualche breve esperimento negli Stati Uniti nel 2008. Ma se in Europa la Fiat si salva dalle normative antinquinamento perché vende in gran parte auto piccole, diverso è il discorso negli Stati Uniti: l’elettrificazione diventa necessaria a causa dell’entrata in vigore, proprio a partire dal 2016, di leggi americane sempre più stringenti. Gli ibridi plug-in – cioè i veicoli dotati di due motori (uno termico, uno elettrico), il cui pacco batterie è ricaricabile anche collegandolo direttamente a una presa di corrente – sono fenomenali da questo punto di vista, perché riescono a ottenere dati d’inquinamento molto bassi in fase d’omologazione. Informazioni più dettagliate (quali modelli, per quali mercati) verranno diffuse con ogni probabilità durante la presentazione del prossimo piano strategico, il 6 maggio a Detroit.
(Fonte: www.ilfattoquotidiano.it - 7/3/2014)

mercoledì 12 marzo 2014

Ferrari e Maserati protagoniste a Ginevra


Debutti ufficiali, ma anche annunci di strategia aziendale al Salone dell'auto di Ginevra, dove sono presenti anche Maserati, con il concept Alfieri e la Quattroporte Ermenegildo Zegna, e Ferrari, che presenta la California T e la FF, la quattro posti a quattro ruote motrici, la cui fruibilità viene ora esaltata con l’accresciuto comfort a bordo e la forte integrazione con la tecnologia Apple. Da Ginevra l'amministratore delegato della capogruppo Fiat Chrysler, Sergio Marchionne, ha annunciato: «Il piano industriale – ha detto l’Ad – che renderemo noto a maggio includerà anche lo sviluppo del sito Maserati di Modena». Capire questo cosa significhi è complicato al momento. Quello che è certo – e lo stesso Marchionne lo ha ribadito a Ginevra – è che a Modena si continuano a produrre le GT e l'Alfa 4C, e che a Grugliasco (nel torinese) si producono la nuova Quattroporte e il Ghibli Maserati. Le strategie di sviluppo produttivo del marchio Maserati riguarderanno anche lo stabilimento torinese di Mirafiori. «Non c'è un problema Mirafiori – ha detto infatti Marchionne – Stiamo sviluppando la gamma Maserati. Utilizzeremo la capacità produttiva di Mirafiori per accompagnare lo sviluppo della Maserati. Mirafiori è già oggi la fabbrica di Maserati». A Modena la speranza, lo si dice da tempo, resta l'Alfa Romeo e i rumors su una possibile produzione in Polonia del marchio è stata smentita da Marchionne. «Non è una questione di nazionalismo – ha detto – ci sono dei luoghi di appartenenza. Per l'Alfa è l'Italia, così come per Ferrari e Maserati». E a proposito di Maserati, questo sembra essere uno dei momenti più favorevoli. Dopo i record fatti segnare negli Stati Uniti come il brand con la maggiore crescita, i dati che arrivano dalla Cina sui primi due mesi dell'anno indicano un progresso, rispetto allo stesso periodo del 2013, del 2.700%. E le prospettive per il futuro sono ancora più interessanti. Una anticipazione di questo trend arriva dalla Alfieri, la nuova Concept car 2+2 che Maserati ha presentato al Salone di Ginevra, una sportiva «progettata per aprire le porte al futuro della Casa del Tridente - ha detto Harald Wester, a.d. Maserati - e per celebrare il centesimo anniversario del marchio». Caratterizzata da un design che concilia modernità e valori del passato (il frontale riprende quello della iconica A6 GCS-53 disegnata da Pininfarina nel 1953) la concept Alfieri porta il nome del più eminente dei fratelli Maserati, il genio dell'ingegneria meccanica che fondò le Officine Alfieri Maserati a Bologna cento anni fa. La Concept Alfieri piace anche a Luca Montezemolo, presidente di Ferrari, che da Ginevra dice: «Sono molto contento del successo della Maserati. È significativo rivedere un marchio italiano che copre un segmento di mercato così importante. Mi è piaciuta molto la Concept Alfieri, ha tante cose belle e qualche riferimento alla Ferrari perché Ramacciotti è modenese e ha disegnato molte Ferrari». E al Salone dell'auto anche la Ferrari è protagonista, con la California T che riprende già dal nome la storia del Cavallino dagli anni ’50 a oggi e si distingue per il livello di innovazione a partire dal V8 turbo. E la Ferrari FF, equipaggiata con il dispositivo CarPlay, nato dalla partnership con Apple.
(Fonte: http://gazzettadimodena.gelocal.it - 5/3/2014)

martedì 11 marzo 2014

Marchionne: "Investimenti partiti a Mirafiori. Maserati Levante in arrivo nel 2015"


«A Mirafiori gli investimenti sono partiti. Stiamo organizzando lo stabilimento, vedremo le prime scocche nel 2015». Ad annunciarlo è lo stesso Sergio Marchionne ieri nuovamente in giro per il Salone dell’Auto di Ginevra, dopo l’incontro mattutino con i colleghi dell’ACEA, l’Associazione dei Costruttori Europei di Automobili. L’ad tranquillizza gli scettici: nessuna battuta d’arresto. Nello stabilimento torinese verrà realizzato il suv Levante griffato Maserati e probabilmente un «gemello diverso» a marchio Alfa: entrambi sulla piattaforma della Maserati Ghibli prodotta a Grugliasco. Del resto l’ad di Fiat Chrysler lo ripete ancora una volta: «Il polo è chiaro: Mirafiori e Grugliasco sono una cosa sola». Ma non basta. È probabile che il 6 maggio a Detroit nel piano industriale che Marchionne illustrerà ad analisti e giornalisti internazionali troverà spazio anche la concept Maserati Alfieri (dal nome di Alfieri Maserati che cent’anni fa fondò la casa del Tridente), la splendida Gran Sport che ha conquistato Ginevra. Lo stabilimento dove dovrebbe essere industrializzata la Alfieri è Mirafiori. Lo stesso Marchionne non esclude questa soluzione: «La piattaforma e i motori ci sono, teoricamente si potrebbe fare in 24 e 28 mesi. Alfieri è una macchina di una bellezza straordinaria: è una delle cose che completerebbe la linea Maserati». Puntuali, da Torino, rimbalzano le dichiarazioni del sindaco Piero Fassino. «Gli investimenti su Mirafiori sono un’altra buona notizia che conferma che Torino continua a essere non solo un’importante città industriale, ma un presidio strategico del gruppo Fiat-Chrysler. Sono stato uno dei pochi in città che ha sempre pensato che la vulgata, l’idea un po’ sciocca, che Fiat se ne andasse da Torino, non era fondata. Ora arrivano notizie che dimostrano che Fiat non solo non se ne va, ma vuole investire ancora». A Ginevra Marchionne è visibilmente soddisfatto dei nuovi modelli che il Lingotto presenta negli stand: Jeep innanzitutto, ma anche Fiat, Alfa Romeo, Maserati e Ferrari. L’ad tesse le lodi del capo del design del gruppo, Lorenzo Ramaciotti. Uno sguardo anche alle nuove vetture dei principali concorrenti e, dopo l’incontro dell’ACEA, non si nega qualche colloquio con i manager di altre case. Poco prima di pranzo, ad esempio, ecco i vertici di Peugeot, Philippe Varin, amministratore delegato uscente, con il suo successore, Carlos Tavares, entrare nell’ufficio allestito dietro la stand Fiat. Marchionne conferma che l’investimento in Canada andrà avanti, con il lancio di tre modelli, due a Windsor e uno a Brampton, nonostante sia saltato l’accordo per gli aiuti pubblici a Chrysler. «Non voglio che i politici ficchino il naso nei nostri investimenti - spiega - non è affare loro. Non sono qua per cercare di soddisfare ambizioni politiche, io faccio macchine e facendo le cose da soli si è molto più liberi di fare quello che si considera redditizio». Proprio a Windsor, in Ontario, sarà prodotto il primo ibrido plug nel 2016. «Non abbiamo scelta. Non abbiamo mai creduto nel futuro dell’auto elettrica. Ma dell’ibrido non possiamo fare a meno». Alfredo Altavilla, responsabile Fiat-Chrysler per la regione Emea, commenta, invece, i dati del mercato dell’auto. «Il segno più di febbraio - spiega - è stato guidato esclusivamente dal noleggio, che ha coinvolto tutti i costruttori. La clientela retail non si è ancora risvegliata, quindi sarei cauto a stappare lo spumante».
(Fonte: www.lastampa.it - 6/3/2014)

lunedì 10 marzo 2014

Melfi: visita a sorpresa di Marchionne alla "casa" della Jeep Renegade


Una visita-lampo. Inattesa. Poco dopo le 9.30 di ieri, l’amministratore delegato di Fiat Chrysler Automobiles, Sergio Marchionne, è atterrato con l’elicottero aziendale nello stabilimento Sata di San Nicola di Melfi, dove gli operai stanno svolgendo la formazione in vista della produzione della nuova Jeep Renegade. Nessuno in Basilicata era al corrente della visita del manager, che nel giro di un paio d’ore ha visionato gli impianti, incontrato i dirigenti dello stabilimento ed anche gli operai. «La visita lampo è nel suo stile - commenta la segreteria regionale della Fismic-: quello stile che a noi piace. Melfi si sta preparando ad una grande sfida che si giocherà soprattutto sull’efficienza e sulla la qualità dei nuovi prodotti. Da metà luglio partirà la produzione della Jeep ed a seguire in autunno della 500X, un mercato nuovo per Fiat tutto da conquistare e sul quale il gruppo ha puntato per il rilancio degli stabilimenti italiani ed in particolare del nostro territorio industriale. Riteniamo che la sua presenza - dice ancora la Fismic - stia a significare la grande attenzione del gruppo in questo fase di rilancio». Marchionne ha visitato lo stabilimento salutando i lavoratori e soffermandosi nell’area dedicata alla Jeep, senza tralasciare un passaggio sulle linee della Grande Punto. «L’ad di Fiat - dice Vincenzo Tortorelli, segretario regionale della Uilm - ha potuto verificare l’operatività dei lavoratori dello stabilimento e ha capito che di noi lucani si può fidare. L’obiettivo comune è quello di rilanciare la fabbrica e il marchio». Il segretario della Fiom-Cgil lucana, Emanuele De Nicola mette pepe sul tema: «Quello che ci preme è la salvaguardia di tutti i livelli occupazionali rispetto anche alle dichiarazioni fatte a Ginevra, secondo le quali la Jeep sarà prodotta anche in Brasile e in Cina. È necessario un tavolo con parti e istituzioni per dare le vere certezza su Melfi. Bisogna pensare a un terzo modello che tra qualche mese vada a sostituire la Grande Punto, altrimenti c'è il rischio che le produzioni non bastino per Melfi. Si dovrebbero poi fare verifiche sul taglio delle pause e sul peggioramento delle condizioni di lavoro. E poi - aggiunge - c'è la formazione, che deve essere fatta da tutti, per evitare che qualcuno prima o poi venga tagliato fuori». «La visita di Marchionne a Melfi è un fatto significativo ma è anche normale che un amministratore delegato visiti le sue fabbriche», interviene il segretario reggente della Fim-Cisl Basilicata, Leonardo Burmo. « A Melfi - prosegue - si sta facendo un buon lavoro per accogliere le nuove produzioni e con l’avvio della formazione si entra nella fase operativa in vista della messa in produzione della Jeep a metà luglio». Sulle preoccupazioni espresse da alcune sigle sindacali per un rischio esuberi Burmo è tassativo: «Noi stiamo ai fatti e i fatti ci dicono che c'è un progetto industriale serio che è nelle condizioni di saturare la capacità produttiva della Sata». «Quanto avvenuto oggi a Melfi, è senza ombra di dubbio un evento che assume un grande valore a conferma degli investimenti che hanno rivoluzionato il sito produttivo della Sata». È quanto fanno sapere il segretario generale dell’Ugl Basilicata, Giovanni Tancredi ed il segretario regionale lucano dell’Ugl metalmeccanici, Giuseppe Giordano secondo i quali, «la Basilicata deve comprendere che si è aperta una nuova pagina che consentirà alla fabbrica di ripartire».
(Fonte: www.lagazzettadelmezzogiorno.it - 8/3/2014)

domenica 9 marzo 2014

1984-2014: buon compleanno Lancia Thema


Nel 1984 Lancia è già da una quindicina d'anni entrata a far parte della famiglia Fiat e i suoi prodotti sfruttano le sinergie di gruppo. Preservare la forte immagine di prestigio dello storico marchio non è stata comunque impresa facile: risultati discreti con le berline e sportive Beta, a partire dal 1972, decisamente migliori con la Delta del 1979, deludenti con la precedente Gamma del 1976, che avrebbe dovuto rappresentare la continuità nella categoria superiore con modelli di gran fama, come la Flaminia e la Flavia. Un vuoto che, nella situazione altamente competitiva del mercato dei primi Ottanta, va assolutamente colmato, per consentire il reingresso di Lancia nel "salotto buono" dell'auto europea, dove soprattutto le case tedesche si vanno imponendo con sempre maggiore autorevolezza. Nasce così un progetto molto avanzato e, per certi aspetti, anticipatore di strategie che un po' tutti i costruttori seguiranno nell'immediato futuro e che, pur mantenendo fermo l'imperativo categorico delle economie di scala, punta a non mortificare l'identità dei marchi e semmai a valorizzarli per imporsi in fasce commerciali confinanti ma diverse. Al Salone di Torino di trent'anni fa viene dunque presentata la berlina di categoria medio-superiore Thema, che fa da battistrada a tre "cugine", imparentate per l'impiego della stessa piattaforma di base, battezzata Tipo 4, e altre componenti, ma differenti nella personalità e nelle qualità dinamiche: la più familiare Fiat Croma e la sofisticata svedese Saab 9000 nel 1985, seguite nel 1987 dall'Alfa Romeo 164, prima auto del Biscione a trazione anteriore e primo parto dopo l'ingresso della casa milanese nel gruppo. La debuttante Lancia svolge assai bene il compito di conciliare tradizione e innovazione, nel rispetto del blasone e consentendo al marchio di riconquistare posizioni perdute in un settore dove la competitività si misura su parametri di livello superiore. Lo stile, che porta la firma di Giorgetto Giugiaro, propone linee di sobria eleganza con molti richiami classici (è una tre volumi a quattro porte) e anche gli allestimenti interni evitano stravaganze e vantano finiture che si avvicinano molto agli standard delle rivali più accreditate e, comunque, nettamente in progresso rispetto alle Beta o alle Fiat dell'epoca; nella lista di accessori, climatizzatore, sedili a regolazione elettrica, selleria in pelle e tanto altro. Notevole l'aerodinamica (Cx di 0,32) ed eccellente lo sfruttamento dello spazio nell'abitacolo, a fronte di dimensioni esterne non esagerate (lunghezza di 4,59 metri). E, in questo senso, la Thema può svolgere, senza complessi d'inferiorità, il ruolo da ammiraglia che era andato perduto nella produzione italiana del periodo. Ruolo sottolineato, inoltre, dai contenuti tecnici, che vedono in campo uno schema "tutto avanti", accompagnato da sospensioni a ruote indipendenti, da un potente impianto frenante (prima italiana con anti-skid) e da una gamma motori ad iniezione adeguata al rango. Di base un quattro cilindri bialbero due litri benzina, nelle varianti aspirata da 120 Cv o turbo-intercooler da 165, e al vertice un sei cilindri a V 2.800 da 150 Cv di derivazione PRV (Peugeot- Renault-Volvo). Non manca un diesel quattro cilindri 2.400 da 100 Cv, carta vincente in una fase di rapida ascesa delle vetture a gasolio sul nostro mercato. E' subito successo, e non soltanto in patria, a conferma della bontà di un progetto che valorizza gusto, equipaggiamenti e prestazioni: la Thema più brillante sfiora i 220 km/h di velocità massima e la diesel tocca i 185. Un carattere che il telaio sopporta bene e che spinge i vertici del gruppo ad osare di più, forse troppo. Così nel 1986 si aggiunge un modello dalle caratteristiche assolutamente fuori del comune e, con la sigla 8.32, viene alloggiato sotto il cofano della berlina torinese addirittura un otto cilindri Ferrari a 32 valvole tre litri da 215 Cv per 240 km/h. Un passo un po' più lungo della gamba per una Thema che, pur modificata negli assetti e impreziosita negli allestimenti, resta confinata in una ristrettissima nicchia di consensi. Un vero e proprio ulteriore salto di qualità si avrà, invece, con la seconda serie del 1988. Pochi gli interventi sulla carrozzeria, ma ancora in progresso le finiture dell'abitacolo e rivista l'offerta dei motori, con il due litri benzina che acquista le 16 valvole e porta le potenze a 150 e 185 Cv, mentre il diesel sale a 2.500 per 116 Cv. Arrivano poi le sospensioni "intelligenti" a controllo elettronico e i vetri termici Solextra, capaci di contenere l'effetto dei raggi solari, due chicche da autentica top-car. Intanto, si sono già aggiunte le versioni station-wagon, con la collaborazione nel design della Pininfarina, che non ha alterato lo stile della berlina, e una serie limitatissima di limousine, con passo allungato di una trentina di centimetri, per compiti di rappresentanza. Nel 1992 l'ultimo aggiornamento, di dettaglio per la carrozzeria e più di sostanza per la meccanica: il due litri turbo supera i 200 Cv e il V6 PRV è sostituito dal decisamente più sportivo tre litri Alfa Romeo da 170 Cv. La Thema esce di scena dopo dieci anni, nel 1994, e forte di 365.000 unità prodotte, valore di rispetto per un'italiana della categoria. A sostituirla sarà la Lancia k che, però, susciterà non pochi rimpianti. Oggi, il nome è tornato per identificare una imponente berlina derivata dalla Chrysler 300, ma è un'altra storia.
(Fonte: www.repubblica.it - 27/2/2014)